Sorta nella prima metà del XVI secolo per iniziativa di Sant’Ignazio di Loyola, la Compagnia di Gesù ha sempre esercitato un ruolo rilevante nello sviluppo della cultura, dimostrando in particolare una predilezione per l’arte. Ispirati dagli ideali della Controriforma, i Gesuiti sostenevano che non potesse esistere un vero contrasto tra fede e arte, e che l’avversione per il ’bello’, tipica dei calvinisti e degli anabattisti, fosse una sorta di eresia.
Non di rado gli stessi padri si sono cimentati, oltre che nelle scienze e nella musica, nelle arti figurative. È questo il caso di Fratel Andrea Pozzo (Trento 1642 - Vienna 1709), il cui operato romano all’interno della Casa Professa dei Gesuiti viene approfondito nel pregevole libro, edito da Artemide, “Andrea Pozzo e il Corridoio di Sant’Ignazio”. L’autrice è Lydia Salviucci Insolera, docente di arte rinascimentale e barocca presso la Pontificia Università Gregoriana, e specialista in particolare dell’arte figurativa della Compagnia di Gesù.
A lei si deve, tra le altre cose, la cura della mostra “Mirabili disinganni. Andrea Pozzo”, condivisa con Richard Bösel, che si è tenuta a Roma nel 2009 in occasione del terzo centenario della morte dell’artista. Con questa pubblicazione si vuole, invece, celebrare la memoria della ricostituzione nel 1814 della Compagnia di Gesù - dopo la soppressione del 1773 - con papa Pio VII.
Andrea Pozzo, celebre a Roma soprattutto per la realizzazione della volta della chiesa di Sant’Ignazio, è considerato il fondatore di una dottrina sistematica della prospettiva. Fu proprio lui, in effetti, con la creazione di finte architetture e con i suoi testi didattici, a dare il via a quell’arte illusionistica che caratterizzò l’età barocca non solo in Italia, ma anche nell’Europa centrale (soprattutto in Austria) e nell’America Latina.
Eppure la sua entrata nella Compagnia, che avvenne nel 1665, all’età di 23 anni, quando era un artista già formato, cominciò nel segno dell’umiltà e dell’obbedienza, tanto che all’inizio faceva lavori di tutt’altro genere, come quello di cuoco, attendendo pazientemente di poter dipingere. Fu solo intorno al 1680 che gli venne affidato l’incarico di decorare il corridoio di accesso alle camere di Sant’Ignazio: un luogo di passaggio, che era stato dipinto a tempera intorno alle finestre da Jacques Courtois detto il Borgognone, e che Pozzo trasformò in un’esuberante celebrazione della santità del fondatore della Societas Jesu.
Con incredibile maestria Pozzo creò sulle piatte superfici delle pareti e sulla curva della volta l’illusione di uno spazio infinito, pieno di complessi motivi architettonici e di figure umane e celestiali. Il tutto va osservato, però, da un punto di vista privilegiato, contrassegnato sul pavimento da una rosa marmorea. L’impressione è quella di trovarsi non in un corridoio di passaggio, ma in una di quelle gallerie, tipiche dei palazzi nobiliari, che esaltano con gioiosa magnificenza le imprese e le ascendenze del casato, anche se in questo caso si esaltano le virtù spirituali dei gesuiti.
Solo spostandosi verso un estremo del corridoio e guardandosi attorno, si scopre che le travi del soffitto, apparentemente dritte, sono invece curve, e che gli angeli e i putti sui muri sono distorti, o meglio anamorfizzati. Anche quella che sembra una profonda cappella alla fine del corridoio, con tanto di angeli musicanti all’opera, è in realtà dipinta su una parete piatta e in pendenza. Camminando di nuovo verso la rosa di marmo centrale, si può notare come le linee del sistema prospettico convergano tutte verso il centro.
Ed è proprio in questo modo che Pozzo impone un unico “punto di vista”, quello gesuitico, per farci capire che dobbiamo liberarci dalla condizione di apparenza e di falsità che potrebbe trarci in inganno, perché solo una è la verità, e questa verità coincide con la visione di Dio.
L’autrice, dopo le premesse storiche e artistiche che hanno portato alla “bellissima idea” di ristrutturare il Corridoio, rivela tutti i dettagli della complessa composizione ottica, altissima espressione di genialità tecnica e artistica, fornendo una visione d’insieme iconologica, teologica e spirituale. Dalla filosofia aristotelica agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, che portano alla conoscenza del Sé attraverso la meditazione, Pozzo deve aver elaborato una profonda dottrina, che lo ha portato a realizzare immagini cristiane di grandissima forza evocativa, creando un vero e proprio “theatrum” ignaziano, uno spazio meditativo introduttivo agli ambienti sacri della Casa.
Il volume è arricchito da un’ampia documentazione fotografica, comprese le immagini relative al restauro degli anni 1990-1991, che ha riportato alla luce delle parti affrescate che erano state obliterate da altri strati di pittura nei secoli XVIII e XIX. In appendice troviamo gli importanti contributi di Maurizio De Luca e Filippo Camerota, e una postfazione di Andrea Dall’Asta S.J.