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Ricordi, fantasie e lettere

Fra Marx e Gesù


martedì 4 settembre 2007 di Arturo Capasso



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Nel porto c’era un sole che mandava i suoi raggi caldi. Ecco, mi sono messo con l’auto proprio di fronte, per scaldarmi e attendere che passasse la mezzora per riprendere il lavoro.

Sul sedile posteriore c’era una copia dell’ ultimo Almanacco.

E’ un viaggio di alcuni giornalisti-scrittori nel secolo ventunesimo. Corrispondenze pensate, immaginate. Mi sono detto: e se avessi dovuto scrivere anch’io un pezzo? Ne sarei stato capace? Quale sarebbe stato l’argomento e quale il luogo?

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Andrei Sinjavskij

Forse perché il sole era abbastanza forte, mi sono appisolato e ho cominciato a dar corpo al mio pezzo.. Duemilacinquantotto, mese di luglio. Sono a Stoccolma, dove resterò alcuni mesi per studiare le condizioni di lavoro e il socialismo avanzato della Svezia.

Il primo impatto è una città ordinata, con un via vai di belle ragazze alte, bionde, sorriso accattivante. Già, cosa costa un sorriso? Niente, ed è così bello. Come ha scritto Sinjavskij: la neve è così bella e non costa niente.

Per alcuni giorni avevo alloggiato in un piccolo albergo e nella camera dormiva un ragazzo americano. Stoccolma Cominciavo a parlare, mi ascoltava e dopo poco non rispondeva: gli avevo cantato la ninna nanna.

Avevo una fistola alla gamba., già a Copenaghen mi faceva male. La febbre ed il gonfiore mi convinsero ad andare in ospedale. Era un vecchio edificio nel cuore di Stoccolma, dove operava il famoso professore Oliverkrona . Mi dissero che avrebbero dovuto anestetizzarmi e procedere all’incisione. Iniziò così il mio viaggio. Un viaggio di cui avrei dovuto dar conto dopo un secolo.

Ero su una collina, mi sembrava il Golgota. Su questo monte c’erano due uomini vecchi, con la barba lunga. Uno era Gesù, l’altro Marx. Gesù mi disse: tu devi cercare di fondere le due dottrine, voglio un comunismo cristiano, con la falce e la croce. Questa è la tua missione, non dimenticarlo.

Ero fiero di essere stato scelto, mi dichiaravo d’accordo e ben disposto. Oltretutto già a Londra avevo comprato un libro scritto da un gesuita che trattava lo stesso argomento. Oggi, duemilacinquantotto, sono stato convocato e Gesù mi ha fatto un vero processo.

- Allora, in tutti questi anni, cosa hai fatto?
- Lo sai benissimo, perché me lo chiedi?
- Hai ragione, diciamo allora: perché non hai fatto quello che ti chiesi?
- Anche a questa domanda potrei rispondere che tu lo sai. Ma non c’entra. So bene che c’era e c’è il libero arbitrio e che quindi è tutta colpa mia se non ho agito come avrei dovuto. All’inizio ero pieno di entusiasmo, mi preparai a dovere, studiai il russo cinque ore al giorno, rimasi un anno a Mosca per capire. Frequentai chiese, gruppi, scrittori, poveri cristi. Era difficile unire la falce e la croce. Quelli che avevano la falce erano costretti a stare anche col martello. Soffrivano, tiravano a campare. Non c’era speranza. Quelli che vivevano all’ombra della croce non volevano sentire, s’erano persi strada facendo.
- Questo, questo era il tuo compito: la forza d’una falce e l’idea d’una croce. Certo, non era semplice. Ma dovevi provarci.
- Gesù, non esageriamo. Io ho cercato, ma è vero pure che ho cercato poco, sempre meno.
- E poi?
- E poi ho perso il sentiero. Sono andato per strade che non portavano da nessuna parte. Ogni volta mi chiedevo: dove vado? Ma il quesito me lo ponevo sempre più raramente. E fu la fine.
- Bravo Arturo. Anzi, malissimo. È passato un secolo, vuoi riprovarci?
- Con il peso degli anni, con gli acciacchi, senza entusiasmo e con tanti pensieri?

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Marina Tsvetaeva

- Pensieri, pensieri. Ma credi che non sappia che vuoi partecipare all’incontro dedicato alla croce e vuoi tirare in ballo Feuerbach?
- Sì, a trentasette anni scrisse “L’Essenza del cristianesimo”. Era tutto falso. Dio non esisteva, era una nostra proiezione.
- Allora hai la testa dura., metti ancora in dubbio l’esistenza di mio Padre.
- Non dire così, Gesù. Io quando mi trovo in difficoltà ripeto il pensiero di Marina Tsvetaeva: “Che cosa si può dire di Dio? Nulla. Che cosa si può dire a Dio? Tutto”.
- Arturo, mi scoraggi. Non hai fede, non hai carattere. Devi solo tornare a Stoccolma a lavare le gamelle.

Certo è che il cinquantotto sta acquistando - almeno per me - un significato strano, quasi magico. Ieri mio nipote Raffaele m’ha lasciato una lettera arrivata nella mia vecchia casa di Santa Lucia. Veniva dall’Australia. La busta aveva verso il basso e nel retro disegni di pavoni in libertà e al centro il panda del WWF. Dei tre francobolli due erano riservati alla natura - alberi e rane - un terzo a suor Faustina. In fondo, benedicente, l’immagine di Gesù. Apro la busta con una certa curiosità: non ho amici da quelle parti. C’è una cartolina con la Natività e gli auguri per l’anno del Giubileo.

E poi una lettera: “Caro Arturo! È con 42 anni di ritardo che ti ringrazio di essere stato una guida così esperta ed amichevole per il nostro gruppo di Parigi dell’aprile 1958, durante il viaggio in Italia. In tutti questi anni ho desiderato scriverti. Se questa lettera ti raggiunge, ricorda la “piccola” signora sudafricana in quel gruppo. (c’erano americani, francesi, scozzesi ecc.). Se pensi di venire in Australia in qualsiasi momento, ti prego di metterti in contatto. Mi piacerebbe avere tue notizie. Sono felicemente sposata con David Yorkun , ufficiale da poco in pensione. Ti saluto sinceramente, con i migliori auguri del Giubileo del 2000”, Peta”.

In quel lontano ’58 feci per un certo tempo l’accompagnatore turistico. Erano viaggi nelle “villes d’art”. Gli spostamenti avvenivano con treni lenti, gli albergatori mettevano gli ospiti in camere da tre o quattro letti. Si parlava, si parlava sempre, fino al mattino. Ognuno aveva la sua esperienza, il suo mondo. La conversazione si riscaldava quando c’erano africani e francesi, indiani e inglesi, le rivendicazioni di libertà, gli attacchi pungenti al colonialismo

Cara Peta, ti ringrazio che ti sei ricordata di me, dopo tanti anni. Come hai fatto a conservare l’indirizzo? Sì, mi piacerebbe venire a trovarti e sarebbe interessante “ripescare” tutti gli altri del gruppo. Com’è andata la vita in questi quaranta anni? È stata generosa o tiranna? Giusta o ingiusta? E noi, siamo cambiati?

Quel volto di Gesù riprodotto su un francobollo di una lettera inviatami dall’altra parte del continente da una signora conosciuta tanti anni prima somigliava – in modo estremamente sorprendente- a quel volto della collina , accanto a Marx.

 

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