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BERLUSCONI GIUDICATO da tre grandi giornalisti

Fenomeno politico e blocco sociale
domenica 9 ottobre 2011 di Carlo Vallauri

Argomenti: Politica


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Non so se qualche sera fa (giovedì 8 settembre, ormai questa data sembra superata – appartenente all’era di altre generazioni) avete assistito al dibattito televisivo (sulla “7”) diretto da Mentana, dopo la proiezione del filmato-documentario (tutti squarci di pellicole prodotte per altre finalità) di Rizzo e Stella (gli ormai storici autori de “La casta”) Berlusconi forever, per commentare quel fenomeno politico nato 17 anni e ora considerato al suo tramonto. Certamente è stato uno scambio di opinioni ad alto livello, essendone protagonisti (in ordine alfabetico) Giuliano Ferrara, Paolo Mieli ed Eugenio Scalfari. Come si noterà un ferreo sostenitore dell’attuale presidente del Consiglio il primo, il suo più tenace avversario il terzo, e l’altro giornalista d’alta qualità, proveniente da una scuola storica tra le più rilevanti dell’Italia contemporanea. Indubbiamente tre posizioni, ciascuna delle quali corrispondenti a visioni d’insieme che trovano nel paese larghi consensi.

10000000000000FA000000A79F9DC329 La nota dominante è apparsa la riepilogazione che ciascuno dei tre ha fatto della rispettiva interpretazione, basata prevalentemente su ciò che il Cavaliere ha fatto o non ha fatto e inoltre sulle conseguenze pratiche del modo con il quale Berlusconi ha vissuto la sua vita privata, in forme che ne hanno contrassegnato anche i suoi personali destini politici.

Non si è tenuto invece conto, a noi sembra, di ciò che quel fenomeno è stato sul piano sociale, cioè un rassemblement – come direbbero i francesi – di forze composite collegate allo sviluppo (e anche alla crisi) di settori economici ben definiti, dalle imprese commerciali alle industriali, alla libera professione nelle sue molteplici espressioni, comprese quelle in genere meno valutate ma ampiamente diffuse nell’Italia media, cioè tra gli italiani dei ceti medi, in gran parte attivi ma anche conservatori e chiusi nelle loro complesse roccaforti di vantaggi, piccoli privilegi, situazioni determinatesi attraverso diversi regimi, nomenclature e caste, oltre alla folla impiegatizia pubblica e privata, con molti aspetti antiquati se non addirittura parassitari, ma con altrettanti elementi moderni, inseriti nella dinamica trasformatrice al passaggio di secolo. Una siffatta rappresentazione – che comprende una variegata gamma di lavoratori, pensionati, studenti, precari a vario titolo, assidui faticatori come menefreghisti all’italiana – a noi sembra più esaustiva della generica invettiva scalfariana sul “fango” democristiano che sarebbe passato – afferma il fondatore del quotidiano “La repubblica” – nello schieramento apertamente di destra. 10000000000000FA000000BCD1C59AEE

Una maggioranza operante in continuità per 17 anni e passa non può essere confusa o colpevolizzata in schematismi non rivelatisi rispondenti a realtà concrete. Anche perché all’origine, al suo nascere, si è trattato di una borghesia straccionata dall’ “evoluzione” politica consociativa degli anni Ottanta, e che ha creduto e crede nella capacità dei propri istinti naturali più che nelle promesse politiche, riuscendo così a seguire e controllare il corso delle cose, al fine di mantenere un equilibrio che per molti è apparso a lungo più rassicurante dell’alleanza tra sinistra di provenienza comunista e sinistra cattolica, anche se questa maggioranza alternativa è riuscita a vincere per 2 volte (e non lo si dimentichi) per merito della linea sobria e tranquillizzante di Prodi, rafforzata dalla vitalità di settori importanti dell’economia e della cultura nazionale.

10000000000000FA000000BC4999F1E6

Ebbene. Un movimento sociale di masse tanto complesse, ma radicate anche dal desiderio di non cambiare troppo, di assicurarsi il perdurare di quel poco o tanto che ciascuna cerchia sociale è stata in grado di acquisire e difendere (dagli appalti alla presenza nelle strutture pubbliche). Un’autentica forza sociale incastrata nelle strutture dei corpi pubblici come nella strumentazione operativa dell’economia nazionale in tutti i livelli locali. Cambiavano intanto i costumi, i traffici mondiali, mentre i dati rilevanti della produzione e della formazione scendevano a livelli sempre più bassi sicché le speranze dei giovani italiani tendevano ad indebolirsi nella prassi quotidiana a causa dell’arretramento obiettivo dei dati reali e soprattutto sulla prospettiva del domani, con lo scadimento della qualità e la perdita di una comune concezione del “bene comune”. Quel fronte frastagliato, ma unitario nello spirito di conservazione tipico della medialità, che ha i suoi punti di forza nella proprietà immobiliare, nei lavori garantiti, nei risparmi assicurati, nella solidità di tante famiglie anche di minor spessore pecuniario, spesso fortemente penalizzate sul piano fiscali, avverte adesso gli effetti di un progressivo degrado che rimette in crisi la stabilità governante di una destra consistente economicamente e sorretta sinora da una psicologia di massa, quasi indifferente sino a poco tempo fa all’evidente perdita di consistenza morale e culturale da parte della casta dirigente.

Così il comune fronte sociale mediano tende ora a spaccarsi, come emerge dalle nuove dislocazioni di forze intermedie insoddisfatte dall’andamento delle scelte governative ma pronto a ricomporsi per la tutela delle proprie fondamentali esigenze economiche e, per molti, di autonomia nel lavoro, nella percezione dei mali che si sono addensati sull’Italia. In tali condizioni la naturale lotta sociale tra gli individui spinge – come ebbe a rilevare Hobbes (e recentemente ha ricordato uno scienziato, Gilberto Corbellini) – a far prevalere i propri impulsi egoistici e auto-conservativi, seguendo un senso della vita diffuso in senso individualistico, in contrasto con quei valori che nei precedenti decenni avevano favorito l’affermazione di criteri e metodologie appropriate ad una più equa distribuzione delle risorse sociali, con il welfare e leggi tendenti ad una migliore equità nel rispetto dei diritti. 10000000000000FA000000A630C40FA9

Sono le costanti sociali a determinare le scelte dei grandi gruppi della popolazione. E il ripetersi dei fenomeni sopracitati prescinde dai singoli capi politici del momento, come si constata a livello europeo. Non confondiamo un fenomeno sociale di ampia portata con momenti particolari di contrasti politici.

Il movimento di una destra moderna, europea, si è andato sfarinando, ma persiste una comune piattaforma che va analizzata tanto più che la giungla delle caste, pur provocando scontri interni, non demorde dai piccoli vantaggi particolari di cui gode, base di fondo di una costante e considerevole parte della popolazione, pur sempre disposta a spostarsi laddove i suoi interessi sono meglio protetti, e pertanto la perdita di elementi di certezza e coesione sposta il centro di gravità e la stessa collocazione nel quadro politico con spostamenti, cadute e nuove ricomposizioni, restando dominante il fattore dell’interesse economico comune da proteggere, il nocciolo duro della base sociale, al quale sono subordinate le singole posizioni o i facili entusiasmi, destinati ad esaurirsi. Così si determinano le variazioni degli atti e comportamenti politici rispetto ai fondamenti strutturali.

L’assenza di considerazioni attorno al concreto atteggiarsi della comunità nazionale in quanto costitutiva del movimento sociale che ha determinato il berlusconismo e che determinerà le sorti della destra politica, e quindi dell’intero paese, si è avvertito nel dibattito televisivo con l’effetto che ciascun cittadino non poteva che rimanere nelle proprie idee, impersonificata da giornalisti di grande qualità ma chiaramente legati alle proprie visioni personali, rifiutandosi ad uno sguardo d’assieme più largo. Per questo infine è apparso più realistico Mieli, proprio per il rilievo dato ai “fatti” e per il suo motivato pessimismo, essendo peraltro le dichiarazioni degli altri due interlocutori troppo evidentemente connesse alle vicende personali che ciascuno di essi ha avuto nei confronti di Berlusconi sia nel senso dei passati contrasti politici e rapporti in materia di imprese televisive e soprattutto alla radicale diversità di impostazione mentale, culturale e politica (per uno degli interlocutori), sia a causa del comodo inserimento nel vasto schieramento del cavaliere, da parte dell’altro interlocutore.