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LA FESTA DELLA REPUBBLICA E LA PARATA MILITARE DELLA DISCORDIA


mercoledì 5 giugno 2019 di Sandro Meardi

Argomenti: Attualità


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Il 2 giugno, lo abbiamo ricordato su queste pagine anche lo scorso anno se ce ne fosse stato bisogno, è la festa di tutti gli italiani.

E’ stata celebrata, come sempre, nel suo momento più significativo, con la Rivista Militare delle Forze Armate lungo i Fori Imperiali di Roma, a rimarcare la saldezza delle istituzioni repubblicane nelle mani di chi, con la formula del giuramento militare, si è impegnato a difenderle con disciplina e onore.

Un giorno solenne; il più importante per la Patria tutta; un giorno sul quale, però, le dispute politiche hanno finito con il gettare il seme amaro della discordia.

E’ sul finire di gennaio di quest’anno, a pochi mesi dall’insediamento del Governo, cosiddetto giallo-verde, che intorno alla gestione del Comparto Difesa iniziano a serpeggiare i primi malumori.

Da via XX Settembre, ove è stato nominato il nuovo Ministro, nella persona di Elisabetta Trenta (M5S) è annunciato che nell’arco temporale di 12 mesi avverrà il totale ritiro del contingente italiano dall’Afghanistan che opera in quella martoriata regione da 17 anni a questa parte, insieme agli alleati della NATO, dietro mandato ONU.

I malumori si accentuano, quando il nuovo Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione, Enzo Moaveri Milanesi, prontamente interpellato dagli organi di stampa, fa sapere da Gerusalemme, dove è in visita istituzionale in quel momento, di non saperne nulla.

Il malumore si trasforma in sconcerto. Mai si era vista tanta approssimazione nell’assumere e divulgare una decisione così importante. Non soltanto perché la decisione sarebbe stato più che opportuno prenderla collegialmente con il responsabile della Farnesina, quanto per il fatto che ad esserne all’oscuro potessero essere anche gli alleati.

Soprattutto perché, nella malaugurata ipotesi che così fosse, come tutto lasciava presupporre, una siffatta decisione, giusta o sbagliata che sia sul piano della politica estera e di difesa nazionale, pone non poche criticità sul piano operativo, ad iniziare dalla sicurezza ed incolumità dei nostri soldati da richiamare in Patria.

Il silenzio poi, da allora ad oggi, è calato sulla vicenda dopo le rettifiche del caso lasciando, almeno così ci si augura, che ad occuparsene fossero gli addetti ai lavori senza più alcuna visibilità politica, che però non ha tardato ad essere trovata altrove; diciamo su tematiche più leggere, ma non meno allarmisticamente avvertite da chi ha intrapreso la professione delle armi per servire il proprio Paese.

Nascono così, dal Dicastero di via XX Settembre, le prese di posizione favorevoli alla sindacalizzazione del personale delle Forze Armate; poi c’è la conferma, quanto meno impropria, del loro impiego in funzione antiterrorismo nelle strade delle patrie città e, dal momento che già sulle strade ci sono, anche il loro servigio di tappare l’ endemiche voragini di Roma, giustificato dal carattere di emergenza.

In certi Decreti del Governo, corretti nottetempo, come appunto quello per fronteggiare le buche di Roma, con lo spuntare della parola magica dell’emergenza, l’Esercito si trasforma nel tuttofare alla bisogna. Persino raccogliere l’immondizia per le strade, come avvenuto qualche anno fa a Napoli.

Eppure, tutto ciò ancora non è sufficiente a snaturare agli occhi dell’opinione pubblica lo strumento militare e i suoi uomini. Già in occasione delle celebrazioni del 4 novembre 2018, per ricordare il centenario della vittoria durante la prima Guerra Mondiale, si assiste alle prime avvisaglie del “nuovo” corso alla Difesa. Un video già realizzato per mostrare le capacità operative delle Forze Armate italiane, impiegate nei vari teatri operativi all’estero, viene ritenuto troppo militare.

Si vedono soldati sparare, ad esempio, durante il recupero di feriti sul campo di battaglia (già! Cos’altro, in primis, dovrebbero saper fare dei soldati?) e ne viene divulgato un altro, prontamente definito con ironia, da alcune alte gerarchie militari della riserva, adatto per la festa della mamma.

Il dissenso, insomma, all’interno e fuori del Governo sulla politica militare perseguita dall’Esecutivo, con il passare del tempo, sembra seguire le stesse sorti delle altre strategiche tematiche, che pure sono alla base del Contratto stipulato, a garanzia della sopravvivenza del Governo stesso lungo tutta la durata fisiologica della legislatura.

Qualcosa però si è inceppato tra i due schieramenti. Sicuramente la recente campagna elettorale per le europee, è stata decisiva nell’approfondire il solco, diciamo pure ideologico, che caratterizza le due forze di maggioranza.

Tuttavia sarebbe auspicabile, anzi indispensabile, che almeno le Forze Armate rimanessero fuori dall’agone politico e invece, proprio in occasione della più importante cerimonia per celebrare la festa della Repubblica, non si trova di meglio che titolare e dedicare anche la Rivista Militare del 2 Giugno, al tema dell’inclusione.

Molti, tra i quali chi scrive, si sono chiesti cosa c’entri, al di là di una provocazione politica mirata, inopportuna e starei per dire deliberatamente divisoria, il tema dell’inclusione con le Forze Armate. Molti altri, tra i quali il Ministro dell’interno, nonché ex Capi di Stato Maggiore della Difesa, hanno annunciato persino la loro, seppur sofferta, assenza.

Magari chissà, ci siamo detti, forse ci sfuggono le politiche di reclutamento allo studio per l’arruolamento e la conseguente inclusione nelle Forze Armate di rom e migranti ai quali, da par suo, il Presidente della Camera ha dedicato la Parata Militare del 2 Giugno.

 

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