Tratto da Storia di una capinera il fortunato romanzo epistolare di Giovanni Verga, si tratta di una serie di lettere che Maria, la giovane educanda protagonista del romanzo, scrive a Marianna, un tempo sua compagna di convento e poi sposa felice, è un racconto feroce sulla condizione femminile del XIX secolo. Attraverso le parole della protagonista scopriamo il dramma di questa giovane, rimasta orfana di madre, che al risposarsi del padre entra in convento all’età di sette anni per avviarsi alla clausura.
Nella sua vita già delineata dagli altri, irrompe l’epidemia di colera che colpisce la città di Catania e la riporterà in seno alla famiglia nella cornice di una natura splendente sul Monte Ilice. Lì scoprirà un mondo senza sbarre, dove la natura sembra farla fiorire anche attraverso l’amore ricambiato del giovane Nino. Il padre e la matrigna si accorgeranno presto dei cambiamenti di Maria e prima che l’epidemia finisca la faranno riportare in convento con lo stigma di essersi perduta. L’unico conforto nella solitudine sono le lettere con l’amica, che al contrario non è tornata in convento ma si è sposata. Riceverà dopo un anno la notizia che Nino ha sposato Giuditta, la sua sorellastra, disperata, prenderà i voti e finirà per impazzire avendo sotto gli occhi la felicità della sorella che andrà a vivere di fronte al convento.
Lo scrittore siciliano aveva giustificato il titolo dell’opera paragonando la storia di questa giovane timida, dal cuore tenero che, pur amando e piangendo non osa ribellarsi ripiegando su sé stessa il dolore fino alla morte, all’uccellino della capinera, un passerotto che in gabbia non può che morire.
La trasposizione teatrale ferma il racconto ai voti di Maria, che si piega alla vita conventuale dopo che, fuggita dal convento non troverà nel padre una vera accoglienza ed affetto, piuttosto il carnefice che la piegherà alla sua volontà, informandola di una presunta gravidanza di Giuditta.
Maria è vittima delle convenzioni e di suo padre che la condanna all’infelicità, un uomo codardo che lascia decidere alla seconda moglie di estraniare dalle proprietà famigliari quella figlia avuta da una moglie tanto amata e perduta.
Il convento è il centro della scena, anche quando sarà sul Monte Ilice, Maria non uscirà dalla prigione che le è stata destinata, suo padre Giuseppe è il carceriere che finirà per ucciderla con la sua ottusità scellerata. Nel monologo finale Giuseppe Vizzini, lacerato dai sensi di colpa, mostra ancora di non riuscire a considerare la figlia come un essere umano portatore di desideri propri, il suo egoismo codardo e meschino non è in grado di avere pietà per il dolore di Maria.
Come ha sottolineato il regista nelle sue note, Progetto Teatrando, nel suo percorso attraverso i capolavori verghiani approda a un racconto violento e disperato sull’infelicità dei legami e delle dinamiche familiari che sono ad oggi impossibili da immaginare e che Verga sa delineare attraverso l’inesorabilità di una condanna che non risparmia nessuno, non c’è salvezza o redenzione nella Sicilia di Giovanni Verga, i Vinti sono vinti.
Cast: Enrico Guarneri, Nadia De Luca, Emanuela Muni, Rosario Marco Amato Verdiana Barbagallo Federica Breci, Alessandra Falci, Elisa Franco, Loredana Marino, Liborio Natali.
Regia GUGLIELMO FERRO, regista collaboratore Giampaolo Romania; scene Salvo Manciagli; costumi Sartoria Pipi
Patrizia Cantatore
Date e orari
mar 20 feb ore 21
mer 21 feb ore 21
gio 22 feb ore 17
ven 23 feb ore 21
sab 24 feb ore 21
dom 25 feb ore 17
mar 27 feb ore 21
mer 28 feb ore 19
gio 29 feb ore 17
ven 1 mar ore 21
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dom 3 mar ore 17