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UN RICOVERO URGENTE

Diario di bordo, Per me é come se fosse una enorme nave.
sabato 29 marzo 2008 di Arturo Capasso

Argomenti: Ricordi


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Fatebenfratelli. E’, in realtà, il F.B.F., un grosso ospedale che sorge sulla collina di Via Manzoni, Napoli.

Per me é come se fosse una enorme nave. Ma attenzione, non é una nave da crociera, come ne vedo passare ogni giorno dalla mia casa di Marechiaro (a sera o all’alba sono illuminatissime ed hanno quell’aria di festa, sempre e comunque). E non é neppure una nave passeggeri con scali internazionali e nomi esotici.

E’, semplicemente – una nave traghetto: porta i passeggeri da una sponda all’altra: dalla malattia alla guarigione.

Sulla F.B.F. ci sono ufficiali di coperta e di macchina, marinai, fuochisti, cambusieri, mozzi. Né manca la piccola chiesa, col sacerdote che officia al mattino e al vespero. É sempre piena di fedeli attenti, silenziosi, imploranti. C’é un servizio ristoro col chiosco di giornali, dispense, libri.

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Assistenza in ospedale

Questa piccola comunità galleggiante é molto efficiente, ognuno svolge bene il proprio ruolo, sia che occupi le mani, sia il cervello.

É una nave che affronta tutti i mari e tutti i tempi Sempre con la stessa meta: traghettare i viaggiatori verso l’altra sponda: dal male al bene. E non é poco.

Anch’io sono salito sulla F.B.F., reparto cardiologia, letto 112c.

Stamattina ero intento a riempire la bottiglia azzurra con l’acqua del rubinetto. La utilizzo il giorno seguente, quando metto a riscaldare il prezioso liquido; un bicchiere a Marianna ed uno a me.

Non è la sola cosa che le porto al mattino alle sei, c’é anche la tazza di caffè fumante. E queste sono le mie uniche incombenze della giornata legate al mondo della cucina. A dire il vero, il caffè lo faccio anche dopo pranzo e spesso dopo cena. Così lei dorme meglio.

Quando ero in attesa di “accomodarmi” al reparto avrei voluto scriverle una lettera: Marianna, tu sei forte, così devi essere come hai imparato da tuo padre. Prego sempre, beh, non esageriamo, diciamo quando sento che sto crepando, che il Signore chiami prima me. Io sarei inutile, tu invece puoi dare ancora molto ai ragazzi. Sono cose che poi le ho ripetute a voce.

Lipotimia

Perdita improvvisa della coscienza. Pronto soccorso. Richiesta urgente del cardiologo. Elettrocardiogramma. La dottoressa F.C. non ci ha messo molto a rilevare che si era verificata una mancanza di ossigeno al cervello. Ha suggerito di effettuare varie analisi e di restare qualche giorno in ospedale.

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Cardiologia

Stavo riponendo la bottiglia d’acqua al suo posto, come dicevo, ad un tratto ha iniziato a girarmi la testa. Lento, forte, più forte. Mi sentivo venir meno. Ho detto: Marianna, sto morendo. Mi ha preso fra le braccia, mi ha retto, mi ha sussurrato di respirare forte. Ma il capo girava, girava, non riuscivo neppure ad emettere un gemito.

Tanti anni fa uno stimato professionista esalò l’ultimo respiro in una casa di piacere. Il magistrato che svolgeva le indagini chiese alla donna di raccontare i particolari dell’accaduto. E lei: eccellenza, come ogni giovedì, verso mezzogiorno il signore, anzi la buonanima, si intratteneva con me. Si spogliava piano piano, poggiava la catena e l’orologio sul comodino. Io stavo sotto e lui sopra. Sentii, ah, ah. Io pensavo che stava venendo, lui invece se ne stava andando.

…Almeno una volta al mese saliamo a bordo di questa nave. Ci troviamo bene, é il caso di dire.

Il pronto soccorso é sempre efficace, professionale , tempestivo.

Un giorno mi sentii male. Il medico di guardia si rese conto – da quello che gli avevo riferito – che era una specie di shock per aver mangiato troppo torrone (quello morbido con nocciole, tanto saporito). Mi proibì di mangiarne ancora.

Per eliminare ulteriori tentazioni, andai a casa, presi la buona scorta di torrone e la portai al reparto, con i miei migliori complimenti.

…Il mobiletto / armadio, il comodino, le cose sistemate come si fa per i brevi (speriamo) soggiorni.

Mi ha chiamato Rita, la mia prima nipote. Sempre grossi bisticci quando studiamo: vorrei trasmetterle tante cose, ma a volte esagero. Le ho chiesto: ma ti sarebbe più dispiaciuto perdere il nonno o l’insegnante? Non ha avuto esitazione: l’insegnante. Bene, le ho sempre suggerito di non dire bugie.

Il 112d ha ottantanove anni ed é stato operato da qualche giorno.

Accanto gli sta una signora russa, che lo assiste con grande tenerezza.

M’ha detto che é presso di lui da quattro anni e che da poco l’ha raggiunta in Italia suo marito. Lei é di Leningrado (non tutti dicono di nuovo Pietroburgo) e lui di Vladivostok. Quando sono stati da lui, il viaggio é durato alcuni giorni.

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La transiberiana

Ho sempre desiderato farmi la Transiberiana, la più lunga ferrovia del mondo, 9334 chilometri. Sarei andato da Mosca a Vladivostok, il capolinea. Ma, da quando ho letto il resoconto fatto da Tiziano Terzani sul traffico che ormai si svolge nei vari scompartimenti del lungo treno il fascino è scomparso. Resterebbe, come ha scritto Malaparte, quel mare di terra.

I due russi ospiti della nostra cittá ora abitano ad Odessa. Lei é appena tornata da lí e ha riscontrato che il costo della vita é sempre più alto, mentre i salari restano bassi. Quelli che lavorano guadagnano non più di cento euro. Quindi, una vita difficile.

…Il 112b é sceso dal reparto terapia intensiva. Grosso, simpatico, circondato da moglie, figli e nipoti durante l’ora della visita.

Stava facendo il vino, ma invece di riposarsi – dopo pranzo – é stato preso dall’ansia di proseguire ed é tornato in cantina. A momenti ci restava . È’ una lezione per tutti noi; non chiedere al proprio organismo “prestazioni” che si facevano allegramente negli anni passati.

Bisognerebbe avere il buon senso di fermarsi in tempo utile. Giusto. Ma chi te lo dice? É - la nostra vita – un treno in corsa, ci sono varie fermate e non sai quando devi scendere, ma non é un problema. Se l’ora é arrivata accettala, con dignità e fair play.

La stanza é nitida, gia’ hanno fatto le pulizie del mattino.

É domenica e la cittá sonnecchia. In fondo, la collina dei Camaldoli e verso destra un lungo dorsale verde; a sinistra l’enorme, moderno, terribile presepe di cartone-cemento.

Spazio libero dove una volta c’era l’Italsider. Almeno questa gente non respira più aria avvelenata. Per decenni hanno difeso il posto di lavoro e i governanti di turno procuravano finanziamenti per migliaia di miliardi. Ma i piani dei sindacati e dei governanti non potevano reggere la terribile concorrenza di Paesi in via di sviluppo, dove la mano d’opera costava quasi zero e la materia prima si trovava a cielo aperto, senza andare in miniera.

Toccai con mano queste realtà nel 1956 in India, quando su una carretta del mare trasportammo dell’ematite ferrosa all’isola d’Elba. E dall’industria pesante a quella leggera il tracollo é stato continuo, inesorabile.

Nessuno ha avuto il coraggio (o la capacità) di far capire dove si stava andando, quale era il trend inesorabile. Una politica di assistenzialismo. E’ la mamma che protegge il figlio ed é pronta a tutto per lui. Ma pensa veramente al suo bene?

Col 112b si é parlato, ovviamente, di vino e di vini. Manduria, Aglianico, Malvasia, Falanghina, filtri, vinacce, secondo vino, spumante, lambiccato, sughero, tappo di plastica, vetro, damigiana, botte, chiara d’uovo per schiarire i vini bianchi sporchi. Quando l’argomento ti appassiona, non pensi agli acciacchi fra i quali stai navigando.

Il 112b russa, ma non é un ronfo, é una vecchia locomotiva a carbone che s’arrampica per le montagne e sbuffa, sbuffa. Poi entra nel tunnel, per un po’ non la senti, pensi che ormai é arrivata alla stazione. Ti sbagliavi, riprende con maggior lena.

La dottoressa F . C. è di turno domenicale, dalle 8 alle 20. Analisi, accertamenti, visite ai reparti. É instancabile, brava!

Alle sei e mezzo la squadra delle pulizie inizia il suo lavoro, con meticolosità, discrezione, efficienza.

Ancora storie intrecciate di aviatori, marinai, battaglie, incontri, scontri, tradimenti. La giornata é plumbea. É apparso un tenue sole, avvolto da una coltre di smog. É venuto il primario con tre assistenti e l’infermiera. Le cartelle vengono esaminate, discusse. Al mio turno si stabilisce di effettuare altri accertamenti, che sono fissati per mercoledì. Pertanto, non mi posso ancora muovere e così saltano tutti i piani di lavoro.

Intanto, arrivano altri ammalati e la camera si riempie: siamo in sei. Le chiacchierate vertono sempre sulla seconda guerra mondiale; l’età’ avanzata degli ospiti porta ad anni lontani, a ricordi anche piacevoli.

New entry

Fra le new entry c’é un anziano ed arzillo ingegnere, sceso dal reparto rianimazione. Questi trasferimenti denotano certamente una ripresa. Si passa, infatti, dall’emergenza all’ordinario, la guarigione é all’orizzonte.

Ben diversamente per i protagonisti di quel racconto di Dino Buzzati: gli ospiti salivano sempre di un piano, man mano che erano divorati dal cancro. E poi toglievano il disturbo.

Verso le quattordici l’urologo ha visitato l’ingegnere, su indicazione del cardiologo. Si’, ha detto, sono stato operato alla prostata una decina d’anni fa. Non ha saputo spiegare perché l’operazione fosse stata fatta a metà. L’urologo: lei ha un solo testicolo. E lui: sí l’ hanno asportato venti o trent’anni fa. Non ricordo esattamente. No, mia figlia non sa nulla, però devo avere a casa da qualche parte la documentazione. Forse era un tumore, a quei tempi il testicolo era tutto gonfio e perciò l’asportarono.

Ed io ho pensato: se qualcuno lo fa arrabbiare, non può dire mi hai rotto i coglioni, deve dire mi hai rotto il coglione (o forse, senza far sapere i fatti suoi: sei un coglione).

A sera é venuto a farmi visita Thomas, simpatico giovane del Burkina Faso, che ha lavorato un po’ di tempo con me.

Aveva in mano una grossa busta: banane, un pacco di mandarini succosi, un pacco di pere dolci . Questo gesto tanto spontaneo mi ha commosso. Più le persone sono umili, piu’ hanno una ricchezza interiore mista a generosità.

Tempo fa con Thomas ed un altro amico della Mauritania s’é pensato di creare una piccola associazione-témoignage africaine – che dovrebbe provvedere alla qualifica professionale di giovani che lasciano la propria terra e sono catapultati qui senza un mestiere ben definito, con la sola forza delle braccia ed una grande speranza di farcela.

Brino, un altro giovane dello stesso Paese, che prima lavorava con me, diceva che con i soldi inviati a casa ogni mese riuscivano a mangiare tutti i suoi parenti, una decina. Era molto bravo, Brino.

Zappava la terra, tagliava alberi, sistemava dossi e siepi. Era cattolico. A mezzogiorno recitava l’Angelus ed io mi univo a lui in preghiera. Aveva fisso il problema dei papiers, il permesso di soggiorno. Spesso restava immobile davanti al piatto caldo fumante, assorto nella sua preoccupazione.

L’avevano fregato con falsi bollettini postali, per dimostrare la sua presenza in Italia da una data certa. All’inizio dell’estate andò a Foggia a raccogliere i pomodori e tornò dopo un paio di mesi. Mi disse: sono diventato musulmano, ora mi chiamo Adam.

Un’altra occasione persa; non ero riuscito a dare a Brino/Adam la cosa che più desiderava: il permesso di soggiorno. Ci riuscirono i musulmani e lui, finalmente felice, andò al nord e si fece raggiungere dalla moglie e dal figlio. Aveva trovato, nei musulmani, quei fratelli che cercava nei cristiani.

È notte, sono le due e mezzo, dovrei tornare a dormire nel “russorio”. In fondo, le luci immobili della pianura e della collina, coi mille palazzi degradanti ( e degradati ) verso il mare. Alcune luci mandano un effetto particolare, s’accendono e si spengono, non riesco a capirne il motivo.

Sembrano luci d’albero di Natale.

Devo richiamare Micaela, la mia giovane e simpatica maestra di computer, salterò un’altra lezione. È piacevole parlare con lei, é stata per un anno e mezzo in Florida per la sua tesi.

Domani sarò sottoposto allo “Studio Elettrofisiologico Endocavitario (SEE)”. È un esame che studia il sistema elettrico del cuore.

Consiste “nell’introduzione di alcuni cateteri attraverso la vena femorale e se necessario la vena succlavia. Le zone dove sono inseriti i cateteri sono l’inguine destro o sinistro (per la vena femorale) e la spalla sinistra sotto la clavicola (per la vena succlavia)”.

Per questo esame c’é stato il “consenso informato”. È una prassi secondo la quale il paziente accetta di essere sottoposto alla procedura diagnostica, dopo aver “letto e compreso” le notizie sui rischi e i benefici dell’esame.

Leggo che ci possono essere vari rischi, anche se molto bassi. Fra gli altri – un bel gruppo – riguarda le complicazioni cardiache. Tralascio la bradicardia, le aritmie ventricolari maligne e le embolie periferiche; mi soffermo invece sul versamento pericardio “di notevole entità causato da una perforazione delle pareti cardiache”. Esso “può causare conseguenze più gravi (tamponamento cardiaco, morte)”.

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Golgames

Bene, anzi male. Decido di scendere dalla nave al primo porto raggiungibile.

Torno a casa, voglio almeno regalare i miei libri, i miei attrezzi da campagna, le mie illusioni. Poi tornerò – é il caso di dire – a cuor leggero.

Non dovrò trovare il battelliere Ur Shanabi per essere traghettato all’altra sponda, come fece Gilgames cinquemila anni fa.

Come ho detto all’inizio, la nave c’é gia’. È grande, affidabile, é la F.B.F.

 

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