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Mercatino (nero) a Mosca

Ricordi di gioventù in Unione Sovietica
domenica 21 ottobre 2007 di Arturo Capasso



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Anch’io, come tanti altri studenti dell’Università che si ergeva imponente sui Monti Lenin (già collina dei passeri : Napoleone aveva assistito da quel posto all’incendio della capitale) di buon mattino mi avviai verso la Piazza Rossa, dove ci sarebbe stata la manifestazione del Primo Maggio.

Si andava tutti con passo spedito verso l’autobus 112, che arrivava in Piazza del Maneggio. Poi si prendeva la metropolitana e in un paio di fermate si era arrivati. Il movimento in quelle stazioni rutilanti di enormi lampadari e tirate a lucido ancora più degli altri giorni, era tutto in una direzione.

Appena si usciva da quelle stazioni che menavano alla Piazza, si trovava un grosso spiegamento di soldati che controllavano le transenne. Soltanto da quei posti ben delimitati si poteva assistere alla sfilata.

Le massime Autorità andavano sul palco a ridosso del Mausoleo e l’enorme Piazza era completamente vuota , mentre l’altra parte si stipava sempre più.

Eccoli.

Un enorme boato salutò l’inizio del discorso di Nikita Serghievic Kruscev. Lungo sventolio di bandierine innalzate da piccoli e grandi. E iniziava la parata militare, con enormi carri che trasportavano missili, orgoglio per il Paese e monito per gli avversari.

Tutti i corpi dello Stato erano qui a misurarsi in una gara di perfezione. Poi i vari, tantissimi “collettivi” di operai, contadini, atleti di tutte le discipline. Stretti stretti, con altissime bandiere.

Quante ore, durava la sfilata? Fino al primo pomeriggio, e a sera si riprendeva l’incontro nella stessa Piazza Rossa con orchestrine, balli, fuochi d’artificio.

La Pravda e le Izvestija avevano aperto con titoli di scatola e foto di gente semplice, anonima. Succedeva spesso: o foto di capi del Cremlino, quasi sempre del Segretario del PCUS, o volti sconosciuti, tratti dalla vita di ogni giorno.

Ero andato a quella manifestazione con l’amico genovese Carlo – anche lui borsista – la sua ragazza Irina e Ruth, sua conoscente. Questa aveva una lunga chioma nera e, purtroppo, una grossa carie al centro degl’incisivi superiori; disse di lavorare presso l’ambasciata cecoslovacca come addetta commerciale.

Rividi Ruth qualche giorno dopo, prima di tornare in Italia per le vacanze estive. Si disse felice che Carlo ed Irina stavano bene e mi pregò di salutarli.

Propose di rivederci il giorno dopo. – “Ruth, se ti capita, portami un bel samovar”.

E ci rivedemmo l’indomani; era un mattino piovoso, umido. Andammo a far colazione all’hotel Leningrado. Mi aveva portato un samovar antico, che pagai venti rubli. Era disposta a comprare qualcosa dall’Italia, giacché aveva un po’ di soldi e non sapeva come spenderli

Mi ricordai che un mio amico belga – Pierre Laguarde , anche lui alla M.G.U.-aveva ricevuto giorni prima una pelliccia di opossum, che apparteneva alla sorella ed era passata di moda. Gli avevano offerto seicento rubli, voleva qualcosa in più.

Chiesi a Ruth se era disposta all’acquisto e disse di si; le presentai poi Arianne, una ragazza francese che era in procinto di tornare nel suo Paese e voleva disfarsi del guardaroba.

Prese la pelliccia e due vestiti, dicendo che avrebbe telefonato dopo qualche giorno. Io venni in Italia, Pierre ed Ariane erano stati per dieci giorni al sud e Ruth non s’era fatta sentire.

Quando tornai, si disse contenta di venire all’Università per fare quattro chiacchiere; mi chiese se le avevo portato qualcosa, risposi che avevo un bel paio di calze in regalo.
- E la pelliccia e i vestiti?
- La pelliccia va un po’ grande e non la prendo, ma i vestiti vanno bene. Porterò i centodieci rubli pattuiti.

Con me era Pierre, gli suggerii di farsi restituire la pelliccia al più presto. Disse che aveva subito una operazione d’appendicite e perciò non aveva telefonato; fissò l’appuntamento per il giorno seguente.

Ma non venne. Trascorse una settimana e non si fece sentire.

Allora Pierre ed Arianna decisero di recarsi all’ambasciata ceca: non la conoscevano, non l’avevano mai vista.

Riuscii ad avere da Irina l’indirizzo privato di Ruth, che passai a Pierre, che si recò subito da lei.

Bussò varie volte, ma nessuno rispose. Un vicino gli disse che non c’era.

Pierre riferì quanto gli era successo ed aggiunse che sarebbe andato a denunziarla.
- E’ inutile; Ruth sta in prigione al nord, ci resterà almeno cinque anni Pierre rimase molto arrabbiato d’essere stato truffato.

- Almeno, gli dissi, hai fatto un’opera buona. Quella poveretta nei campi del nord avrà sicuramente bisogno della tua pelliccia.

Ma provavo un certo rimorso, perché ero stato io a presentarla.

In seguito conobbi armeni, georgiani, russi . Acquistarono l’impermeabile di nailon e quello di gabardine, il cappotto, i vestiti, le camicie, le scarpe, i pullover. C’era una fortissima richiesta di capi d’abbigliamento.

I compratori potenziali erano sempre e solo introdotti da qualche amico; bussavano, raccomandavano di chiudere la porta e di tenere la radio accesa, affinché gli altri non sentissero. Osservavano, trattavano.

E così l’impermeabile di nailon fruttò cinquanta rubli (settecento lire per un rublo),quello di gabardine novantacinque, il cappotto duecentoventi, gli abiti da quaranta ad ottanta, le scarpe venticinque al paio, i pullover trenta.

Utilizzavo quei rubli per rifornirmi di libri, manuali, dizionari, enciclopedie.

Ma non vorrei peccare d’ipocrisia. Quando si presentava l’occasione, andavo in qualche buon ristorante ed ordinavo con una certa disinvoltura dell’ottimo champagne georgiano, caviale, una zuppa di borsc fatta come si deve.

Cercavo di cogliere la congiuntura a me favorevole.

Era difficile cambiare i dollari; purtroppo c’erano state addirittura delle fucilazioni. Ci voleva molta circospezione.

Si era informati delle quotazioni da Leningrado, dove ogni giorno arrivavano turisti finlandesi, in gita sul Baltico, per la grande gioia di bere moltissimo a prezzi stracciati .Erano delle mini crociere bibendi.

Il cambiavalute di solito era uno studente o un impiegato che cercava di arrotondare il magro stipendio. Raccoglieva quattro/cinquecento dollari e li passava ad un grossista, che provvedeva a consegnarli direttamente agli interessati. Si trattava di grossi esponenti della nomenklatura o di artisti che dovevano recarsi all’estero ed avevano poca “valuta”.

Dovevano prestare molta attenzione alla frontiera. E perciò erano richiesti tagli da cinquanta o cento dollari, in modo da nasconderli – arrotolati- in una cravatta o in un pacchetto di sigarette o nella manica d’una giacca.

Quando chiesi ad un cambiavalute a chi desse quei soldi, rispose che erano per il suo “compagno” ministro.

Il povero giovane aveva un volto scarno, emaciato. Voleva fuggire in Occidente e ricordava spesso il tentativo di fuga vissuto da un suo amico. Aveva appena superato il confine sovietico e credeva di essere ormai in Finlandia. Fu chiamato da alcune guardie che gli rivolsero la parola in finlandese. Erano guardie russe, che lo catturarono e lo portarono in prigione.

Bisogna notare che oltre alla compravendita di oggetti ed indumenti stranieri, fatta con cautela e grande rischio, c’è una fitta rete di komissiònnij magazìn (magazzino per commissione) dove migliaia di sovietici si affollano per vendite ed acquisti. I negozi appartengono allo Stato e trattengono una percentuale di circa il venti per cento su ogni transazione.

A fine stagione si scorgono code lunghissime: tutti vogliono disfarsi del cappotto e degli abiti pesanti.

Riappare subdolamente la legge del mercato. I prezzi calano, dopo qualche giorno i gerenti rifiutano di prendere in consegna i capi.

A fine stagione si crea il movimento opposto e si perdono molte ore per trovare un capo decente, in buone condizioni e ad un prezzo ragionevole. Ma quanta pazienza, umiliazione e frustrazione.

Ci sono negozi di commissione per abbigliamento, elettrodomestici, apparecchi fotografici, oggetti di antiquariato. Pezzi da salotto, quadri, lampadari, divani, specchi. Attraggono piuttosto gli stranieri. I sovietici si accontentano di guardare, osservare.

Solo pochissimi - fra loro - hanno la possibilità di fare acquisti.

E sono sempre gli stessi delle categorie privilegiate: scienziati, artisti, alti esponenti del partito, del governo, delle forze armate.

 

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