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I VICERE’ ALTEATRO QUIRINO

Progetto Teatrando al Teatro Quirino di Roma
giovedì 1 dicembre 2022 di Patrizia Cantatore

Argomenti: Teatro


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Dal 29 novembre al 4 dicembre 2022 va in scena al Teatro Quirino di Roma lo spettacolo I Vicerè, liberamente tratto dal romanzo di Federico De Roberto con la regia di Guglielmo Ferro.

Il romanzo fu pubblicato nell’agosto del 1894 dall’editore Galli di Milano, narra le vicende di una famiglia siciliana gli Uzeda di Francalanza, discendente dai Viceré spagnoli della Sicilia dei tempi di Carlo V, sullo sfondo delle vicende del risorgimento meridionale. Una rappresentazione delle disillusioni della storia italiana tra il Risorgimento e l’unificazione (il romanzo è infatti ambientato negli anni tra il 1855 e il 1882, nella quale si svolgono le vicende e le fortune degli Uzeda).

Questo stupefacente affresco delle trasformazioni, degli inganni, degli equivoci, dei dolori, delle miserie, degli appuntamenti mancati e dei fallimenti, lungo due generazioni non ebbe molta fortuna, proprio come il romanzo di Tomasi di Lampedusa, infatti il naturalismo era in declino, iniziava a farsi strada una visione decadente, esaltante la sensualità e l’estetica di D’Annunzio, Fogazzaro, Pascoli. La trasposizione scenica del romanzo riesce a conservare la freschezza narrativa, l’umorismo nero, lo stupore dell’intreccio narrativo; costruendo uno spettacolo umano, attualissimo e vitale sia nelle scene corali che in quelle più intime. Il narratore in scena è il personaggio più strepitoso: Don Blasco, religioso per interesse, puttaniere, baro alle carte e nella vita, straripante di vizi, bulimico di cibo, vino, donne, tabacco ma anche di intelligenza e ironia. Un anti-eroe convincente quanto il Don Abbondio di Manzoni, profondamente italiano e siciliano per genialità e miseria che Pippo Pattavina interpreta con grande capacità affabulatoria.

Senza dimenticare il personaggio di Don Giacomo Uzeda interpretato da Sebastiano Tringali che in uno dei monologhi finali espone il suo risentimento e il suo odio coltivato per la madre e i fratelli sin nelle fasce.

Nel finale sarà proprio Don Blasco a mostrarci la cruda realtà della famiglia Uzeda, tutti accomunati dal sangue vecchio e corrotto, dovuto ai matrimoni tra consanguinei, l’avidità, la sete di potere, la meschinità e l’odio reciproco non distinguendo tra un re borbone ed uno savoia, guardando solo al proprio interesse, come poi faranno, ricomprando all’asta i beni della chiesa e del demanio e passando da posizioni reazionarie, verso quelle liberali per motivi di convenienza.

La sapiente regia di Guglielmo Ferro, fa muovere agevolmente i personaggi sulla scena che entrano ed escono con naturalezza e tempi perfetti. Molto suggestive le scenografie che riescono a rendere la sensazione di essere dentro un’ala del palazzo degli Uzeda, ma anche altre ambientazioni con l’espediente di una tenda, il palcoscenico, diviso in molti quadri, mantiene l’attenzione sulla storia.

 

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