https://www.traditionrolex.com/30 I Franchi nel secolo VIII a San Genesio nelle Marche?-Scena Illustrata WEB

INFORMAZIONE
CULTURALE
Aprile 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7689
Articoli visitati
5233630
Connessi 19

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
19 aprile 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL
JPEG - 56.5 Kb
Facciata della Colleggiata

I Franchi nel secolo VIII a San Genesio nelle Marche?

Il Piceno era terra dei Franchi, di Pipino il Breve e di Carlo Magno?
sabato 3 settembre 2016 di Luciano De Vita

Argomenti: Storia
Argomenti: Turismo


Segnala l'articolo ad un amico

Che nella Collegiata di San Ginesio nelle Marche in una formella murata le figure siano state attribuite a Pipino il Breve e a sua moglie, genitori di Carlo Magno, pone molti interrogativi. Cosa ci facevano i Franchi nell’Italia Longobarda, in particolare Pipino il Breve? In questo articolo cerchiamo in sintesi di esaminare alcuni aspetti del Medioevo, secondo la tesi del Prof. Carnevale ed altri autorevoli studiosi del luogo, in contrapposizione alla storia ufficiale dei Pipinidi/Carolingi.

Questo articolo costituisce il seguito dell’articolo di Guido Raganato sulla storia del borgo.

La maggior parte di noi ha imparato che i Pipinidi, poi detti Carolingi, erano maggiordomi (o maestri di palazzo, ossia una sorta di primi ministri in termini funzionali) dei deboli regnanti franchi Merovingi e che questi nel giro di un paio di secoli hanno spodestato, sostituendola, la dinastia merovingia.

Per capire qualcosa occorre farsi una idea dell’evolversi della situazione nell’area interessata e cercare di avere presente il quadro d’insieme.

JPEG - 32.7 Kb
Regni Franchi sotto i Meroving

Alla morte di Clodoveo (511) il regno dei Franchi che comprendeva buona parte della Gallia, esclusa la Provenza, la Gallia Narbonense, e il regno dei Burgundi, era stato diviso tra i 4 figli in vari regni tra cui l’Austrasia nella parte nord-est, la Neustria nella parte centro-occidentale, l’Aquitania a ovest verso i Pirenei e la Borgogna nel centro-sud. Ma i confini erano variabili a causa della morte dei sovrani, dei loro eredi e delle continue battaglie di espansione fra loro, nonché dalla debolezza dei regnanti merovingi in carica.

La famiglia dei Pipinidi di Austrasia aveva il suo centro nelle regioni della Mosella e del Reno, che furono più tardi il centro politico del futuro impero carolingio con la città di Aachen in italiano chiamata Aquisgrana.

Pipino di Heristal, dal 680 maestro di palazzo di Austrasia aveva acquisito il controllo anche dei regni di Neustria e Borgogna, era il vero sovrano dei Franchi, alla sua morte (714) aveva designato il figlio Carlo Martello a succedergli nella sua funzione. Ma…la moglie di Pipino, Plectrude, di cui Carlo non era figlio, lo considerava illegittimo per proteggere il suo figlioletto di 6 anni Theotebaldo come erede legittimo, pertanto preso il potere lo fece prigioniero e lo esiliò lontano. Altri regni dei Franchi però non furono d’accordo e si rivoltarono. Carlo Martello evaso (715) cercò di ricostruire il suo dominio sui Franchi e con varie battaglie nel 719 riuscì ad ottenere una pacificazione relativa. Quindi dal 720 al 738 conquistò tutta l’Allemania e l’Austria, nonché i Paesi Bassi

Ad ovest in Spagna dal 711 il governatore saraceno dell’Andalusia dominava tutta la penisola iberica e perseguiva l’espansione al di là dei Pirenei. Nel 725 già padroni della Linguadoca, arrivarono quasi alla valle del Rodano. In questa espansione furono contrastati dal duca di Acquitania. Il quale nel 732 dovette chiedere l’aiuto a Carlo che a Poitiers riuscì a bloccare i saraceni e prese il soprannome di Martello per la durezza dimostrata nelle battaglie. Ormai definitivamente comandante di tutti i Franchi con l’occasione riformò completamente la struttura dell’esercito rendendolo di soldati professionisti con una cavalleria permanente costituita dai vassalli a cui aveva assegnato terre sia dei latifondisti che della chiesa, gettando le basi del feudalesimo poi completato da Carlo Magno. Carlo Martello è morto nel 741

Per la cronaca solo nel 759 Narbonne fu conquistata agli arabi dal figlio Pipino il Breve.

JPEG - 64.3 Kb
L’espansione dei regni Franchii fino all’impero corolingio
JPEG - 11 Kb
Pipino il Breve

Dalla storia ufficiale sappiamo che Pipino il Breve era nato a Jupillle nel 714, secondogenito di Carlo Martello e che divenne re dei Franchi solo nel 751, dopo che aveva spodestato l’ultimo re merovingio (Childerico III) di cui era insieme al fratello maggiore (Carlomanno), Maestro di Palazzo, dalla morte del padre.

Tale operazione fu compiuta in accordo con la chiesa di Roma, per la quale Pipino aveva già riorganizzato la chiesa delle Gallie (concilio di Leptines, 743, e di Soissons, 744). Quindi Pipino con due spedizioni in Italia (754 e 756) contro i Longobardi sottrasse loro l’esarcato di Ravenna e la Pentapoli, che donò al papato e che hanno costituito l’embrione degli Stati Pontifici (donazione di Pipino, 756).

Vero fondatore della dinastia, Pipino il Breve preparò largamente l’opera del figlio Carlo Magno, suo successore. Dalla cartina si possono chiaramente vedere le conquiste dei Franchi nel tempo.

La salma di Pipino il Breve giace a Saint-Denis insieme a tanti sovrani francesi, dove morì ufficialmente il 24 novembre 768.

GIF - 36.9 Kb
L’Italia ai tempi di Liutprando

Fin qui la sintesi della storia ufficiale, ma a San Genesio abbiamo avuto la fortuna di incontrare il prof. Giovanni Carnevale, autore assieme ad altri della pubblicazione “IL RINVENIMENTO DELLE SEPOLTURE DI PIPINO IL BREVE E DI SUA MOGLIE BERTA NELL’ATTUALE COLLEGIATA DI S. GINESIO” (Fonte 1) il quale ritiene che molte cose siano andate diversamente, appoggiato in questo dalla analisi dei documenti dell’epoca e dal parere di altri studiosi quali Alberto Arecchi (Fonte 2).

JPEG - 6.8 Kb
Prof. don Giovanni Carnevale

Per comprendere questa tesi occorre avere presente la situazione dell’Italia peninsulare agli inizi del VIII sec., dove i Longobardi regnavano da oltre un secolo sull’Italia Settentrionale e buona parte della centrale e meridionale con i loro ducati di Spoleto e Benevento. Come è evidente dalla cartina una piccola fascia tra Roma e Ravenna divideva il regno longobardo in due parti. Il Papato controllava una zona limitata intorno a Roma e i Bizantini un residuo delle terre dell’Esarcato intorno a Ravenna, ma i confini erano continuamente contesi e variabili tra i tre contendenti, che talvolta mediavano anche tra loro.

All’interno del Ducato di Spoleto dal 680 si stava espandendo il più grande monastero longobardo, l’Abbazia di Farfa dove vivevano all’inizio del secolo eminenti personaggi franchi, tra cui Tommaso di Morienna l’abate e Marciano vescovo di Fermo nelle Marche.

JPEG - 4.7 Kb
Tommaso di Morienna

Una curiosità: all’epoca si legge nelle cronache che per liberarsi di un padre o fratello regnante o duca indeciso o comunque scomodo e non gradito dal potenziale successore, questi trovava il modo di farlo racchiudere in un monastero, questi luoghi dovevano essere luoghi ben frequentati! Questa sorte è toccata anche a Carlomanno, fratello maggiore di Pipino, così come a vari duchi di Spoleto.

JPEG - 172.5 Kb
La valle del Cienti nel Piceno
Cliccando sulla mappa si ingrandisce e si vede la posizione di San Ginesio.

Finalmente siamo arrivati nel Piceno, dove nel nord la diocesi di Pausulae nella Valle del Chienti era pressoché spopolata e dove era ancora nota una fonte termale dedicata al dio locale Granno (aquas Grani o aquas salvias), documentata come frequentata anche dall’imperatore Caracalla.

Il prof. Carnevale e compagni, sostengono in sintesi che all’inizio del VIII sec. in questa zona del Piceno confluirono e si insediarono i profughi Aquitani cacciati dalle loro terre dagli arabi, ospiti del ducato di Spoleto e dei Longobardi, contando sulla ospitalità e protezione degli eminenti conterranei Franchi che governavano il territorio ed erano interessati a ripopolare la regione.

In questo luogo così lontano dall’Austrasia, Plectrude la moglie del padre, sempre secondo Carnevali, pensò di esiliare Carlo Martello e la sua famiglia che qui giunse nel 714. Senza indugi Carlo Martello si fece carico del disagio e del rancore dei profughi aquitani e stabilì rapporti di amicizia con Liutprando, re dei Longobardi dal 712.

JPEG - 19 Kb
Copertina del libro di Carnevale
Pubblicato dal Comunie di San Ginesio

Cominciò quindi ad assegnare le terre incolte ai profughi ed a organizzare un esercito con il principio che i nuovi proprietari terrieri fornissero guerrieri equipaggiati a tempo pieno e quindi un esercito addestrato e sempre disponibile.

Già dopo un solo anno fu pronto ad andare nelle Gallie a sfidare la matrigna, allearsi con i suoi nemici e a combatterla, con il suo esercito di esuli Aquitani e nel 717 riuscì ad allontanare Plectrude e impossessarsi del tesoro, riprendendo così il suo ruolo di “maggiordomo” del re merovingio, ossia governatore del regno.. Le campagne di guerra si facevano nella stagione estiva, mentre in quella invernale ci si ritirava a “casa” nel dolce Piceno, dove le famiglie prosperavano.

Pipino il Breve nacque ad aquas Grani nel 714 o 715 dalla moglie Rotrude e fu preso sotto la protezione del re Longobardo Liutprando che nel 735 presso la corte di Pavia lo presentava come figlio adottivo (forse ostaggio diplomatico?).

La valle del Chienti prosperava e si arricchiva di nuove chiese e abbazie franche fondate dall’abate di Farfa. Costituiva un luogo sicuro dove l’esercito franco di Carlo passava gli inverni e si preparava per le campagne estive in Gallia.

Da notare che all’epoca non era in uso la parola Francia per indicare i regni franchi in Gallia, i quali avevano nomi distinti, così che venne in uso la parola Francia per indicare quell’angolo del Piceno, un tradizione che rimase per secoli, anche per lo sviluppo che fu dato a quel territorio da Pipino il Breve e poi da Carlo Magno. La madre di San Francesco veniva dalle Marche ed era detta francese, così come il padre Bernardone andava a commerciare in Francia, scendendo nelle valli verso l’Adriatico, anche con lo stesso figlio.

L’accordo tra Carlo Martello e Liutprando cominciò a incrinarsi intorno al 738-739 quando quest’ultimo, intervenuto a fianco del Franco in Provenza contro i Saraceni, si accorse del grande potere che questi esercitava in Gallia, mentre era suo suddito in Italia e quale potenziale pericolo ciò poteva essere per il suo regno. Non ci furono particolari azioni anche perché Carlo Martello morì nel 741 e fu sepolto nel Piceno sotto l’altare che il Carnevali individua con la chiesa di San Ginesio, chiamata dai Franchi Saint Denis. Nel 744 morì anche Liutprando e la successione fu difficile, con ovvio indebolimento del regno.

I Franchi erano stanziati nel Piceno ormai da più di 30 anni e sicuramente si sentivano padroni del territorio, per cui sia il re Longobardo che il Papa cominciarono a tramare per ridurli nuovamente a sudditi, ma Pipino il Breve seppe muoversi con il papato meglio, per cui conquistò ai Longobardi l’esarcato di Ravenna e lo donò come promesso al Papa (donazione di Pipino del 756, di cui è stato accennato precedentemente; vedi anche deposizione del re merovingio Childerico).

Pipino il Breve e sua moglie Berta, nonché i loro discendenti, furono consacrati re dei Franchi il 14 aprile 754 dal Papa Stefano II in Saint Denis, (la attuale Collegiata di San Ginesio sempre secondo il Carnevali).

Pipino il Breve nel 768 si ammalò in Gallia e volle ritornare alla sua abbazia di Saint Denis, dove era stato educato, e dove voleva essere sepolto ante limina basilicae sanctorum martyrum come risulta da una lettera del nipote Ludovico il Pio. La formella murata nella chiesa doveva essere parte della stele funeraria con l’iscrizione citata che è andata perduta. Un’indagine geofisica commissionata sembra abbia confermato la presenza di una sepoltura che il Prof. Carnevale ed altri ritengono sia di Pipino il Breve e della moglie Berta. Tutto qui? Rileggendo la mia sintesi, noto che ho cercato di sintetizzare la sequenza di alcuni eventi storici, ma ho citato molto poco le prove documentali che Carnevale e Allegri portano sulla “prima Francia” nel Piceno che è la parte essenziale di questa tesi. Le tre fonti principali (vedi Fonti 1, 2, 3) sono comodamente consultabili su internet e sono invece molto convincenti e rendono questa storia particolarmente credibile.

JPEG - 43 Kb
Carlo Magno

Il re Carlo Magno dopo aver conquistato e messo fine al regno Longobardo (774), nel 776 ha fondato la sua capitale ad Aquas Grani, che nessuna prova storica, secondo i nostri autori, corrisponde ad Aachen nella Renania tedesca. Altrettanto dopo l’anno 800, anno in cui il 25 dicembre è stato unto Imperatore del Sacro Romano Impero d’Occidente dal papa Leone III, ha fondato una “nuova Roma” capitale dell’impero romano non lontano da Aquas Grani, sempre nel Piceno. Nel testo di Allegri (fonte 2) sono documentate molto chiaramente le tracce archeologiche e architettoniche. Lo spostamento della sede carolingia ad Aachen è avvenuta secoli dopo dal Barbarossa (1122-1190) con la translatio imperii dall’Italia alla Germania, quando serviva dare origine illustre alle nuove dinastie imperiali.

Tra le altre tante cose citate c’è la documentazione di terremoti registrati che escludono che Aquisgrana potesse trovarsi a nord delle Alpi. Le fonti storiche citano terremoti nell’803, 814, 823, 829, mentre Aachen, come tutta la Germania, non è zona di particolare rilevanza sismica, mentre per il Piceno è una cosa tristemente nota.

Non resta per concludere che citare testualmente il prof. Arecchi (Fonte 2):

A Natale dell’800 Carlo Magno fu incoronato imperatore a Roma, a marzo dell’801 era ad Aquisgrana, nell’aprile era a Spoleto. Non poteva dunque essersi allontanato dall’Italia.

JPEG - 7.8 Kb
Prof. Arch. Alberto Arecchi

Le rovine del Palazzo di Carlo Magno in Val di Chienti erano ancora visibili nel 1550, quando Andrea Bacci, noto archiatra di Sant’Elpidio a Mare, scriveva che nella piana del Chienti “si vede ancora una parte d’un palazzo da campagna antico, che fino al dì d’oggi dalla memoria di sì gran fazione è chiamato il Palazzo di Re Carlo”.
Vidukind (II,1) scrive che Aquisgrana era nei pressi di Julum. La storiografia tedesca ha identificato tale località con Jülich, ma in Val di Chienti c’è un centro che anticamente rispondeva al nome Julum ed oggi si chiama Giulo. In Val di Chienti, a pochi chilometri da Macerata, si trova la chiesa di San Claudio, oggi chiamata abbazia per i suoi numerosi possedimenti. Un unicum per le sue caratteristiche architettoniche, che corrisponde alla basilica d’Aquisgrana vista da Vidukind nel 936 e da lui descritta con ricchezza di particolari. Secondo Carnevale questa chiesa era la vera Cappella Palatina, costruita per Carlo Magno nella famosa Aquisgrana.
_ Notker, che vide Aquisgrana, afferma che un terrazzo girava intorno alla cupola centrale della Cappella Palatina, come si può vedere ancora oggi nella chiesa marchigiana di San Vittore alle Chiuse, ispirata all’architettura di San Claudio.

Si può credere a queste ipotesi oppure no, ma tutta questa storia per me è affascinante e mostra quanto poco sappiamo del nostro passato, in epoche così dette “oscure” benché siano abbondantemente documentate. Il problema a mio avviso riguarda la interpretazione dei documenti scritti e archeologici. Se qualcuno è interessato a farsi una idea più precisa, basta che legga almeno le fonti citate reperibili su internet.

Ma queste storie non finiscono qua!

Il Prof. Carnevale (assieme a Domenico Antognazzi) ha presentato il 9 aprile 2016 un nuovo libro: IL PICENO DA CARLO MAGNO A ENRICO I - si aprono prospettive per la comprensione del Seculum Obscurum: uomini, luoghi, eventi riemergono da un oblio millenario (Edizioni SIMPLE 2016) (ISBN 978-88-6924-179-6 € 18,00) sotto l’egida del Centro Studi San Claudio al Chienti.

JPEG - 10.1 Kb
Il nuovo libro di Carnevale

Questa la breve presentazione:
Traduzione del primo libro di Widukind “Rerum Gestrum Saxonicarum – libri tres“. […] Ci rendiamo conto che la traduzione del primo libro di Widukind darà luogo a molte perplessità tra gli studiosi. Ci si accusa, da chi non ha seguito passo passo la ricerca, che a volte, le notizie da noi fornite non sono correlate con le fonti. E’ un pregiudizio che non possiamo distruggere con le parole, ma assicuriamo il lettore che le notizie dell’epoca carolingia nel corso della ricerca sono state sistematicamente affiancate dalle relative fonti […]. In quest’ultimo lavoro in cui affrontiamo l’esistenza di una Sassonia in Italia, sarà quanto ha scritto Widukind a costituire la fonte necessaria a fondamento della nostra opera. Prima di noi nessuno ha, non diciamo presentato, ma solo pensato ad un Piceno altomedievale sede del papato e in cui convissero in contrapposizione ma in modo sostanzialmente pacifico le etnie dei Longobardi, Franchi, Romani e Sassoni, tutti rispettosi del prestigio papale e dell’unità religiosa conferita loro dal passaggio al cristianesimo. Su questo mondo altomedioevale la storiografia ha lasciato cadere una pesante coltre di oblio secolare, ma sono ormai maturi i tempi per delineare il vero volto dell’alto Medioevo piceno e quindi dell’intera nascente Europa.

Quando avrò l’occasione di avere questo libro ne riparleremo. (LDV)

FONTI

1 - Carnevale Giovanni; Scoccianti Giovanni; Graziosi Marco

JPEG - 4.5 Kb
Copertina del libro di Carnevale

L’Europa di Carlo Magno nacque in val di Chienti, (Francs-Editeurs 2009)

In internet si trova il testo in italiano edito dal comune di San Ginesio, con il titolo inglese in formato PDF scaricabile.

“THE DISCOVERY OF THE BURIAL PLACE OF THE PIPPIN THE SHORT IN SAN GINESIO (ITALY)”

2 - Alberto Arecchi “DOV’ERA REALMENTE AQUISGRANA”
La vera capitale di Carlo Magno?

3 - CENTRO STUDI SAN CLAUDIO al CHIENTI (Questo documento riporta alcuni stralci salienti del libro di Giovanni Carnevale e C.)

Per ricordare i 1300 anni dalla nascita della "Prima sedes Franciae" nel 715, pubblichiamo stralci di un libro del prof. Carnevale

4 - Vale la pena di citare il breve testo trovato qui:
CARLO MAGNO - Gli amici del prof. Giovanni Carnevale
L’Europa di Carlo Magno affonda le radici nella Valle del Chienti

L’Italia si conferma uno scrigno ricolmo di tesori e di storie inaspettate, che la rendono unica al mondo. Capita di passeggiare nella verde valle del Chienti, a poca distanza dal paese marchigiano di Corridonia, e imbattersi in una chiesa romanica intitolata a San Claudio che cela un affascinante mistero. Una lapide posta al suo interno ne svela i contorni. È scritta in latino, e recita testualmente: “Sub hoc conditorio situm est corpus Karoli Magni atque ortodoxi Imperatoris”. La scritta è inequivocabile, annuncia che l’imperatore Carlo Magno, considerato il fondatore dell’Europa moderna, è sepolto lì sotto. È stata affissa di recente, con tanto di cerimonia solenne presieduta dalle autorità civili, in occasione dei 1.200 anni dalla morte del celebre imperatore, il 28 gennaio scorso. Ed è una copia fedele di quella che si trova nella cattedrale di Aachen, nella Renania settentrionale. Già, perché secondo una teoria, la vera Aquisgrana, la città dove dopo il (728 refuso) 768 Carlo Magno decise di passare l’ultima fase della sua vita, non si troverebbe, come invece indica la storiografia moderna, nell’attuale Germania, bensì nella chiesa di San Claudio. È da anni che lo va affermando don Giovanni Carnevale, salesiano e studioso. Il rigore scientifico e investigativo con cui il sacerdote continua a estrapolare dati storici rafforza la sua tesi e fa breccia nell’opinione pubblica. ZENIT ha voluto approfondire questa suggestiva teoria storica intervistandone il fautore.

A dire il vero ho trovato sia su internet che sul libricino ’Week end a San Ginesio, Giretto Senza Pretese” del maggio 1998 ’ di Giulio Tallè, anche la seguente citazione In cui l’interpretazione della formella è completamente diversa:

JPEG - 5.8 Kb
La formella della Collegiata di San Ginesio

http://www.associazionemusicaleselifa.it/italiano/visita_paese/visita/visita_luoghi.htm

L’ultimo recital del santo mimo. A ben guardare è sempre la Collegiata a fornire al visitatore continue sorprese. Nella cornice del suo portale, in alto a destra per chi guarda, spicca una formella in pietra riproducente le sembianze di Ginesio, il martire mimo. E’ colto nelle vesti di attore con, a fianco, somigliantissima, la sua maschera. Sta sicuramente recitando, come suggeriscono l’atteggiamento delle mani e delle braccia e la rigida linearità del panneggio della veste scampanata. La scena, scarna ed essenziale, è pervasa da un non so che di drammatico. Forse è l’ultima scena di un dramma che sta per concludersi nel martirio.

P.S.

Nota: Tutte le foto si ingrandiscono cliccandoci sopra


 

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30