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MARE FUORI: UN FENOMENO SU CUI RIFLETTERE

Continua il successo della serie sull’IPM di Nisida
domenica 23 aprile 2023 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Media, TV e Internet


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A quanto pare la quarta stagione di Mare fuori è attesa entro quest’anno, poiché lo straordinario successo della serie continua. E perfino la sigla ha ottenuto il disco di platino. Ci chiediamo quindi quali siano i motivi di questo fenomeno.

Anche la direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati, l’ha definita “un fenomeno che va oltre i confini”, svelando che l’Ansa è in trattativa per un remake della serie negli Stati Uniti, nonché per la vendita del prodotto in 40 Paesi. La serie, creata da Cristiana Farina e Maurizio Careddu, apparve per la prima volta su Rai Due nel settembre del 2020 e il passaggio su Netflix ha contribuito a darle una nuova vita.

Come ormai tutti sanno, Mare fuori narra le vicende di un gruppo di giovani rinchiusi in un Istituto di Pena Minorile, il carcere di Nisida, per aver commesso vari crimini. La storia inizia quando Carmine Di Salvo (Massimiliano Caiazzo) e Filippo Ferrari (Nicolas Maupas) vengono arrestati e incarcerati: il primo proviene da una famiglia invischiata in criminalità organizzata, il secondo, invece, è un giovane milanese che finisce in riformatorio per una bravata durante una vacanza partenopea. Nella serie vengono raccontate le storie dei ragazzi rinchiusi nel carcere: 70 detenuti: 50 maschi e 20 femmine, al di sotto di 18 anni.

Senz’altro la serie si avvale di bravi interpreti tra i quali ricordiamo Carolina Crescentini, Carmine Recano, Lucrezia Guidone, Valentina Romani, Nicolas Maupas, Massimiliano Caiazzo, Giacomo Giorgio, Ar Tem, Matteo Paolillo, Clotilde Esposito, Maria Esposito ed altri, della regia di Carmine Elia, Milena Cocozza, Ivan Silvestrini, del soggetto di Maurizio Careddu, Cristiana Farina del contributo di vari sceneggiatori, come Maurizio Careddu, Cristiana Farina, Peppe Fiore, Luca Monesi, Paolo Piccirillo. O mar for, la fortunata sigla è cantata dall’attore Matteo Paolillo che ha anche firmato il pezzo insieme al musicista e produttore Lorenzo Gennaro e al compositore Stefano Lentini.

Malgrado i successi conseguiti dalla serie, non sono mancate le critiche, poiché da alcuni ritenuta non molto aderente alla realtà di un vero carcere minorile oppure da altri considerata addirittura diseducativa. Una posizione più equilibrata viene da una persona competente in materia, Ennio Tomaselli, magistrato in pensione già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino. In effetti pur riconoscendone gli aspetti positivi come il mettere in rilievo la possibilità di cambiamento e riscatto, non può fare a meno di considerarla, televisivamente parlando, un buon prodotto, abilmente confezionato, ma con il rischio di dare messaggi distorti e confusivi agli spettatori, spingendoli a far coincidere con essi “realtà assai più complesse e sfaccettate, se non proprio diverse”.

Ha quindi scritto quanto segue: “ La seconda serie aveva mantenuto le caratteristiche di fondo di un prodotto già forte del successo di pubblico e la terza le ha consolidate ulteriormente, con gli esiti di cui sopra. Per quanto i più sottolineino il coraggio e l’abilità di sceneggiatori e registi nel far emergere realtà drammatiche, mi sembra che vi sia tuttora motivo (anche) per alcune considerazioni in chiave problematica e critica(…)In Mare fuori mancano pressoché tutti quegli agganci positivi con l’esterno indispensabili perché i progetti possano concretizzarsi sul loro terreno naturale, che è quello della vita fuori dal carcere: operatori che accompagnino i ragazzi almeno nelle loro prime uscite, che seguano effettivamente le messe alla prova, che creino il contatto fra il ragazzo e la risorsa individuata sul territorio, ecc… Certo che nella realtà non tutto ciò, purtroppo, funziona e che una fiction, dal canto suo, ha contenuti e fini diversi rispetto a un documentario o programma d’inchiesta (né Mare fuori è una docu-fiction). Ma si vuole dire, in sostanza, che la complicata scommessa di fare presa sul pubblico con una narrazione di fantasia (qui filmica, altrove letteraria) agganciata a un piano di realtà in qualche modo definito, avrebbe potuto essere giocata con meno “effetti speciali” sul piano tragico/sentimentale (con il succedersi degli episodi, le scene madri, di solito imperniate sul più classico dei binomi, amore/morte, si susseguono con una frequenza che diventa martellante) e non per questo con minore efficacia, anche per quanto si dirà in seguito circa l’extra moenia, il fuori carcere. Detto ciò, occorre dedicare adeguata attenzione anche ad altri aspetti, non secondari. Anzitutto: è ben vero che il condannato non è il suo reato e che in carcere, tanto più se minorile, bisogna guardare soprattutto avanti, in funzione della costruzione di una personalità più solida in positivo e di un futuro diverso. Ma per dei ragazzi, che spesso hanno esigenze non solo rieducative, ma più radicalmente educative, quello della rielaborazione degli agiti delittuosi, e più in generale dei vissuti precedenti all’ingresso in carcere, è un discorso serissimo, che non può essere eluso o dato per risolto o risolvibile grazie alle relazioni amicali e sentimentali, nonché alla dedizione di qualche figura istituzionale. Si tratta di un lavoro complesso e di rete, che richiede una pluralità di apporti anche specialistici (ad es. psicologici) e non può passare solo attraverso il carcere e l’operato di pochissimi che nella fiction, invece, si occupano di tutto”. Concluderei sottolineando che in Mare fuori ci si avvale di determinate tecniche usate dalle serie, come introdurre nuovi personaggi e nuove situazioni per coinvolgere sempre più lo spettatore e tenerlo legato ad altri episodi più a lungo possibile. Personalmente anche se riconosco che le serie ci hanno aiutato molto a trascorrere il tempo durante la pandemia, tuttavia esse possono togliere spazi al cinema in sala ora che il lockdown è superato. E anche in quel difficile periodo ho preferito sempre vedere qualche buon film in Tv o in streaming, quando capivo che la conclusione era lontana dopo un certo numero di episodi.

In verità serie come Gomorra o Mare Fuori, anche se di pregevole fattura, mi turbano per altri aspetti legati a Napoli, la mia città, sulla quale si insiste sempre sulle solite tematiche di criminalità organizzata, violenza e lati negativi, invece di metterne in risalto i pregi, anche all’estero! Più volte nei miei articolo ho evidenziato che gli strumenti per alleviare i problemi dei quartieri a rischio, e non solo in quelli napoletani, ma in quelli nazionali e internazionali, come banlieue parigine o slums inglesi e americani, sono Istruzione, Formazione e Lavoro. A che servono tali serie se non offrono soluzioni?

E in verità dopo lo splendido film Scugnizzi di Nanni Loy (1989) sul carcere minorile di Nisida, mi sarei fermata lì.

 

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