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Srebrenica dimenticata. Dalle tragedie si deve imparare

Per non dimenticare. Un articolo che fa il punto su quanto accaduto nel 1995.
venerdì 1 aprile 2016 di Anna Maria Casavola

Argomenti: Guerre, militari, partigiani
Argomenti: Storia
Argomenti: Europa


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Il 25 marzo 2016 Radovan Karadzic è stato condannato a 40 anni di carcere dopo essere stato riconosciuto responsabile del genocidio di Srebrenica, oltre che per crimini di guerra e contro l’umanità, dal Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) istituito presso le Nazioni Unite. (Il Sole 24 Ore 31 marzo 2016)

Ricordare Srebrenica a venti anni dalla strage
non è soltanto doveroso per il fatto tragico in sé, caduto nel dimenticatoio, ma perché, come diceva Primo Levi, la storia si ripete e la politica attuale dell’Unione Europea purtroppo sta ignorando la sua lezione. Posta di fronte all’emergenza dell’emigrazione di masse umane verso i suoi territori, e non sapendo come governarla altrimenti, risponde erigendo barriere, muri, filo spinato e porte chiuse alle frontiere. Insomma sta riemergendo ad opera di leader estremisti un po’ dovunque la pericolosa visione del secolo scorso xenofoba, egoista ed etnocentrica. I migranti stanno diventando i nuovi nemici, un pericolo per l’identità delle nazioni. Venti anni fa a Srebrenica ci fu un’operazione di pulizia etnica in grande stile, il massacro più grande dopo la seconda guerra mondiale, quello dei maschi musulmani bosniaci e insieme la beffa dei caschi blu dell’ONU (un reparto di olandesi) che li lasciarono in balia degli assassini a vergogna dell’Europa, inerte di fronte ad un genocidio ora finalmente riconosciuto, ma che poteva essere evitato.

Il secolo scorso aperto con il genocidio armeno è proseguito di orrore in orrore fino a quello fintamente etnico religioso dei musulmani di Bosnia che si è verificato all’interno della guerra serbo-bosniaca del 1991 – 1996, una delle tre guerre serbo croata, serbo slovena e appunto serbo bosniaca che hanno sconvolto l’assetto della ex Jugoslavia, che era stato stabilito dalla pace di Parigi del 1919, dopo la prima guerra mondiale. Ad accendere la miccia in quella che già nell’ottocento era chiamata la polveriera dell’Europa, le mire nazionalistiche della Serbia, incarnate da Slobodan Milosevich che vuole costituire con la forza uno Stato geograficamente omogeneo, la grande Serbia, incorporandovi tutti i serbi e costringendo al silenzio tutte le minoranze con l’eliminazione fisica, la deportazione e il terrore Una guerra, che noi europei abbiamo rimosso anche se a due passi da casa nostra, ma che è costata un numero impressionante di vittime: duecentosettantottomila di cui il 54,3% vittime bosniache, il 34,9% vittime serbe ed il 10,2% croate (secondo i dati dell’istituto nazionale di sanità della Bosnia Herzegovina il 26 marzo 1996 in “Luca Leone, Srebrenica - Infinito edizioni, 2000”).

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Slobodan-Milosevic 1941-2006

Secondo documenti ripresi recentemente
dal settimanale britannico “The Observer” viene a galla che Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, in accordo con i rappresentanti delle Nazioni Unite avevano deciso, per attuare un piano di spartizione su base etnica dei territori della Bosnia Herzegovina, che la città di Srebrenica doveva essere sacrificata in vista della pace (accordi di Dayton del novembre 1995) ed hanno dato, in un certo senso, via libera agli uomini del generale serbo nazionalista Ratko Mladic perché avviasse la pulizia etnica. Era nota infatti l’intenzione di Mladic, espressa più volte pubblicamente, di far scomparire totalmente la popolazione bosniaca musulmana da quell’area.

L’ONU non fece nulla per proteggere quella gente che pure intervenendo aveva disarmato e posto sotto la sua protezione nel marzo 1993 con risoluzione n. 819 del Consiglio di Sicurezza, risoluzione poi sistematicamente violata. La storia del 1995 è piena di momenti vergognosi per la comunità internazionale, pubblicamente si proclamava l’intangibilità di quelle zone, ma nelle trattative diplomatiche si ammetteva che quella enclave era una spina in gola per i serbi e che difenderla sarebbe stato impossibile a meno di un maggiore impegno militare che nessuno all’ONU però voleva.

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Ratko Mladic

I militari olandesi di stanza a Srebrenica nel luglio 1995 rimasero inerti a guardare compiersi il genocidio, in pochi giorni i serbi etnici sterminarono almeno ottomila maschi musulmani, anche ragazzi di dodici anni ma le famiglie dicono diecimila.

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Radovan Karadzic

E nemmeno dopo la firma degli accordi di Dayton l’ONU ha fatto nulla per catturare i responsabili della strage: Karadzic (l’ideologo) e Mladic (l’esecutore carnefice). Ora sono a processo, finalmente incriminati dal Tribunale Penale Internazionale istituito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma per anni hanno goduto dell’impunità grazie all’omertà ed alla complicità internazionali.

Sarajevo, la capitale, che era stata nel passato
un esempio di città multiculturale, di convivenza pacifica tra religioni ed etnie diverse, un modello per l’Europa allargata che si voleva costruire dopo la seconda guerra mondiale, è oggi ridotta ad una città fantasma con muri steccati e fossati di odio tra le persone. Un bombardamento serbo nell’agosto del 92 distrusse la sua biblioteca, che era l’emblema della città e che conservava l’eredità culturale dei musulmani, serbi, croati presenti da secoli in quel territorio, dei libri, dei preziosi manoscritti latini e persiani degli incunaboli arabi non resta quasi più nulla, del milione e mezzo di volumi se ne è salvato solo il 10 per cento perchè messo al riparo preventivamente in vari luoghi della città. ha subito uno di più lunghi e terribili assedi della storia, gli artiglieri bombardavano il centro dalle alture, i cecchini sparavano dai palazzi sui passanti,il primo bersaglio fu il 27 maggio del 92 una coda per il pane, un colpo di mortaio uccise 16 persone che erano in fila davanti ad una panetteria, alla fine i morti civili in città saranno undici mila.

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Sarajevo 1995

Il territorio della Bosnia Herzegovina è stato diviso in due stati, la Federazione di Bosnia Herzegovina costituita da una entità musulmana bosniaca ed una croata musulmana, e dalla repubblica di Serbia. I musulmani prima erano laici, ma l’odio etnico ha radicalizzato l’estremismo islamico e questo si è visto anche alla recente commemorazione del luglio scorso a dove c’è il memoriale dell’eccidio, allorché il primo ministro serbo Alexander Vucic, già ministro nel governo Milosevich, è stato preso a sassate e fischi dalla folla unita nel grido di Allah Akbar.

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Potocari 2015

Perché la Serbia non ha mai voluto riconoscere che a Srebrenica sia stato perpetrato un genocidio nonostante a riconoscerlo ci siano state delle sentenze internazionali. Il Tribunale Penale Internazionale, nell’ambito del processo contro Radislav Kristic, comandante delle truppe serbo bosniache e Srebenica, l’ha definito una delle peggiori atrocità dopo quella della seconda guerra mondiale ed il 9 aprile 2004 al termine del processo d’appello, confermava che un genocidio si è consumato a Srebenica contro i musulmani di Bosnia, sentenza che per la prima volta ha permesso di adoperare la categoria genocidio come previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1948: crimine commesso con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale etnico o religioso.

Tuttavia nel 2002 la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, pur ribadendo che a Srebrenica c’è stato un genocidio, ha assolto la Serbia perché non è provato - dice la sentenza – che lo Stato serbo o parti di esso avessero la deliberata intenzione di distruggere in tutto o in parte la popolazione bosniaca-musulmana. Quindi neppure diritto ad un risarcimento materiale per i familiari delle vittime!

La mattanza non avvenne solo a Srebrenica
in quei giorni 6 – 25 luglio 1995 ma anche alla base dell’ONU a Potocari, dove all’interno vennero accolti solo cinquemila profughi, mentre rimasero fuori oltre trentamila persone esposte alla vendetta degli uomini di Mladic che poterono bloccare i camion degli sfollati, separare gli uomini dalle donne e dai bambini e prelevare le vittime scelte (anche donne da stuprare, infatti un’altra atrocità di questa guerra sono stati gli stupri di massa perpetrati contro donne e bambine).

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Cimitero delle vittime di Srebrenica e Potocari (2015)

Oltre a ciò la caccia disumana ai quindicimila bosniaci che avevano lasciato Srebrenica nei giorni precedenti, avventurandosi nei boschi su per le montagne, questi a centinaia cadono nella trappola dei serbo bosniaci che li invitano ad uscire, essendosi mimetizzati indossando i caschi blu dell’ONU e le divise lasciate loro dagli olandesi in fuga.

I prigionieri sono trasportati nei luoghi scelti per le esecuzioni di massa. Scuole, dighe magazzini, grandi spiazzi all’aperto, fabbriche, ogni posto è utile per attuare il massacro. Una fila di autobus e uomini porta ininterrottamente le vittime nei luoghi scelti, chi aspetta il suo turno è costretto ad assistere dai finestrini degli autobus all’uccisione dei compagni di sventura.

A Srebrenica le vittime predestinate sono state dapprima torturate e brutalizzate poi uccise almeno tre volte: la prima fisicamente, poi con la distruzione sistematica dei documenti, carte di identità, fotografie, furto degli averi, infine con l’inumazione selvaggia in fosse comuni e la negazione di una lapide e di un nome. La terza per nascondere le prove e proteggere gli autori del crimine con lo spostamento dei resti già degradati dalle fosse comuni primarie a quelle cosiddette secondarie e terziarie con il risultato di impedire alle famiglie il riconoscimento dei loro congiunti. Mai si era sentito neppure dai nazisti che gli attori di una guerra, pur se vincitori, fossero tornati con le scavatrici ed i bulldozer ed i camion ed avessero scoperchiato le fosse, fatto a pezzi i cadaveri per trasportarli in fosse secondarie, addirittura pezzi dello stesso corpo sono stati trovati in cinque fosse diverse!

Questo crimine è quindi destinato a durare
nel tempo nei confronti delle vittime e dei loro parenti che sono stati definiti “persone in attesa” perché in questi venti anni si sono spesi senza tregua per cercare di identificare i propri cari e dar loro sepoltura nel cimitero. Bisogna dire che fino ad oggi grazie ad un lavoro senza precedenti di anatomo-patologi di un’organizzazione internazionale (I.C.M.P.) istituita nel 1999, sono stati identificati

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seimiladuecentoquarantuno cadaveri. Questi operatori da anni lavorano strenuamente in luoghi gelati simili ad obitori per ricomporre i corpi e restituire loro un’identità, confrontando il DNA delle vittime con quelle dei parenti.

E’ stato un miracolo ma il merito grandissimo va alle donne di Srebrenica, la loro testimonianza è stata fondamentale: è grazie alle famiglie dei sopravvissuti che si è saputa la verità e grazie alla testardaggine di queste donne private di quanto più caro avessero al mondo (padri, figli, marito) che è stata fatta quella poca giustizia che fino a qui si è compiuta.

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Hajra Catic
Fondatrice dell’associazione Donne di Srebrenica

Esse nel 1996 si sono riunite in un’associazione della quale sono membri la madri di Srebenica e tutte le donne violentate che hanno perso familiari in quel genocidio.

L’associazione nasce facendo tesoro dell’esperienza delle Madri di Plaza de Mayo in Argentina, le donne che da quasi trenta anni combattono per far luce sul destino dei loro figli “desparecidos”, durante la dittatura militare del 1975 – 1983 – una di queste madri sconsolata ad un giornalista che la intervistava quest’anno, per l’anniversario, ha detto: “alle guerre basta una scintilla per scoppiare, le paci non scoppiano mai, hanno bisogno di tempo e quando finalmente lo trovano somiglia ad un intervallo fra due guerre.”

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Nura Begovic e Hajra Catic - Donne di Srebrenica