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Via Mezzocannone


sabato 15 settembre 2007 di Arturo Capasso



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Salire per Mezzocannone mi fa sempre un certo effetto. Ci sono tanti ricordi

Uscivo dall’ Università centrale, che non si chiamava ancora Federico II e andavo all’Istituto Orientale, dove frequentavo il corso di russo tenuto dalla Bogdanova e da Pacini.

Quando feci l’esame del primo anno e proposi alla Bogdanova di parlare russo, mi disse che dovevo parlare in italiano, come era previsto . Invece il professore Pacini aderì di buon grado al mio desiderio e mi liquidò con un bel trenta.

In quel corso c’era una ragazza molto truccata, coi capelli ossigenati; non era brillante e la persi di vista, strada facendo.

Un giorno, tornato da Mosca, la incontrai da quelle parti, verso Mezzocannone.

Fu lieta di rivedermi e mi disse che – se avessi avuto bisogno di Leone - lui sarebbe stato ben lieto di accontentarmi.

Mi chiesi come fosse stato possibile questo salto di qualità per la mia modesta collega. Venni a sapere che la crisalide si era trasformata in farfalla, svolazzando intorno al Leone . Potenza delle risorse umane.

Nella piazzetta dell’ Istituto Orientale sorge una piccola libreria, dove mi sono recato per la seconda volta. Si chiama Perditempo.

Ma l’ho trovata chiusa e mi sono detto: Vuoi vedere che questi, invece di perdere tempo qui, sono occupati altrove? Ho chiesto notizie all’indaffarato giovanotto del bar vicino, che mi ha risposto – mentre posava una tazza, preparava un piattino, spostava un bicchiere e porgeva un cornetto, che sarebbero arrivati fra poco.

Ho ingannato l’attesa facendo ciò che non avrei dovuto: Un bel peccato di gola.

Da un paio di giorni sto sotto rigidissimo controllo e mangio solo verdurine e bevo brodini. Mi sono spinto nella salumeria all’angolo, ho additato una bella pagnotta e ho detto che ne volevo un cozzetto con una fetta di provola.

Il giovanotto ha fatto presente che non poteva tagliare la pagnotta e mi ha proposto una rosetta. C’ è una bella differenza. Tu il cozzetto te lo senti tutto friabile, dal primo all’ultimo boccone, soprattutto alla fine, mentre una rosetta è amorfa, senza fantasia.

E perciò ho detto che avrei comprato il pezzo intero, lui ne avrebbe tagliato una parte, e l’altra se la sarebbe trattenuta.

Ha tagliato, ha tolto la mollica, ha inserito prima delle melanzane sott’olio – come da me indicato – la bella fetta di provola, un pizzico di pepe. Doppia carta, colazione pronta ad essere gustata. Aveva intuito il mio desiderio.

Un innocente cozzetto con della provola e melanzane può infondere un senso di colpa? Penso proprio di sì, se bisogna seguire una dieta, altrimenti si spezza il processo metabolico e i benefici vanno alla malora.

E’ vero, provavo un senso di colpa, ma la voluttà con la quale addentavo quel pane e il gusto che ne provavo mi davano una certa , se pur lieve, emozione: la trasgressione si stava trasformando in piacere.

Il giovanotto addetto alla piccola salumeria non aveva il resto di dieci euro.

Un ragazzo è andato in giro a cambiare. Nel frattempo, mi ha chiesto da dove venissi, se ero in pensione. Quando gli ho risposto che il mio mestiere è di scrivere, si è messo a parlare dei fatti suoi. Un fitto alto, di oltre milleduecento euro a mese; devono mangiare lui, la moglie e un figlio .I clienti sono per lo più studenti, che non hanno molte possibilità. Anche il vino ha un prezzo basso, per ovvi motivi.

Entra in quel momento uno studente pachistano e chiede delle uova.

Vedendolo mentre ritira la piccola confezione, racconto ciò che mi rispose un conoscente indiano vegetariano, al quale avevo chiesto se mangiasse uova. Lui rispose : mangio solo uova di galline felici.

Per lui, le galline felici erano quelle che razzolano liberamente.

Ma adesso bisognerebbe cambiare atteggiamento, giacché le galline felici possono essere vittime proprio della loro libertà, con infezioni che viaggiano in tutti i cieli.

Mi avvio col cozzetto verso la libreria.

Ecco, Alfonso con il suo amico è appena arrivato. Apre la bottega, entra un uomo che aspettava, finisco di mangiare ed entro pure io. Alfonso è molto cordiale e siede dietro un piccolo bancone che funge anche da cassa.

Ci sono libri nuovi e vecchi, cercati con un interesse verso scritti di filosofia, dottrina politica, viaggi. Non manca qualche libro di fiabe. E poi c’è un’abbondanza di compact: musica jazz, canzoni, autori noti e meno noti.

Dopo aver preso un bel caffè, porgo ad Alfonso un pezzo apparso su napoli.com, Agenzia Radicale , il Brigante e il Pungolo: E’ dedicato a Roberto Saviano e al suo viaggio alla tomba di Pasolini. Consegno anche la copia in russo, l’articolo è apparso sulla Nasha gazieta di qualche giorno fa.

Di fronte, seduto accovacciato, noto lo stesso giovane della prima volta, che è entrato in libreria con Alfonso.

Ha lunghi capelli scuri, lunga barba, occhi vivaci. Deve avere una trentina d’anni e mi colpisce il fatto che è seduto e parla a mezza voce, con lo sguardo fisso.

Ma con chi sta parlando? Porta avanti un discorso che sta fra la polemica e la ricerca sociologica, filosofica, religiosa.

La cosa m’intriga e gli chiedo se possiamo parlare un po’.

Si dice d’accordo, anzi ne è lieto .

Usciamo, chiarisce subito che il parlare a mezza voce non significa affatto non stare bene, ma che è un metodo appreso con anni ed anni di studi e meditazioni anche in luoghi lontani, come sull’Himalaja.

C’è il disagio dei nostri giorni, del mondo che non gira come dovrebbe, c’è il richiamo al Dio unico delle grandi religioni, c’è un mondo che non sa o non vuole prendersi le responsabilità di cambiare.

 

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