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MATISSE. ARABESQUE

Le suggestioni orientali nella pittura di Matisse in mostra alle Scuderie del Quirinale
domenica 8 marzo 2015 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Henri Matisse (1869-1954), uno dei più noti artisti del XX secolo, è stato l’esponente di maggior spicco della corrente artistica dei Fauves, di breve durata temporale (1905-1908) ma di grande importanza nell’evoluzione dell’arte. Ben lontani dalle opere del periodo fauve (letteralmente “belva”, per via della violenza espressiva dei colori) ci appaiono diversi suoi dipinti e disegni esposti nelle Scuderie del Quirinale, dal 5 marzo al 21 giugno 2015, nella grande mostra “Matisse. Arabesque”, che ci fa conoscere aspetti meno noti di un pittore che cercava nel decorativismo un’arte equilibrata, che non inquietasse e non turbasse l’osservatore.

I pesci rossi (1911), uno dei capolavori prestati dal Museo Puškin di Mosca, è un dipinto che non si dimentica facilmente. I quattro pesciolini che nuotano nel loro contenitore di vetro poggiato su un tavolino circolare, in un contesto caratterizzato da foglie e fiori, trasmettono un senso di gioiosa serenità. Il luogo potrebbe essere una terrazza, o forse lo studio dell’artista, e a prima vista l’insieme appare privo di significati nascosti. Altri dipinti, come Calle, iris e mimose (1913), o Angolo dello studio (1913), pur nella semplicità quasi banale dei soggetti raffigurati, ci incantano allo stesso modo.

La pittura di Matisse ha una semplicità del segno e un’immediatezza che, in realtà, nasconde qualcosa di misterioso, un’alchimia segreta. Come dichiara la curatrice della mostra Ester Coen, “Matisse usa il segno in una maniera nuova, che è quella di ricreare spazi nuovi che si accavallano: spazi che sono strettamente legati al piano della pittura, ma che rimandano a luoghi diversi, lontani e magici come quelli dell’Oriente”.

Lo scopo della mostra romana è proprio quello di evidenziare come il motivo della decorazione e dell’orientalismo, cui la parola arabesque allude, sia per Matisse “la ragione prima di una radicale indagine sulla pittura, di un’estetica fondata sulla sublimazione del colore e della linea”. Nelle dieci sale, che ospitano oltre 100 opere di Matisse, tra dipinti e disegni, insieme a straordinari oggetti esotici simili a quelli che lo hanno ispirato (provenienti per lo più da musei italiani), ci rendiamo conto di come l’artista si sia avvicinato a poco a poco ai linguaggi artistici di terre lontane, in seguito a viaggi (a partire da quello del 1906 in Algeria, fino a quello in Polinesia, con passaggi e soggiorni in Italia, in Russia, in Marocco), ma anche a frequentazioni di musei e di mostre, come l’esposizione di arte islamica a Monaco di Baviera del 1910.

Fin dalla seconda metà del XIX secolo l’Oriente, e soprattutto l’Africa del Nord, aveva affascinato diversi pittori francesi. L’interesse per quel mondo che, pur affacciandosi sulle coste del Mediterraneo, era assai lontano dall’Europa per religione e costumi, era iniziato con la campagna napoleonica in Egitto ed era proseguito con la realizzazione del Canale di Suez, che aveva aperto anche le porte al turismo. Il Grand Tour, che nel Settecento riguardava essenzialmente l’Italia, si era spostato verso paesi più esotici, che sembravano promettere mistero ed erotismo. Quell’erotismo reso sulla tela nelle sensualissime Donne di Algeri di Delacroix, nelle odalische di Ingres o nella Salomè di Gustave Moreau, pittore simbolista presso cui si formò Henri.

Ma l’Oriente di Matisse non è solo questo. E sebbene anche lui si lasci affascinare dal tema dell’odalisca (pure presente in mostra), sono soprattutto le stoffe, i tappeti, le maioliche ad attirare la sua attenzione e a ispirare i suoi colori. E allora anche un vaso di fiori può parlarci d’Oriente, magari perché poggia su un drappo arabescato, mentre altre volte il riferimento è molto più esplicito, come nel dipinto Il paravento moresco (1921), dove coglie pienamente la magia e l’incantesimo delle ceramiche islamiche. Sono numerosi i dipinti, pervasi di azzurri e di verdi (ad esempio Zohra sulla terrazza, Marocchino in verde, Giardino marocchino, tutti del 1912), che ci parlano indubbiamente del Mediterraneo e dei suoi viaggi. Come ebbe a dichiarare in un’intervista del 1952, furono soprattutto i viaggi in Marocco che lo aiutarono “a riprendere contatto con la natura meglio di quanto non lo permettesse l’applicazione di una teoria viva ma un po’ limitata come il Fauvisme”.

Nella sala dedicata all’Africa vediamo come Matisse riesca a cogliere la novità dei segni immediati e graffianti dell’arte primitiva negra, direttamente dal confronto con maschere e tappeti africani. Il suo interesse per questi manufatti iniziò quando, andando a casa della sua amica Gertrude Stein, notò in un negozio d’antiquariato una piccola testa africana che gli ricordò le “gigantesche teste di porfido rosso” che aveva visto al Louvre nelle collezioni egizie. Comprò per pochi franchi la testina e andò dalla Stein, dove incontrò Picasso, che ne rimase molto colpito. “Fu l’inizio dell’interesse di noi tutti per l’arte africana – interesse testimoniato nei nostri quadri”, dichiarò in un’intervista con Tériade del 1952. Interesse che proseguì con la frequentazione del museo etnografico del vecchio Trocadero, che portò ad un periodo di “cosmogonia artistica”. Sono di questo periodo alcuni dipinti come Mademoiselle Yvonne Landsberg (1914), L’italiana (1916) e Giovane con copricapo persiano (1915-16).

La fantasiosa stilizzazione e il forte linearismo delle arti dell’Estremo Oriente sono invece presenti in alcuni dipinti come Edera in fiore (1941) e Ramo di pruno, fondo verde (1948), che ci parlano del Giappone, come pure nei numerosi studi sul disegno dell’albero, che, come ebbe a scrivere in una lettera del 1942, può essere descritto “mediante un disegno imitativo come si impara nelle scuole di disegno europee”, oppure “mediante il sentimento suggeritovi dalla vicinanza e dalla contemplazione, come fanno gli orientali”. I costumi per il balletto “Le Chant du Rossignol” (Il canto dell’usignolo, 1920, musica di Igor Stravinskij e coreografia di Léonide Massine), esposti al II piano, si ispirano indubbiamente alle preziose stoffe cinesi, ben documentate in mostra in un settore che ci appare decisamente interessante, perché fa rivivere, anche con filmati, il periodo particolarmente felice dei Balletti russi, che vede l’unione del linguaggio espressivo della danza con le arti figurative, dando inizio a veri laboratori interdisciplinari che saranno alla base del linguaggio artistico contemporaneo.

P.S.

“Matisse. Arabesque”, Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma
5 marzo - 21 giugno 2015
Orari: da domenica a giovedì dalle 10 alle 20
venerdì e sabato dalle 10 alle 22.30
Catalogo Skira
www.scuderiequirinale.it


 

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