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La Sardegna dei 10.000 nuraghi.

Simboli e miti dal passato in mostra a Villa Giulia
mercoledì 1 gennaio 2014 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.
Argomenti: Architettura, Archeologia


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Quando si parla della preistoria sarda, il nostro pensiero corre subito ai nuraghi, emblematiche torri di pietra di un popolo guerriero, la cui civiltà megalitica, pur utilizzando diversi influssi culturali dei paesi mediterranei, si espresse in maniera assai originale. Come i menhir dei Celti, anche i nuraghi danno l’idea di durata eterna, ma sono fatti di tante pietre faticosamente estratte dalle cave, squadrate e disposte le une sulle altre a formare un tronco di cono. La pianta circolare richiama quella della capanna dei pastori sardi, quasi a voler ribadire l’unità culturale delle varie tribù locali, mentre la loro collocazione fa pensare a veri e propri posti di avvistamento, vigilanza e resistenza contro le invasioni straniere.

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La civiltà nuragica è protagonista a Roma, dal 14 dicembre 2013 al 16 marzo 2014, di una mostra che dalla natia Sardegna è giunta nella splendida cornice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia per confrontarsi con i reperti di un popolo come quello etrusco, con il quale deve aver intrecciato in un lontano passato rapporti commerciali e culturali. Inaugurata dalla Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale Alfonsina Russo nell’ambito di una vera e propria manifestazione corale, allietata dal coro e dal gruppo folk di Ittireddu, la mostra “La Sardegna dei 10.000 nuraghi. Simboli e miti dal passato”, a cura di Franco Campus e Flavia Trucco, ci mostra il nuraghe come simbolo d’identità di un popolo.

L’occupazione sistematica del territorio sardo da parte dei Nuragici portò, tra il XVII e il XIII secolo a.C., all’edificazione di migliaia di nuraghi semplici e complessi, distribuiti in sistemi insediativi costituiti da un numero variabile di torri, di villaggi e di luoghi di culto. Intorno al XII secolo a.C., la costruzione delle torri cessò, presumibilmente per un profondo cambiamento della civiltà nuragica. È in questo periodo che la popolazione sarda ebbe un ruolo da protagonista nel Mediterraneo e l’isola fu interessata da intensi scambi di uomini e merci, divenendo punto di transito delle rotte verso Occidente e verso Oriente.

Navigatori essi stessi, i Nuragici furono abili interpreti di nuove tecniche metallurgiche, apprese ed elaborate in modo originale, e quindi ritrasmesse in tutto il Mediterraneo. Essenziali nella loro vivida plasticità, i loro bronzetti consentono di ricostruire fedelmente le sembianze e gli usi di una popolazione dal carattere tenace e profondamente attaccata alle proprie tradizioni.

I complessi nuragici più noti sono quello di Barumini (sito UNESCO dal 1997), il Santu Antine a Torralba e quello di Palmavera presso Alghero. Particolarmente interessanti sono anche altri villaggi, dove, pur mancando una grande struttura fortificata, sono presenti elementi fondamentali per lo svolgimento di attività rituali, come per esempio a “Su Romanzesu”, presso Bitti, dove sono stati rinvenuti edifici templari e un originale pozzo sacro in granito con annesso un bacino con una struttura a gradoni, dove era possibile sedersi durante le cerimonie.

A Villa Giulia la mostra è stata divisa in quattro sezioni, e cioè “Immagini di un popolo”, “I luoghi e i simboli”, “Identità e Orizzonti”, “Simboli e segni della memoria”. Inoltre è stato allestito un percorso per i non vedenti che hanno la possibilità di toccare le riproduzioni di alcuni degli oggetti esposti e dei modellini dei nuraghi. Tra questi ultimi, sono stati ricostruiti quello rinvenuto nella capanna delle riunioni del nuraghe di Palmavera e quello con vasca e altare con spade votive da “Su Mulinu” di Villanovafranca.

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La costruzione di questi modelli iniziò quando si smise di costruire nuraghi, in quanto le élites locali, ricorsero a questo tipo di raffigurazione per legittimare il loro potere politico e religioso. I modellini di pietra erano sistemati all’interno dei luoghi di culto o nelle capanne delle riunioni, mentre quelli in bronzo erano realizzati come singoli oggetti oppure come parti di rappresentazioni più complesse, quali gli alberi maestri delle navicelle votive, o, in forma miniaturizzata, nei cosiddetti “bottoni”, usati come doni cerimoniali.

Il modello di nuraghe diviene così elemento aggregante della comunità, in quanto “Simbolo di un simbolo”, e in effetti questo era il titolo della mostra nella versione sarda, che si è tenuta a Ittireddu (SS) e in seguito nel Museo archeologico “G.A. Sanna” di Sassari. Alcuni di questi reperti, provenienti dai più importanti musei della Sardegna, possono ora dialogare con altri bronzetti sardi provenienti dall’Etruria meridionale, in particolare la navicella dal santuario di Hera a Gravisca (Tarquinia), e le tre figure in bronzo dalla tomba “dei bronzetti sardi” della necropoli di Cavalupo, il cui ricchissimo corredo (seconda metà del IX secolo a.C.) è esposto nella prima sala del Museo, dedicata a Vulci.

P.S.

La Sardegna dei 10.000 nuraghi. Simboli e miti dal passato
Orario: dalle ore 8.30 alle ore 19.30. Chiuso il lunedì
Catalogo: Ara Edizioni

Data Inizio:14 dicembre 2013
Data Fine: 16 marzo 2014
Costo del biglietto: 8,00€; Riduzioni: 4,00€
Luogo: Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Orario: 8,30-19,30, dal martedì alla domenica
Telefono: 06 3226571
Fax: 06 3202010
E-mail: sba-em@beniculturali.it
Sito web: http://www.villagiulia.beniculturali.it


 

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