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Angelo Secchi, litografia raffigurante il telescopio Merz

Cristoforo Clavio, Galileo Galilei e Angelo Secchi

I magistri astronomiae dal XVI al XIX secolo in mostra nello spazio espositivo Tritone di Sorgente Group
lunedì 1 dicembre 2014 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.
Argomenti: Scienza


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L’osservazione degli astri è antica quanto l’uomo, ma la nascita dell’astronomia scientifica si fa risalire al Seicento, quando alcuni scienziati riuscirono a liberarsi da una visione fantasiosa della realtà per acquisire quel modo di procedere nella ricerca scientifica che Galileo Galilei (1564-1642) per primo aveva introdotto nella fisica: il metodo sperimentale. Fino ad allora la separazione tra astrologia e astronomia non era così netta, anzi possiamo senz’altro dire che la seconda non era altro che un processo di razionalizzazione della prima: basti pensare che Keplero (1571-1630), pur essendo uno dei massimi fondatori dell’astronomia, si guadagnava da vivere facendo anche gli oroscopi. Fu solo grazie al cannocchiale usato da Galileo, ma inventato dagli olandesi per scopi bellici, che si riuscì finalmente a compiere osservazioni dettagliate sui pianeti, sulla luna e sul sole, inaugurando il lungo cammino della storia della conquista “scientifica” dello spazio.

I primi passi di questo straordinario cammino è documentato nella mostra “Magistri astronomiae dal XVI al XIX secolo: Cristoforo Clavio, Galileo Galilei e Angelo Secchi”, inaugurata a Roma il 14 novembre 2014 presso lo Spazio Espositivo Tritone della Fondazione Sorgente Group. Una mostra fatta di testimonianze documentarie e strumenti scientifici che non mancheranno di incuriosire i visitatori, a partire dal grande Globo celeste della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, concesso per la prima volta in prestito.

Insieme a un altro che rappresentava la Terra, il globo, finemente miniato, fu probabilmente commissionato in occasione dell’anno giubilare 1575 dal matematico e astronomo gesuita Cristophorus Clavius (1538-1612), che, pur ancora legato alla tradizione geocentrica tolemaica, utilizzò in parte le misure copernicane. I due globi entrarono a far parte del museo, creato nella seconda metà del Seicento presso il Collegio Romano dal gesuita Athanasius Kircher, comprendente una quantità impressionante di reperti scientifici e archeologici, divisi in seguito tra più istituzioni museali statali.

Nello stesso Collegio Romano dei Gesuiti aveva sede anche la specola, tuttora in funzione, per l’osservazione dei fenomeni celesti e atmosferici. Tra i nomi più prestigiosi di astronomi che vi hanno lavorato vi è quello di Padre Angelo Secchi, che lo ha diretto dal 1852 al 1878. È lui che per primo ha osservato lo spettro luminoso degli astri, ponendo le basi per la moderna astrofisica, e sempre a lui dobbiamo anche l’individuazione del meridiano di Monte Mario a Roma, detto anche Primo Meridiano d’Italia.

Provengono invece dal Museo Astronomico e Copernicano dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) gli altri strumenti astronomici in mostra, tra cui un cannocchiale del XVII secolo, un telescopio riflettore gregoriano, un astrolabio per misurare le posizioni degli astri, un notturnale (orologio notturno) e altri suggestivi elementi di misurazione che consentirono a quel tempo la stesura di mappe stellari, disegni e grandi scoperte. Sono collocati entro vetrine accanto a gigantografie di celebri dipinti che li richiamano, in particolare L’astronomo di Jan Vermeer, L’Astronomia di Guercino e Due uomini davanti alla luna di Caspar David Friedrich.

Ma la parte più sorprendente della mostra è sicuramente quella documentaria, perché costituita da preziosi testi inediti, tra cui uno scritto autografo di Galileo (Padova, 7 gennaio 1610), in cui sostiene che la superficie della luna non è perfettamente liscia, e il manoscritto di Clavio che illustra il calendario gregoriano (cosiddetto da Gregorio XIII che lo approvò nel 1582), alla cui definizione egli contribuì notevolmente. Questo codice, redatto a Roma nel 1602, è aperto sulla pagina nella quale sono presentati i calcoli di previsione del giorno di Pasqua per il nostro secolo, calcoli che arrivano fino all’anno 5000.

C’è pure una lettera, firmata Galileo Galilei (Firenze, 5 marzo 1611), in cui il grande astronomo avvisa Clavio del suo prossimo arrivo a Roma. Evidentemente i rapporti di Galilei con i gesuiti non erano all’epoca affatto tesi, mentre di lì a poco, dopo la morte di Clavio, sarebbero stati proprio i padri gesuiti Orazio Grassi e Roberto Bellarmino a diventare i suoi principali oppositori.

I documenti esposti fanno tutti parte del Fondo Clavius dell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana e sono stati restaurati e digitalizzati grazie al progetto finanziato dalla Fondazione Sorgente Group. La storia del Fondo è legata alle vicissitudini della Compagnia di Gesù. A seguito della soppressione nel 1773 della Compagnia, lettere e testi furono murati in un ripostiglio del Collegio Romano e vennero riscoperti solo un secolo dopo, durante alcuni lavori. Accantonati per altri 70 anni, i codici vennero finalmente restituiti alla rinata Compagnia di Gesù nel 1948 e depositati nelle nuova sede della Pontificia Università Gregoriana. La mostra, sotto la direzione della Vicepresidente della Fondazione Sorgente Group, Paola Mainetti, ha avuto la consulenza scientifica del Prof. M. M. Morales SJ, direttore dell’archivio storico dell’Università Gregoriana.

P.S.

Magistri astronomiae dal XVI al XIX secolo: Cristoforo Clavio, Galileo Galilei e Angelo Secchi

Spazio Espositivo Tritone, via del Tritone 132, Roma
Dal 17 novembre 2014 al 13 febbraio 2015
Ingresso gratuito dal lunedì al venerdì dalle 10.30 alle 18.30.
Info: + 39 06 90 21 90 51.

I ragazzi delle scuole che aderiranno all’invito di visitare la mostra saranno accompagnati dalle guide dell’Associazione Culturale Estrellas y Planetas nei giorni del martedì e giovedì mattina su appuntamento. Tutti i martedì alle 18, invece, ci saranno le visite dedicate agli adulti sempre su appuntamento. www.estrellasplanetas.org