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In Polonia rievocando la guerra ...

In occasione delle commemorazioni del 70° anniversario dello scoppio della guerra del 1939
lunedì 19 ottobre 2009 di Anna Maria Casavola

Argomenti: Celebrazioni/Anniversari
Argomenti: Storia


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Articolo dedicato al mio mai dimenticato amico di giovinezza Arturo Capasso.

Anna Maria Casavola

Alla fine di agosto di questo anno ho fatto un viaggio in Polonia, che ha coinciso con le commemorazioni del 70° anniversario dello scoppio della guerra del 1939.

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Polonia e danzica

L’impressione complessiva che ne ho ricavata è che, al di là delle commemorazioni, in quel paese la II guerra mondiale sia rimasta profondamente incisa non solo nei luoghi, nelle lapidi, nei monumenti, nelle strade, ma nella memoria della gente. Tutto e tutti ve ne parlano, e mentre vi indicano le gigantofotografie delle macerie delle loro città, così ridotte dai bombardamenti, vi fanno ammirare la loro sorprendente, perfetta, identica ricostruzione, un vero miracolo che ha meritato il riconoscimento dell’UNESCO, per cui oggi i centri storici risorti di Varsavia, Danzica, Breslavia, Poznan sono considerati patrimonio dell’umanità. Un’espressione davvero unica di patriottismo e capacità di salvaguardia della propria identità nazionale.

Il mio viaggio attraverso la Polonia, nella storia della seconda guerra mondiale, è cominciato da Danzica e precisamente da Westerplatte, una striscia sabbiosa di costa che disegna sul Baltico una sottile penisola, dove i nazisti aprirono le ostilità di quel tremendo conflitto, che avrebbe messo a ferro e fuoco l’intera Europa. Il primo settembre del 1939, alle 4.47 del mattino, la corazzata Schleswig Holstein fece fuoco sulla guarnigione polacca, che difendeva in quel luogo la postazione militare voluta nel 1924 dalla Società delle Nazioni, quando era stata costituita la città libera di Danzica. Nonostante la sproporzione di forze, i centoottantadue soldati polacchi, condotti dal

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Henryck Sucarski

Magg. Henryck Sucarski, non capitolarono se non il 7 settembre, dopo un’accanita resistenza che ottenne l’ammirazione degli stessi tedeschi, e, al momento della resa, valse al suo eroico comandante, caduto prigioniero, gli onori militari e il diritto di conservare la spada. Per ricordare l’avvenimento, simbolo della Resistenza polacca, un monumento monolitico è stato innalzato in quel luogo, alto 26 metri in cima ad un tumulo di 22 metri e mezzo, che dovrebbe ricordare l’impugnatura di una spada conficcata nella roccia e la roccia, si capisce, è la Polonia. Qui, sotto questo monumento, il 1° settembre sono iniziate le celebrazioni ed è stato intonato l’inno nazionale, la cui prima strofa dice: ”La Polonia non è ancora morta “.

Ma, nella regia hitleriana, l’episodio testé ricordato fu preceduto da alcuni incidenti prefabbricati minuziosamente dai nazisti per dimostrare al mondo di avere una ragione cioè di essere stati provocati, perché, come dice ironicamente il Manzoni ne “I promessi Sposi, “le guerre senza una ragione sarebbero ingiuste”.

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Gleiwitz e gli altri campi

I più macabri e grotteschi furono quelli di Gleiwitz e Hohlinden, due cittadine tedesche a breve distanza dal confine polacco. A Gleiwitz un drappello di SS, in uniforme polacca, entrarono negli uffici della radio locale, alle otto della sera del 31 agosto, rinchiusero gli addetti tedeschi nelle cantine e annunciarono trionfalmente agli ascoltatori della piccola emittente che la stazione era stata conquistata dai polacchi. Per dare tocco di verità alla menzogna, sul luogo furono fatti successivamente trovare dei cadaveri mai identificati. Nella dogana di Hohlinden, più o meno alla stessa ora, andò in scena un copione ancora più sanguinoso. Un altro drappello di SS in uniforme polacca distrusse l’edificio e poi si fece docilmente arrestare dalla polizia del Reich. Poi sei prigionieri polacchi, che si trovavano in un campo di concentramento tedesco, dovettero recitare la parte delle vittime: furono uccisi, gettati sul luogo del delitto e sfigurati affinché non fossero riconoscibili. Ma il vero precedente fu il patto di non aggressione stipulato con l’URSS il 23 agosto 1939 e la dichiarazione di Hitler che la Polonia sarebbe stata svuotata dai suoi abitanti.. Ricordiamo che nella gerarchia nazista delle razze quella slava veniva appena prima della razza ebraica.

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Marcel Deat
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Lech Kaczynski

Il presidente della Repubblica polacca, Lech Kaczynski, ricordando il patto di spartizione Ribbentrop Molotov dei territori polacchi e dei paesi baltici, ha detto che si trattò di un coltello conficcato alle spalle della Polonia. Infatti questa, lasciata sola ad affrontare l’insieme delle truppe di Hitler, fu messa in ginocchio e resistette fino al 18 settembre, essendo stata attaccata il giorno prima, il 17, dalla Unione Sovietica. Fu quasi un gioco per le potenti divisioni corazzate tedesche aver ragione dell’avversario: carri armati modernissimi (le Panzerdivisionen ) contro ottocenteschi reggimenti di cavalleria. Poi la Russia fece il resto…

La Francia e l’Inghilterra, alleate alla Polonia - ricordiamo tutti l’interrogativo posto dal deputato francese Marcel Deat se valesse la pena morire per Danzica “mourir pour Dantzig”- dichiareranno guerra alla Germania il 3 settembre, ma per loro di fatto la guerra inizierà solo nella primavera del 1940, quando Hitler si rivolgerà, per conquistarla, all’Europa nord occidentale. L’Italia, come sappiamo, proclamò la neutralità, ma solo per poco purtroppo. Tra gli eventi tragici della guerra Kaczyinski ha ricordato la Shoah - i maggiori campi di sterminio per gli ebrei furono installati dai tedeschi in Polonia, a causa della sua posizione geografica favorevole al centro dell’Europa - ma anche l’eccidio di Katyn da parte dei sovietici nel 1940. “ Facendo le debite differenze - ha detto Kaczinski – così come la Germania nazista sterminò sei milioni di ebrei, perché erano ebrei, l’URSS ha trucidato ventimila ufficiali polacchi perché erano polacchi “.

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Vladimir Putin
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Agosto 1939 - Patto Germania Russia
Ribbentrop Molotov e Stalin

Vladimir Putin, il primo ministro russo, anche lui presente alle cerimonie, ha auspicato una nuova epoca nei rapporti tra Mosca e Varsavia, e che si volti pagina, liberandosi dai fardelli del passato, ma, quanto ad autocritica, si é limitato solo a condannare come inaccettabile dal punto di vista morale il patto Ribbentrop Molotov. Però nello stesso giorno, su di un articolo intervista pubblicato da un quotidiano polacco la “GazetaWyborcza”, ha evocato la responsabilità della Francia e dell’Inghilterra per aver firmato l’anno prima il patto di Monaco. In base ad esso la Cecoslovacchia fu sacrificata alle pretese di Hitler e si lasciò isolata l’Unione Sovietica, essendo stata rifiutata la sua proposta di un sistema di sicurezza collettiva.

Nessun cenno egli ha fatto all’oppressione esercitata dall’URSS, dopo la guerra per cinquanta anni, e nessun cenno di scusa per l’imbroglio di Katyn, che fu svelato solo nell’89, per volontà di Gorbaciov, e che, recentemente, un film ha contribuito a far conoscere nei dettagli anche al nostro paese. Si tratta del film “Katyn” del regista Andrzey Wajda, suggeritogli dalla sua storia familiare, il padre, ufficiale di cavalleria, fu tra le vittime della carneficina ordinata da Stalin nel 1940, ma che fu fatta passare come effettuata dai nazisti nel 1942. Fino alla perestrojca gorbacioviana parlare di Katyn in Polonia era impossibile. Sulle iscrizioni delle tombe di guerra non doveva apparire quella circostanza e la vera data, e gli stessi familiari delle vittime furono soggetti a persecuzioni.

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Cattedrale di Varsavia

Tuttavia a Varsavia, nella loro chiesa cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, nascosta nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, a sfida del governo comunista, i polacchi avevano posto da subito una lapide commemorativa di Katyn con la data esatta: 1940.

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Ghetto di Varsavia

Ma forse più ancora di Katyn, pesa oggi il ricordo della fallita insurrezione di Varsavia, durata due mesi dal 1° agosto al 2 ottobre 1944, e alla quale è dedicato, nella capitale, un drammatico, plastico, straordinario monumento che rappresenta la rivolta .di tutto un popolo contro gli occupanti tedeschi: donne, uomini, ragazzi, madri incinte, soldati, sacerdoti. I polacchi insorsero fidando nell’aiuto dell’Armata Rossa che era alle porte, ma le truppe, per ordine di Stalin, si limitarono ad osservare senza intervenire, aspettando la fine delle lotte per fare il loro ingresso nel gennaio del ‘45. In quella insurrezione morirono duecentomila civili e diciottomila soldati dell’esercito polacco clandestino. Alla fine della guerra i morti polacchi furono il 15% della popolazione, sei milioni di cittadini di cui tre milioni di ebrei.

Nel corso della guerra la Polonia era stata anche attraversata da lotte interne, tra filocomunisti simpatizzanti per i sovietici - una minoranza - e la corrente liberale democratica simpatizzante per l’occidente - la maggioranza -. Sotto l’occupazione tedesca essa era riuscita a dare vita ad un governo libero che risiedeva a Londra e ad uno Stato clandestino, sul territorio polacco, con un’armata, scuole ed un sistema giudiziario indipendente, all’estero un esercito formato da emigrati polacchi e da prigionieri rilasciati dai russi dopo l’invasione nazista della Russia nel giugno1941, al comando del generale Anders, affiancava con successo gli Alleati sul fronte italiano. Tuttavia, a seguito degli accordi di Yalta del febbraio 1945, la Polonia insieme a tutta l’Europa dell’Est fu consegnata alle mire egemoniche dell’URSS, come ricompensa dello sforzo bellico sostenuto e del sangue versato da milioni e milioni di soldati sovietici morti.

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Joseph Pilsudski

Certo per battere la Germania nazista c’era voluto il concorso dell’Unione Sovietica, gli anglo americani da soli non ce l’avrebbero mai fatta, ma a pagare il prezzo è stata la Polonia, privata di fatto della sua indipendenza fino agli anni 0ttanta. Bisogna però riconoscere ammirati che la Polonia non si è mai arresa, è stata fedele nella sua storia a quella frase che ho letto a Cracovia incisa sotto la statua del Maresciallo Joseph Pilsudski, il loro eroe nazionale, quello che fece risorgere lo Stato polacco dopo la prima guerra mondiale “ Essere vinti ma non arrendersi è una vittoria, vincere ma crogiolarsi sugli allori è una sconfitta “.

Il passato è passato e non si può cambiare né fingere che non ci sia stato, ma dalla terribile lezione della guerra oggi ci sembra stia nascendo un’era di pace e di dialogo, una più ampia conoscenza di quei fatti sta portando le nuove generazioni, non coinvolte direttamente e quindi non annebbiate dal fardello del dolore, ad un maggiore rispetto ed ascolto delle diverse memorie.

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Angela Merkel

Questo ci è sembrato di cogliere nel coraggioso e ammirato discorso della cancelliera tedesca Angela Merkel, rappresentante del paese ex nemico, che, ringraziando commossa di essere stata invitata a Danzica per le celebrazioni, ha detto: ” Noi causammo dolori indicibili a tutti i polacchi e a tutti gli Europei… Il nostro compito è costruire il futuro con la consapevolezza della nostra responsabilità…L’unità dell’Europa e l’amicizia della Germania con i suoi vicini trovano forza nel fatto che noi non chiudiamo gli occhi sulla nostra storia… Non ci sono parole che possano descrivere il dolore atroce di questa guerra e dell’olocausto, io mi inchino davanti alle vittime…” Da ultimo non ha dimenticato di ringraziare i polacchi per la rivoluzione democratica di Solidarnosc che proprio a Danzica prese le mosse e che aprì a tutti nell’89 – ella ha concluso - la porta della libertà.

 

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