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Il Giorno del Destino

La caduta del Muro di Berlino vent’anni fa e il significato del 9 Novembre nella storia tedesca ed europea
venerdì 6 novembre 2009 di Christian Blasberg

Argomenti: Storia


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Il 9 Novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino. È l’evento simbolo per la fine della guerra fredda, che è oggi considerato un vero e proprio punto di svolta epocale nella storia contemporanea, non meno importante del 1945, la fine della Seconda Guerra Mondiale, oppure del 1789, la Rivoluzione Francese. Con il 9 Novembre 1989 è legato, oltre la stessa unificazione delle due Germanie, il crollo dell’Impero Sovietico, il cambio del sistema politico negli stati dell’Europa dell’Est, infine la dissoluzione della Jugoslavia e della Cecoslovacchia, tutto ciò permettendo l’allargamento dell’Unione Europea fino a paesi come Romania e Bulgaria.

Parte Prima: IL MURO CADE

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9 nov. 1989: una grande festa popolare

Ricordare la Caduta del Muro 20 anni dopo ci fa venire in mente le immagini di folle allegre di cittadini della Germania Est e Ovest fraternizzando nelle strade di Berlino in quella notte, i giovani che erano saliti sul Muro davanti alla Porta di Brandenburgo, e l’improvvisa comparsa di tante bandiere tricolori nero-rosso-oro in mezzo alla folla. Era una grande festa nazionale, come la Germania non l’aveva visto dai tempi della festa di Hambach nel 1832 o della Rivoluzione del 1848. Un popolo separato per 40 anni, di cui 28 con un Muro di cemento attraverso la sua capitale, poteva finalmente unirsi - chi non si sentiva partecipe di questa gioia?

Eppure la casualità che l’apertura del Muro accadde proprio in un 9 Novembre poteva anche essere motivo di preoccupazioni e paura. Infatti, ad unificazione avvenuta la nuova Germania si guardò bene ad assumere il giorno della Caduta del Muro come giorno festivo nazionale, nonostante tanti l’avessero chiesto. E probabile che, se la Caduta del Muro fosse avvenuto qualche giorno prima o qualche giorno più tardi del 9 Novembre, il giorno sarebbe diventato la nuova festa nazionale ufficiale della Germania unita. Quella data, però, lo impedì. Perché?

1.1. IL MURO E LA GUERRA FREDDA

Prima di rispondere a questa domanda, ripercorriamo brevemente gli eventi che portavano a quello che da allora si chiama la “Caduta del Muro”.

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Un braccio di ferro continuo:
Berlino 1945-90: 4 zone di occupazione (francese, britannico, statunitense e sovietico)

Berlino era separato in quattro settori dal 1945. I tre settori sotto il controllo delle potenze occidentali, Americani, Britannici e Francesi, formavano negli anni successivi sempre più una zona comune, mentre quella sotto il controllo Sovietico si distaccava sempre di più dalle altre tre. Le tre zone occidentali di Berlino, poi, erano diventate un’isola in mezzo alla zona d’occupazione Sovietica, un avamposto dell’Ovest nella Guerra Fredda, che qui si manife-stava più viva che da qualunque altra parte. Se il blocco dell’accesso ai settori occidentali da parte dell’Unione Sovietica nel 1948/49 dimostrava l’obbiettivo dell’Est di incorporare l’intera città, il ponte aereo Anglo-Americano che faceva

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Le due Germanie 1949-1990

sopravvivere i Berlinesi dimostrava nello stesso modo la determinazione dell’Ovest di non cedere un centimetro davanti alla minaccia sovietica (Containment).

Dopo la creazione di due stati tedeschi nel 1949 la città viveva per anni tra crisi e periodi di distensione, ma il passaggio da una parte all’altra era ancora possibile per chi abitava in un settore e lavorava in un altro; la tendenza di trasferirsi del tutto in un settore occidentale però faceva che Berlino-Est e la DDR si svuotavano sempre più; circa 3,5 mio cittadini della Germania Est lasciavano il paese tra il 1949 e il 1961, l’anno in cui il regime dell’Est decise di chiudere i confini e di costruire un Muro attraverso la città tra il settore orientale e quelli occidentali.

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13 agosto 1961:
La costruzione del Muro

Era il 13 Agosto 1961, quando senza preannunci iniziarono i lavori per il Muro, sotto una massiccia protezione militare, e nel giro di poche ore ogni possibilità di attraversare il confine, anche illegalmente, fu stroncata. L’occidente fu impotente; ogni azione di fermare i lavori avrebbe rischiato la guerra.

1.2. LE VITTIME

Da quel giorno centinaia tentavano una disperata fuga attraverso il Muro stesso o nelle gallerie e canali sotterranei; oltre 200 persero la vita, la maggior parte di loro nei 5 anni dopo la costruzione del Muro. Sul numero esatto si discute tutt’oggi perché molti casi di persone morti lungo il Muro durante i 28 anni sono difficilmente ricostruibili.

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Peter Fechter (17 agosto 1962)
morto nella ’terra di nessuno’

Il caso più tragico era quello del 18enne Peter Fechter, il 17 Agosto 1962. Colpito da proiettili quando era già salito in cima al Muro, pronto a saltare da li nella parte occidentale, fu colpito da proiettili sparati dalle guardie di confine; le ferite lo fecero ricadere dalla parte dell’Est, dove rimase immobile, ma vivo. Per un’ora gridava per aiuto, ma nonostante la presenza di centinaia di persone sul posto le forze dell’ordine a Est e a Ovest impedirono ogni tentativo di soccorrerlo. Solo dopo la sua morte soldati dell’Est portavano via il cadavere.

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Berlino centro fino al 1989:
la striscia della morte

Con gli anni, la gente si rassegnava sempre di più con la presenza del Muro, mentre le fortificazioni furono ampliate e sofisticate. Alla fine una striscia della morte larga 100 metri serpeggiava attraverso la città. Un secondo muro fu costruito dall’altra parte di questa striscia. La Porta di Brandenburgo, il simbolo di Berlino, una volta centro della vita cittadina, si trovava in mezzo a quella striscia, inaccessibile sia da Est che da Ovest.

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La Porta di Brandenburgo fino al 1989:
il monumento della Guerra Fredda

Ancora nel 1989 tre tentativi di fuga finirono in modo tragico, l’ultima vittima fu il ventenne Chris Gueffroy, nel febbraio 1989; secondo la versione ufficiale delle forze dell’ordine della DDR aveva “commesso un attentato ad una unità militare” e quindi fu ucciso in difesa; in realtà aveva solo voluto fuggire a Berlino Ovest.

1.3. SEGNALI DI CAMBIAMENTO

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11 sett. 1989: la prima breccia nella cortina di ferro
L’Ungheria apre il confine con l’Austria

Dall’11 settembre 1989 in poi, non era più necessario rischiare la vita per raggiungere l’Ovest; l’Ungheria in quel giorno apriva il suo confine con l’Austria e subito migliaia di tedeschi dell’Est si mettevano in viaggio con i loro ’Trabant’ o altri mezzi di fortuna per raggiungere la Germania Ovest attravero il ‘confine verde’, la prima breccia nella cortina di ferro.

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30 settembre 1989:
Genscher: "Siamo venuti da voi per comunicarvi che oggi il vostro espatrio..."

Gorbatchov, su cui tutti guardavano da qualche anno con cauta speranza, lasciava succedere l’esodo di massa senza che l’Unione Sovietica fosse intervenuta, la prima prova della sincerità dei suoi propositi?

Altri non ce la facevano fino all’Ungheria e si rifugiavano nelle ambasciate della Germania Ovest. A fine settembre quella di Praga fu sovraffollata con più di 10.000 rifugiati, stretti nel giardino dell’ambasciata stessa. Nella notte del 30 settembre Genscher, ministro degli Esteri della Germania Ovest, rivolgendosi ai 10.000 disperati, esclamò dal balcone dell’ambasciata: “Siamo venuti oggi da voi per comunicarvi che il vostro espatrio…” – il resto della frase fu sommerso dalle urla di gioia dei 10.000. Il discorso, per quanto breve e inconcluso, è diventato storico. Dall’indomani i treni con i fortunati emigranti partivano da Praga verso l’Ovest.

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7 ottobre 1989:
40 anni di "socialismo realmente esistente"

Solo una settimana dopo, però, sembrava che tutto ciò sarebbe stato solo un episodio transitorio e che dovessimo tornare alla cruda realtà. Il 7 ottobre il regime della Germania Est festeggiava i 40 anni della Repubblica Democratica Tedesca – la DDR - con una grande parata vecchio stile, esultando tutti i simboli del “socialismo realmente esistente”.

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7 ottobre 1989: "Chi arriva tardi, verrà punito dalla vita..."
Mikhael Gorbatchev a Erich Honecker

Honecker, il leader del regime, salutava le masse organizzate come se niente fosse, ma Gorbatchov, venuto da Mosca, pronunciava la sua frase più famosa: “Chi arriva tardi, verrà punito dalla vita...” Parole forti, ma che cosa significavano? Quante volte i regimi comunisti si erano salvati cambiando il proprio personale al vertice, non il sistema politico?

Proprio quello sembrava succedesse quando Honecker se ne andava, il 18 Ottobre. Il suo sostituto Krenz, però, non era la figura da ispirare fiducia in un rapido cambiamento, piuttosto un prodotto del regime messo sul posto per garantire la sua sopravvivenza.

Ma, nel frattempo, a Lipsia e in altre città le manifestazioni di strada s’ingrandivano, e li la folla cominciava a gridare “Siamo noi il popolo!” e, quasi come una minaccia al regime, “Noi restiamo qui!”

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"Siamo noi il popolo!"
Le manifestazioni del lunedi minacciavano il regime, al grido di: "Noi restiamo qui!"

Il regime aveva infine tollerato l’esodo di massa per sbarazzarsi degli elementi più riottosi della società, infettati dal virus capitalista, e tenersi solo quelli più fedeli al socialismo, un salutare processo di naturale pulizia sociale. Ma ora i riottosi non volevano andarsene più. La tensione aumentava e ognuno si aspettava da un momento all’altro una violenta reazione punitiva da parte delle forze dell’ordine della DDR. E i russi? Gorbatschov aveva davvero sotto controllo i falchi del regime sovietico, che avrebbero mandato senz’altro i carri armati?

1.4. UNA CONFERENZA STAMPA

Il governo Krenz cominciava ad operare timide riforme, mirate a salvare la DDR dal crollo. Una di esse fu un nuovo regolamento per viaggi all’estero e l’espatrio permanente, elaborato in giornata del 9 Novembre, ma la pubblicazione del quale era previsto solo per il giorno dopo. Per la sera però, si convocava una conferenza stampa internazionale, cosa già di per se una novità per un regime finora chiuso al pubblico.

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Ore 18.00: apre la conferenza stampa
Schabowski parla e parla e parla...

Fu il momento di involontaria gloria di un certo Gunther Schabowski, da pochi giorni Segreteraio del Comitato Centrale per l’Informazione. E Schabowski parlava. Parlava tanto, per quasi un ora, senza però dire cose interessanti, fino al momento in cui un giornalista italiano, Riccardo Ehrman dell’ANSA, gli chiese di pronunciarsi sulla questione del regolamento per viaggi.

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Ore 18.57: fama involontaria
Gunther Schabowski annuncia il nuovo regolamento per viaggi e l’espatrio

Ora Schabowski, imbarazzato perché sembrava aver dimenticato quel punto, tirava fuori un biglietto sul quale erano scritte le ultime modifiche del regolamento per viaggi e l’espatrio permanente. Leggeva il documento, avvolto in un linguaggio complicato, burocratizzato e difficilmente comprensibile; finiva dicendo: “…abbiamo deciso di fare un nuovo regolamento che rende possibile a ciascun cittadino della DDR di espatriare attraverso i punti di passaggio al confine senza condizioni preliminari…”

Nessuno sembrava aver capito bene, o chi l’aveva capito, non ci credeva. Poi, chiesto da un altro giornalista quando quel nuovo regolamento entrerebbe in vigore, Schabowski rispondeva: “Secondo le mie informazioni …subito. …Immediatamente.”

La notizia si diffuse in pochi minuti nei telegiornali in entrambi le parti della Germania. Le media, cercando di facilitare il complicato linguaggio di quel che era stato detto da Schabowski, sommavano: “Il Muro è aperto”. Una pericolosa semplificazione che però doveva contribuire a forzare la storia. La Germania, dopo le ore 19 si trovava nella confusione più totale, una specie di vuoto, in cui tutto poteva succedere, nel bene e nel male.

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Ore 19.30 circa:
Cittadini curiosi: "Che cosa succede al posto di passaggio Bornholmer Strasse?"

1.5. TENSIONE AL CONFINE

Dopo mezz’ora i primi curiosi arrivavano ai posti di passaggio lungo il Muro, per vedere se succedesse qualcosa lì. Le guardie però, lasciate senza chiare istruzioni, tenevano i passaggi chiusi. Ma la folla diventava sempre più numerosa e arrabbiata e cominciava a chiedere il passaggio. La tensione e il nervosismo aumentavano. Dopo due ore si decise al passaggio ‘Bornholmer Strasse’ di applicare una “soluzione valvola”, cioè di far passare chi insisteva di più – però con un trucco di cui nessuno si accorse: mettendo un timbro nel passaporto, si invalidava il passaporto stesso e si concedeva l’espatrio permanente senza possibilità di ritorno. – E la gente voleva solo fare una passeggiata all’Ovest…

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Ore 20.30 circa: Porta di Brandenburgo - Est
Guardie cercano di tenere a bada la gente che si vuole avvicinare al monumento

Nello stesso tempo la Porta di Brandenburgo diventava il palcoscenico di uno strano braccio di ferro tra guardie dell’Est e giovani dell’Ovest in festa che si arrampicavano sulla cima del Muro, per essere cacciati via varie volte dalle autopompe. Ma anche dall’Est la pressione della folla aumentava sulle guardie, schierate impietrite davanti al monumento.

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Ore 20.30 circa: Porta di Brandenburgo - Ovest
Giovani dell’Ovest sulla cima del Muro, guardie della DDR controllano la situazione

Indecisi tra l’uso della forza per respingere la gente e il far passare dei singoli, alla fine tutto si risolse in uno strano miscuglio tra agenti confusi, cittadini dell’Est e dell’Ovest in festa e giornalisti increduli, tutti passando da un lato all’altro della Porta.

Lo scenario facilmente avrebbe potuto trasformarsi da una festa in una tragedia, perché la gente forzava chiaramente la situazione legale vigente, sia quella vecchia che quella nuova annunciata da Schabowski. Perché un ufficiale dell’Est, educato per tutta la sua vita in quel sistema, non avrebbe dovuto decidere di imporre la legge anche con l’uso della forza - nel nome della protezione del socialismo contro l’aggressione del nemico imperialista e capitalista, manifestandosi in quella folla incitata dalla propaganda dell’Ovest?

Immancabilmente passavano per la mente i ricordi di altre situazioni simili: Berlino-Est 1953, Budapest 1956; Praga 1968. Ogni volta la volontà popolare era stata travolta dalle forze dell’ordine. Bastava che una guardia perdesse i nervi e la festa popolare ai posti di passaggio al confine si sarebbe trasformata in scenario d’orrore.

1.6. L’APERTURA

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ore 23.30: posto di passaggio Bornholmer Strasse
il Muro è aperto...

Alle 23.30 invece, la pratica dell’espatrio per singoli tramite timbro fu soppressa e il comandante del passaggio ‘Bornholmer Strasse’, senza istruzioni dai suoi superiori, decise di aprire le porte per tutti. Ora si rompevano tutte le dighe: la gente, decisa dopo la notizia "il Muro è aperto" di non andarsene più fino a quando quella notizia non si sarebbe trasformata in realtà, finalmente poteva fare una passeggiata sul Kurfurstendamm - 20.000 passavano nel giro di pochi minuti. E nel giro di mezz’ora seguivano tutti gli altri posti di passaggio a Berlino e lungo il confine intra-tedesco.

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10 nov. 1989: il Muro è aperto
la striscia della morte ormai innocua...

La mattina del 10 Novembre la Germania era diventata un altro paese. Il Muro cadeva anche fisicamente; dopo i picchi della notte, cittadini soprattutto dell’Ovest che avevano tentato di staccare piccoli pezzi dal Muro con coltelli o martelli, in mattinata arrivavano le ruspe e buttavano giù interi blocchi di cemento, creando larghe breccie. Fiumi di cittadini ora attraversavano l’ormai innocua striscia della morte da un lato all’altro di Berlino e della Germania.

Parte Seconda: Il 9 NOVEMBRE NELLA STORIA

Torniamo quindi alla questione iniziale: Perché il 9 Novembre non poteva diventare la nuova festa nazionale della Germania unita, nonostante gli eventi di quella notte simboleggiavano come nessun altro momento la ritrovata unità del popolo tedesco e la fine della Guerra Fredda in Europa e nel mondo? Perché quella data a tanti da addirittura luogo a preoccupazioni e paura?

2.1. IL 9 NOVEMBRE 1938

In realtà, il 9 Novembre già in precedenza era stato un giorno festivo nazionale in Germania, precisamente tra il 1939 e il 1944, cioè negli anni più bui della storia tedesca. Era stato Hitler stesso a scegliere quel giorno. Perché?

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Raduno nazista dentro un "duomo della luce"
I nazisti cercavano di mistificare la propria esistenza

Il movimento Nazista era fortemente impegnato nella mistificazione del proprio passato. Ispiratosi alla Rivoluzione Francese, ma anche, paradossalmente, a quella Bolscevica in Russia, il movimento Nazista vedeva la propria apparizione sul palcoscenico della storia umana come un momento di cambio dei tempi: distinse la storia intera in due storie diverse: la vecchia storia, tutto quello che era successo prima del Nazismo, era finita; e la nuova storia comprendeva tutto quello che sarebbe successo dopo la sua ascesa; una storia nuova fatta da un movimento giovane. Il 9 Novembre quindi aveva un significato particolare per la storia di quel movimento, più precisamente per le circostanze che avevano generato la sua ascesa.

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9 nov. 1938: Sinagoga in fiamme
La svolta genocida del regime nazista

Che cosa era successo in un 9 Novembre che il movimento Nazista riteneva contribuisse a cementare il suo mito? Il 9 Novembre 1938, per la prima volta nella Germania Nazista, si erano scatenati violenti pogromi contro gli ebrei; fu la “Notte dei Cristalli” in cui ovunque nel paese le sinagoghe, negozi e case, e tutto ciò che simboleggiava la vita ebraica in Germania, fu aggredito e parecchi ebrei uccisi - dalla furia popolare dei tedeschi, come sosteneva la propaganda Nazista.

Ma la “Notte dei Cristalli” da sola non fu il motivo per fare del 9 Novembre un giorno mistico per l’ascesa del movimento Nazista, seppure doveva significare che il popolo, da sua spontanea volontà, si sarebbe fatto esecutore della volontà del movimento e del suo Führer, come se fosse stato un atto di intuitiva unione tra movimento Nazista e popolazione tedesca.

2.2. Il 9 NOVEMBRE 1923

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9 nov. 1923: Hitler tenta il colpo di stato
Hitler e il generale Ludendorff (centro) con altri compagni prima dell’assalto al ’Burgerbraukeller’ di Monaco

Dietro c’era di più. Il fatto che tutto ciò fosse accaduto proprio il 9 Novembre, dimostrava allora in modo clamoroso una continuità del presunto destino del movimento Nazista. Perché quel giorno nel 1938 era già una data simbolo per il Nazismo: 15 anni prima, il 9 Novembre 1923, Hitler aveva tentato di prendere il potere in Germania con un colpo di stato a Monaco di Baviera.

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memoria nazista del 9 nov. 1923

Il golpe era fallito e 19 camerati del golpista erano stati uccisi dalle forze dell’ordine - i primi 19 martiri del movimento Nazista; Hitler stesso era stato arrestato e doveva restare per quasi un anno in carcere - anche lui quindi una specie di martire, seppure uno sopravvissuto che dopo il suo rilascio poteva guidare la valanga della vendetta contro gli ebrei e la “loro” democrazia, la Repubblica di Weimar.

E vero che tra il 1923 e il 1938 tanti aderenti e alcuni leaders del movimento Nazista sono stati uccisi, sia nelle lotte di strada con i comunisti, sia assassinati da singoli ebrei. Ma questi martiri non erano stati vendicati con violenti pogromi su scala nazionale.

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9 nov. 1938: un occasione per Goebbels
il capo della propaganda nazista incitava alla "vendetta" contro gli ebrei

Nel ’38 invece, un tale assassinio a mano di un giovane ebreo accadeva proprio due giorni prima del 9 Novembre, e il 9 stesso la vittima, un diplomatico tedesco a Parigi, morì - un nuovo martire proprio nel giorno in cui si ricordavano i primi martiri del 1923: Goebbels non esitò a cogliere l’occasione per incitare alla vendetta popolare contro gli ebrei e per creare una nuova evidenza che l’ordine sociale del Nazismo si stesse passo per passo realizzando. Il 9 Novembre assunse cosi il significato di un giorno del destino per il Nazismo.

2.3. IL 9 NOVEMBRE 1918

Ma nemmeno la scelta del giorno per il colpo di stato del 1923 da parte di Hitler era stato casuale, seppure dettato dall’evolversi degli eventi in corso durante quest’anno di crisi per la Germania. Ma, essendosi nell’autunno del 1923 creato una situazione favorevole per un golpe, Hitler poteva fissare proprio il 9 Novembre per tentare di prendere il potere e rove-sciare la Repubblica di Weimar, cioè esattamente 5 anni dopo la sua proclamazione.

In quel 9 Novembre 1918, infatti, si era materializzato tutto quello che Hitler avversò - e a causa di quello che lui percepì come la catastrofe del popolo e della nazione tedesca, quel caporale della Prima Guerra Mondiale decise di entrare in politica ed impegnarsi con vigore contro il nuovo sistema politico e contro le forze politiche e i ceti sociali sui quali esso si reggeva, contro i democratici e socialisti, contro i bancari e grandi industriali, e quindi contro gli ebrei.

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9 nov. 1918: proclamazione della Repubblica a Berlino
la rivoluzione distruggeva il mondo dei valori di Hitler

Il 9 Novembre era crollata la patria, portando via tutti i valori per cui Hitler aveva combattuto; il Kaiser, personificazione di tutto il sistema socio-economico e del carattere autoritario della politica tedesca aveva dovuto lasciare la Germania per andare in esilio in Olanda. Il nuovo governo rivoluzionario aveva subito spianata la via all’armistizio che significava la sconfitta dei tedeschi nella Grande Guerra - per Hitler e molti sostenitori del vecchio ordine militarista e autoritario una sconfitta non inflitta dal nemico esterno, da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ma da quello interno, dai comunisti e socialisti - guidati dagli ebrei.

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La "pugnalata alla schiena"
secondo la destra, erano comunisti, capitalisti e gli ebrei a sconfiggere l’esercito tedesco

Nacque la leggenda della “pugnalata alla schiena”: l’esercito non era stato sconfitto; erano le forze interne a sconfiggerlo, soprattutto gli ebrei! In realtà l’esercito stesso, ancora trincerato in Francia e Belgio, ma senza le risorse in materiale, uomini e morale per resistere ancora a lungo, aveva per primo riconosciuto la sconfitta. Lo stesso Generale Ludendorff, Capo Supremo dell’esercito tedesco, aveva dichiarato, in Settembre ‘18: “Questa guerra non la possiamo vincere più!” Ma voleva scaricare la responsabilità politica per la sconfitta ad altri e quindi favorì il passaggio del governo a forze democratiche, realizzatosi poi nella Rivoluzione del 9 Novembre 1918. – Il 9 Novembre 1923, Ludendorff si doveva trovare a fianco di Hitler nel golpe fallito di Monaco, contro le stesse forze democratiche.

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9 nov. 1918: il governo rivoluzionario
"Delinquenti di Novembre" - benchè fecero accordi segreti con l’esercito

Nel linguaggio di Hitler e di chi stava dalla sua parte, gli uomini respon-sabili per l’armistizio, e in conseguenza anche per il Trattato di Versailles del Giugno 1919, divennero i “Delinquenti di Novembre”, traditori della patria che con la loro firma sotto il Trattato di Pace, il “Diktat”, avevano regalato la Germania a quelle forze che la volevano distruggere, al grande capitale e al comunismo, entrambi strumenti dell’ebraismo internazionale e per definizione anti-tedesche.

Il 9 Novembre 1918 è di sicuro una data chiave per ogni tentativo di spiegare l’inspiegabile. E il tragico momento del destino, più che ogni altro 9 Novembre, che doveva portare un paese civilizzato ad abbandonarsi alla più grande barbarie nella storia dell’umanità.

2.4. IL 9 NOVEMBRE 1848

Ma non finisce qui: nel 1918, la data del 9 Novembre era già una data simbolo per il triste destino della Rivoluzione sociale in Germania. Esattamente 70 anni prima, il 9 Novembre 1848, la primavera delle nazioni era finita in Germania con la fucilazione a Vienna del leader dei democratici al Parlamento di Francoforte, Robert Blum.

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Robert Blum
leader della rivoluzione democratica del 1848 - il Mazzini tedesco

Durante quella Rivoluzione Blum era diventato la figura simbolo dell’ala più radicale del movimento democratico che mirava al rovesciamento dei regimi monarchici e la creazione di Repubbliche negli Stati di una Germania non ancora unificata. Quando alla fine del 1848 il centro della lotta rivoluzionaria si era spostato a Vienna, Blum partì volontario per prendere la guida della difesa della città. Combatteva per vari giorni sulle barricate nelle strade di Vienna, ma dopo l’occupazione da parte delle truppe austriache a inizio Novembre fu arrestato e - nonostante le proteste da parte di governi e ufficiali di numerosi stati tedeschi, condannato a morte e giustiziato, il mattino del 9 Novembre 1848.

Con la morte di Blum il movimento rivoluzionario democratico, fino a quel momento coronato di un relativo successo, aveva perso la sua guida e iniziò l’ondata di repressione in tutti gli Stati tedeschi. Prevalsero proprio quelle forze reazionarie ed autoritarie che fino al 9 Novembre 1918 non dovevano più mollare il timone. Bismarck fu un prodotto di quella re-pressione conservatrice che doveva dominare la Germania, unita “dall’alto” sotto la sua mano, e portarla fino a quella Guerra che finì con la crisi dei valori su cui si era retta.

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9 nov. 1848: fucilazione di Blum
fine della speranza in uno sviluppo democratico della Germania

Per mezzo secolo Blum era un martire per la causa della rivoluzione sociale e democratica noto in tutta l’Europa. I suoi epigoni più fortunati erano altri miti della stessa causa quale un Giuseppe Mazzini e un Louis Blanc, fautori di un Europa composta da nazioni libere e democratiche. Solo la radicalizzazione dell’idea rivoluzionaria all’inizio del 20esimo secolo con l’avvento del Comunismo e i drammatici eventi della Grande Guerra spostavano l’immagine collettivo di Blum più all’ombra.

Parte Terza: INTERPRETAZIONI

Più che il corso della storia separava la Germania dalle altre nazioni europee, più il 9 Novembre 1848 divenne un momento iniziale per quel discusso sentiero particolaristico della Germania che culminò nell’olocausto e fu superato - forse - soltanto con la Caduta del Muro di Berlino.

Anche in altri paesi la reazione nel 1848 aveva ucciso dei rivoluzionari, ma la democrazia, prima o poi, si era fatta strada in un processo da definirsi ’naturale’. Quando invece in Germania si impose finalmente il 9 Novembre 1918, fu una democrazia senza democratici, e già ci fu in agguato la reazione che mostrò la sua faccia il 9 Novembre 1923, e poi esplose nei pogromi del 9 Novembre 1938, quasi come un correttivo della presunta volontà popolare vent’anni dopo la proclamazione di una Repubblica che il popolo non aveva voluto. Dal 9 Novembre 1938 in poi, la Germania andava incontro alla sua vera catastrofe.

3.1. LA FINE DI UNA PARABOLA?

Ora, quale è il posto che assume il 9 Novembre 1989 nella storia tedesca ed europea, se visto in relazione agli altri 9 Novembre? Per una parte, si potrebbe dare l’interpretazione che la caduta del Muro di Berlino chiuse qualcosa come 150 anni di particolarismo tedesco in Europa. Essendo andato alla deriva verso la metà del 19esimo secolo (l’uccisione di Blum come momento simbolo), e avendo alterato l’equilibrio europeo con la creazione di uno Stato nazionale potentissimo, con la caduta del Muro e la riunificazione la Germania è tornata tra gli stati “normali”. Infatti, la 40ennaria separazione della nazione in due Stati si poteva considerare la giusta punizione seguita all’oltranzismo del nazionalismo pre-1945. La Germania unita del 1990 era finalmente uno Stato nazionale digeribile per l’Europa.

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Kohl e la riapparizione delle bandiere
per mezzo secolo quasi nascoste

Dall’altra parte, si potrebbe temere che il mostro teutonico, domato con tanti sacrifici nel 1945, si è risvegliato nel 1989. Quanti, in tanti paesi dell’Europa, ma anche nella Germania stessa, vedevano con preoccupazione quel riapparire delle bandiere tricolori nero-rosso-oro nella notte del 9 Novembre 1989, bandiere che i tedeschi si erano vergognati di alzare per 40 anni per un complesso di vergogna di fronte al proprio passato?

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Gorbatchov e Kohl nel giugno del 1989
L’unificazione tedesca è un problema del 21esimo secolo

Un noto giornalista della Germania Ovest scrisse allora: „La separazione tedesca è irreversibile, ma contiene anche la chance per una durevole distensione in Europa. …Una pace durevole sul continente presuppone la separazione tedesca, perché il nostro carattere nazionale non cambierà mai.” E il politico Egon Bahr, vent’anni prima artefice degli accordi con la DDR, disse: „Per carità di dio, smettiamolo di chiacchierare e sognare di unificazione.” E poi, non avevano detto, infine, il Cancelliere Kohl e Gorbatchov ancora nel giugno del ’89, che la questione dell’unificazione tedesca sarebbe un problema da risolvere nel 21esimo secolo?

Una parte consistente della classe politica tedesca occidentale vedeva nella divisione delle due Germanie l’unica garanzia contro un risorgere del nazionalismo tedesco che, legato simbolicamente alla data del 9 Novembre, aveva portato l’Europa alla rovina.

E simile erano le motivazioni all’estero: Proprio in queste settimane sono usciti nuovi documenti del Ministero degli Esteri Britannico che confermano la più o meno aperta avversione del Presidente Francese Mitterrand, e del Premier Britannico Thatcher nell’autunno del ’89 nei confronti dell’ipotesi di una unificazione tedesca.

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paure franco-inglesi
Mitterrand e Thatcher non volevano l’unificazione tedesca

Rievocavano la politica dei loro predecessori degli anni 30, che avevano ceduto alle richieste di Hitler di riunire tutti i tedeschi in una nazione; “La Germania unificata…”, aveva detto Mitterrand, “…sarebbe più intraprendente che non quella di Hitler…” e già si vedrebbe che i tedeschi starebbero per tornare quel popolo “cattivo” che erano stati prima della separazione. L’allusione di Mitterrand si riferiva all’integrazione dell’Austria e dei paesi dell’Est Europeo in un’Unione Europea dominata dalla Germania. Cosi, disse Mitterrand in privato, il Cancelliere Kohl avrebbe potuto controllare più territorio europeo che Hitler aveva mai conquistato.

Thatcher era pure andata oltre: aveva implorato Gorbatchov di fare tutto il possibile per bloccare l’unificazione tedesca. “Non vogliamo una Germania unita…” disse, “…Questo porterebbe ad una modifica dei confini del dopoguerra che non possiamo ammettere, perché un tale sviluppo metterebbe a rischio l’intero ordine internazionale e potrebbe minacciare la nostra sicurezza.” Gorbatchov non dovrebbe in nessun caso ascoltare a rappresentanti dell’Occidente che dicevano qualcos’altro.

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"Il Muro resterà per altri 100 anni!"
Erich Honecker nel gennaio 1989

Con questo atteggiamento, Mitterrand e Thatcher si trovavano in una strana alleanza con gente come Honecker e chi nell’Est si opponeva ad un cambiamento e continuava a vedere nella DDR la Germania migliore. Per loro il 9 Novembre si confermò come il giorno che rappresenta la continuità del fallimento del socialismo rivoluzionario in Germania. Era fallito con la morte di Blum il 9 Novembre 1848, era fallito con il patto tra socialdemocratici ed esercito nella rivoluzione del 9 Novembre 1918, era fallito tanto più con il Nazismo, apparso per la prima volta il 9 Novembre 1923 e tornato definitivamente genocida il 9 Novembre 1938. Realizzatosi infine temporaneamente nella DDR, il socialismo rivoluzionario fallì nuovamente con la Caduta del Muro il 9 Novembre 1989 e la sparizione del “primo stato degli operai e contadini sul suolo tedesco”.

3.2. LA CONTINUATA DI UNA IDEA

Quel 9 Novembre 1989, quindi portava ad un mutamento degli schieramenti sulla scena internazionale, non più rispecchiando le ideologie della Guerra Fredda. Ora, da una parte stava chi nella situazione di confronto dei blocchi vedeva più che altro un equilibrio stabilizzatore dell’ordine europeo e mondiale, e si era accomodato bene in questo ordine. Dall’altra, chi, a prescindere di convinzioni ideologiche, voleva fosse realizzato l’auto-determinazione delle nazioni come principio primo dell’ordine mondiale – un netto ritorno alle idee che avevano ispirato sia il Presidente Americano Woodrow Wilson che anche lo stesso Lenin nel 1917/18.

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Vladimir Iljitch Lenin

Entrambi avevano proposto un mondo basato sul principio dell’auto-determinazione delle nazioni come condizione prima per una pace mondiale e durevole, seppure con connotazioni ideologiche ben diverse tra loro.

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Woodrow Wilson

Il Trattato di Versailles, però, non aveva applicato questo principio alla Germania, e i tedeschi avevano tentato di correggere questa mancanza da soli, con la forza e nel peggior modo immaginabile. Ora invece, nel 1989, questa lacuna si poteva chiudere in modo pacifico, con il ripristinamento di uno stato nazionale tedesco integrato nella comunità dei popoli europei, come previsto nelle idee di Woodrow Wilson, e come avrebbe dovuto essere la prima unificazione tedesca già ai tempi di Robert Blum.

Guardando al ventennio passato dal 1989 fino ad oggi, possiamo senz’altro constatare che le preoccupazioni di Mitterrand e Thatcher non erano fondate. La Germania è cresciuta ma non domina l’Unione Europea in modo da ricordare le conquiste Hitleriane; anzi, i problemi legati al processo dell’unificazione hanno piuttosto diminuito la potenza economica della Germania per parecchi anni.

Tuttavia, una situazione di contrapposizione con Francia e Gran Breta-gna persisteva durante gli anni 90. Molti erano preoccupati nel 1991/92, quando la Germania prendeva il ruolo d’avanguardia nel riconoscimento dell’indipendenza della Slovenia e della Croazia, e poi anche della Bosnia. Anche dopo la propria indipendenza nazionale, quindi, la Germania si fece avvocato del wilsonesimo in Europa. Aveva anche cominciato a rivendicare un ruolo più importante in politica comunitaria ed internazionale: contro resistenze franco-britanniche impose una rappresentanza più grande al Parlamento Europeo, mentre invece fallì il tentativo di ottenere un posto permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU – che certamente avrebbe contato di più.

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1922: tedeschi e sovietici a Rappallo
simbolo della politica tedesca di mediazione tra est e ovest

La gratitudine tedesca nei confronti di Gorbatchov per non aver ascoltato alla Thatcher e a Mitterrand nel 1989 si traduceva anche dopo le sue dimissioni e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 in un avvicinamento unilaterale della Germania alla Russia. Ciò fece ricordare a Francesi e Britannici il Trattato di Rappallo, quel accordo tra la Repubblica di Weimar e la Russia Sovietica nel 1922 che aveva minato l’ordine di Versailles e fu una anticipazione del patto Hitler-Stalin del 1939, quest’ultimo condizione prima per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

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2003: contro la guerra in Iraq
la Germania si schiera contro gli Stati Uniti - espressione di una nuova autostima?

Tale politica trovò la sua massima espressione nella crisi del 2003, all’occasione della guerra in Iraq. L’asse Russo-Tedesca, includendo quella volta anche la Francia contro la politica di guerra di Stati Uniti e Gran Bretagna, per quanto sia stata ambigua e poco omogenea nella sua natura, costituì tuttavia un ulteriore segnale per l’ambizione da parte della Germania, di assumere un ruolo da mediatore tra Est e Ovest.

CONCLUSIONE

La cosa più importante da notare 20 anni dopo la Caduta del Muro di Berlino è il fatto che la Germania di oggi è un paese senza particolarità, un paese che sembra talmente normale in tutti i sensi che facilmente si passa sopra. E perfettamente integrato nella comunità internazionale e condivide con le altre nazioni industrializzate le vicissitudini positive e negative della vita economica e sociale nell’era della globalizzazione. Il paese sembra, a volte, vivere di giorno in giorno senza una meta verso la quale camminare, un po’ disorientato come più o meno tutta l’Europa di oggi.

Se mai la Germania avesse percorso un ‘sentiero particolaristico’ nel passato, questo ora sembra terminato definitivamente. Certo, c’è un passato particolare con il quale la nazione di oggi deve fare i conti, ma con il passare delle generazioni diventa inevitabile che questo passato si allontana. Il 9 Novembre 1989 ha aperto una nuova stagione nella storia tedesca in Europa e per questo sta in netto contrasto con gli altri 9 Novembre. Speriamo che eventi di un futuro 9 Novembre riprendano la positività della notte nel ’89, senza riaprire la parabola che questa notte ha chiuso.

 

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