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Quel tassista di Budapest


venerdì 27 ottobre 2006 di Arturo Capasso



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Ormai ero da alcuni giorni nella capitale magiara ; la pittura di Zoltan e la musica di Szabo mi avevano fatto ben comprendere lo spirito della città, che voleva tornare al suo antico splendore e rivivere l’atmosfera mitteleuropea.

Uscii dall’ hotel Palace con un gruppo di amici. Decidemmo di trascorrere la serata in qualche night e tuffarci così nella vita notturna della capitale.

Il taxi era una Fiat 125 ed il conducente aveva italianizzato il suo nome, facendosi chiamare Carlo. Dopo pochi minuti eravamo davanti ad un night ed il nostro tassista chiese di potersi accodare a noi. Gli dicemmo subito di sì.

Ma il giovanotto fin dalle prime battute dimostrò un senso degli affari molto spinto e a volte sgradevole.

Nei primi anni di università avevo fatto l’accompagnatore turistico e sapevo bene che si aveva diritto ad una percentuale; ma era detratta dal listino ben in vista; lui invece aveva trovato un metodo più comodo: aggiungeva il suo guadagno a quello già stabilito e così la parte ungherese restava ampiamente soddisfatta.

All’ingresso del night c’era un cartello che indicava il costo del biglietto: venticinque fiorini. Pertanto avremmo dovuto pagare - essendo cinque -solo centoventicinque fiorini. Ma lui ci disse che c’era un supplemento speciale e di conseguenza si arrivava a centottanta fiorini.

Quella sera c’era poca gente e l’atmosfera non fu neppure rallegrata da una cantante mediocre e da un balletto di avanspettacolo. Il nome Moulin Rouge era solo una lontanissima imitazione del famoso night di Parigi.

Il Tokaj fu sorbito svogliatamente , giacché non era di buona qualità. Dopo un’oretta chiedemmo il conto e anche questa volta il Carlo era in agguato .Invece dei centoquindici segnati, disse che avremmo dovuto darne centocinquanta. Pagammo ed uscimmo ; il primo gruppo fu accompagnato al Palace e il secondo al Budapest.

La città era deserta , le poche auto procedevano velocemente. Si attraversò il ponte sul Danubio e si proseguì attraverso strade larghe.

Giunti a destinazione, Carlo ci chiese centottanta fiorini per le due corse.

- Scusa, ma dal centro a venire qui si pagano al massimo venticinque fiorini, poi c’è stato il breve tratto dal Palace al night e relativo ritorno...
- Lo so, ma il tassametro è andato avanti per due ore ed io domani devo dar conto alla direzione.
- Com’è possibile? Allora, quando sei stato a bere con noi il tassametro era in funzione?
- Certo.
- A me sembra molto strano il tuo comportamento: ti sei autoinvitato, ti abbiamo offerto l’ingresso e la consumazione, hai preso due provvigioni e intanto tenevi il tassametro in funzione; questo non è serio.
- Scusi, non ho capito.
- Capirai adesso; ti diamo solo cinquanta fiorini e sono anche troppi.
- Non si può, sono centottanta
- Allora andiamo dalla polizia
- Prego, signori. Loro vengono dalla polizia , intanto il tassametro gira; poi lì non capiscono e bisogna trovare qualcuno che parla italiano. Prego, fate come volete.

Decidiamo di non muoverci dall’albergo e di telefonare; riferiamo l’accaduto al concierge che si defila. Il contatto telefonico richiesto non ha buon esito, ci rendiamo conto che c’è molto ostruzionismo.

E così gli diamo cento fiorini che Carlo accetta. Fingiamo di rilevare la targa dell’auto per segnalare il fatto e lui dice: Prego, fate pure.

Il comportamento di questo giovanotto ex studente di liceo ci sorprese molto e lasciò l’amaro in bocca.

Era un episodio isolato. Tante altre persone incontrate avevano dimostrato grande serietà e dignità.

Non avremmo dovuto accettare il suo autoinvito.

Aveva ragione il monaco: Non mi sono trovato mai male, perché non ho fatto mai bene.

 

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