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Cammeo con Eros che tormenta Psyche

Il mito di Amore e Psiche rivive nell’arte, dall’antichità a Canova

Una mostra su Amore e Psiche a Castel Sant’Angelo
sabato 17 marzo 2012 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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In una sala dell’appartamento farnesiano di Castel Sant’Angelo è stato da poco restaurato lo splendido fregio, dipinto da Perin del Vaga tra il 1545 e il 1547, raffigurante la Favola di Amore e Psiche, così come è stata raccontata da Apuleio nelle Metamorfosi (romanzo noto anche come “L’asino d’oro”). Partendo da questo mito letterario, nel Museo di Castel Sant’Angelo è stata realizzata, ad opera della Soprintendenza per il Polo Museale di Roma, una mostra sulla trasposizione di questo mito nell’arte, dall’antichità a Canova, dal 16 marzo al 10 giugno 2012. In effetti, a giudicare dalle opere esposte, sembra proprio che la storia di Amore e Psiche abbia avuto un successo artistico straordinario, addirittura molto prima del romanzo di Apuleio (scritto nel II secolo d.C.), come è testimoniato dalla prima sezione della mostra, che presenta opere a partire dal IV secolo a.C. In effetti Psiche compare nella mitologia greca in età tarda come personificazione dell’anima umana e viene raffigurata con ali di farfalla.

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Roma Castel S Angelo
Foto L.De Vita 2008

Figlia di un re, Psiche era talmente bella da suscitare l’invidia di Afrodite, che incaricò il figlio Eros di farla innamorare del più spregevole degli uomini. Ma Eros, appena la vide, fu avvinto dalla sua straordinaria bellezza e, contravvenendo al volere della madre, la rapì e la portò in un palazzo segreto, dove ogni notte si recava a visitarla, senza però farsi vedere e senza rivelarle il suo nome. Gli amori segreti si protrassero a lungo, ma le sorelle di Psiche, alle quali fu concesso di stare presso di lei, a loro volta gelose della sua condizione, la convinsero che il suo amante non si faceva vedere da lei, perché era un mostro inguardabile. Psiche, allora, una notte, mentre Eros dormiva, osò avvicinarsi a lui con una lampada per vederne le fattezze e scoprì così che si trattava di un bellissimo giovane dio. Mentre lo contemplava in silenzio, una goccia di olio della lampada cadde sulla spalla del dio che, svegliatosi, la abbandonò immediatamente, deluso e amareggiato dalla mancanza di fiducia di lei.

Psiche, disperata per aver perso il suo amore, tentò dapprima il suicidio gettandosi in un fiume, poi vagò da un luogo all’altro per avere notizie che potessero aiutarla a ritrovare l’amato. Giunse infine al palazzo di Afrodite, dove la dea la tenne come prigioniera, imponendole le fatiche più difficili e penose. Psiche riuscì a sopravvivere a queste terribili prove perché Eros, ancora innamorato di lei, l’aiutò segretamente e alla fine, grazie all’intervento di Zeus, la fanciulla divenne immortale, ottenendo di rimanere unita al suo amato per l’eternità.

Nella terza sala dedicata alla mostra, ben 32 incisioni del cosiddetto Maestro del Dado (1512-1550 ca.) permettono di seguire la favola tramandataci da Apuleio. Ricca di significati simbolici e di riferimenti a riti iniziatici, la storia è stata reinterpretata nel Rinascimento in chiave neoplatonica e poi cristiana con riferimento al tema dell’immortalità dell’anima. È quindi in tal senso che il mito pagano ha affascinato Paolo III (al secolo Alessandro Farnese) al punto da essere scelto per decorare una sua camera a Castel Sant’Angelo. Probabilmente il pontefice, che era stato educato con Lorenzo il Magnifico e sicuramente aveva visto a Roma, nella villa di Agostino Chigi (la Farnesina alla Lungara), la Loggia o Galleria di Psiche realizzata da Raffaello e dai suoi allievi Giulio Romano e Raffaellin del Colle, voleva rendere un estremo omaggio al Rinascimento con un revival dello stesso affascinante mito, servendosi di un altro allievo di Raffaello come Perin del Vaga. Però, mentre per Agostino Chigi la favola doveva alludere al matrimonio, e quindi all’unione di corpo e anima, il pontefice deve aver pensato soprattutto al percorso di purificazione che l’anima deve compiere per congiungersi a Dio.

La mostra, curata da Maria Grazia Bernardini, e da Marina Mattei per la parte archeologica, si suddivide in quattro sezioni. La prima, ovvero “Le radici del mito, le personificazioni di Eros e Psiche, i patimenti dell’anima, la coppia divina, il bacio e la fabula di Apuleio”, ospita sculture, gemme e affreschi, ma anche intagli in osso di letti funerari e sarcofagi, diffusi dapprima per i riferimenti religiosi del mito al mondo infero e in seguito per l’interpretazione in chiave cristiana. Tra i pezzi più belli ricordiamo Psiche alata dei Musei Capitolini (marmo, II sec. d.C.) e il gruppo di Amore e Psiche dagli Uffizi di Firenze (marmo lunense, II sec. d.C.). Tra i pezzi antecedenti alla favola di Apuleio, c’è un cammeo con Eros che tormenta Psiche (I secolo a.C., dal Museo archeologico di Firenze) e alcune argille sigillate da Delos del II-I secolo a.C. raffiguranti Eros che trafigge Psiche farfalla, Psiche torturata da tre eroti, ma anche Psiche che cerca di legare Eros, scene che mostrano i due innamorati che si torturano, a simboleggiare i patimenti d’amore.

La mostra prosegue con “La fortuna della Favola di Amore e Psiche nel Rinascimento”, una sezione comprendente sculture, dipinti, disegni, incisioni, libri e ceramiche che documentano la grande diffusione di questo tema nel Cinquecento. Possiamo ammirare, tra le altre cose, copie tratte dalla Loggia di Psiche della Farnesina, ma anche uno splendido dipinto dalla Galleria Borghese di ambito ferrarese, Psiche scoperta da Venere di Dosso Dossi.

La terza sezione, ovvero “La scena della lampada: il fascino irresistibile di Amore misterioso”, presenta significative opere pittoriche dal XVI al XVIII secolo, tra cui Psiche scopre Amore , una grande tela del manierista Jacopo Zucchi, dalla Galleria Borghese, e altre interessanti tele che giocano sugli effetti luministici provocati dalla lanterna in un ambiente buio.

L’ultima sezione, “Il revival romantico della favola nel Neoclassicismo”, oltre ad un grande arazzo di manifattura francese, raffigurante La Vecchia che narra la fiaba di Psiche, dal Palazzo del Quirinale, espone dipinti, oggetti e sculture di artisti quali il Canova e il Thorwaldsen, Bartolomeo Cavaceppi, Giovanni Cappelli, Pietro Tenerani, John Gibson, Pietro Paoletti, Angelika Kauffmann e altri. Si tratta di opere di rara bellezza che propongono tutte le gamme del sentimento amoroso, dalla passione espressa dal bacio al dolore per l’abbandono, reso con toni nostalgici e malinconici.

Ricca di un centinaio di pezzi provenienti da musei italiani ed esteri, la mostra è illustrata dal catalogo edito da L’Erma di Bretschneider, corredato da una mappa dei luoghi di Psiche a Roma elaborata da Miriam Mirolla. Un ulteriore arricchimento dell’esposizione è dato dalla ripresa in 3D della Loggia di Psiche di Raffaello della Villa Farnesina realizzata dall’ENEA.

P.S.

“La favola di Amore e Psiche. Il mito nell’arte dall’antichità a Canova”, Roma, Castel Sant’Angelo, fino al 10 giugno 2012. Orario: dalle 9 alle 19, chiuso il lunedì.


 

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