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MA CHE BELLA COSTITUZIONE, SEMBRA UNA PALLA!

Divagazioni con una riflessione un po’ stramba
giovedì 1 dicembre 2016 di Michele Penza

Argomenti: Attualità
Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Sono stato bambino anch’io secoli fa e come tanti altri ho dovuto fare nel 1938 la prima comunione. Mi fu spiegato che mangiar carne di venerdì era un peccato cosiddetto mortale, perché comportava la morte dell’anima, nel senso che ne avrebbe impedito la salvezza eterna. Naturalmente mi adeguai e lo feci senza troppe difficoltà anche perché allora ti andava bene se la carne la mangiavi una volta alla settimana e generalmente era alla domenica.

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Ora questa prescrizione non esiste più e non mi sogno di attribuire questo mutamento normativo a poca serietà di chi determina la regola ma al semplice fatto che attualmente limitarsi nel consumo di carne non rappresenta minimamente una mortificazione, nemmeno simbolica, o comunque un sacrificio, bensì corrisponde a una salutare norma igienica raccomandata da medici e dietisti, ed è una privazione che può essere comunque sostituita da infinite altre soluzioni alimentari ancora più gratificanti. Alla chiesa cristiana che ha sensori ben radicati nella nostra società queste semplici verità non possono sfuggire e si adegua. Fa benissimo.

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Socrate

Qualche annetto più tardi ho cominciato a mettere il muso sul vecchio manuale di Storia della Filosofia di Lamanna ed ho fatto conoscenza con Socrate che mi ha fatto capire un paio di cose semplici ma importanti. La prima è che al buon cittadino conviene sempre obbedire alle leggi del suo paese e la seconda è che al contempo non le deve idolatrare, memore del fatto che col mutare dei tempi la legge può cambiare e che nello stesso istante a poca distanza da te sull’altra riva del fiume, se questo segna un confine, potrai trovare un’altra polis e quindi un’altra legge che dice lecito ciò che qui è proibito, per ragioni ugualmente valide.

Sarà chiaro a tutti che ogni riferimento alla costituzione è puramente voluto e non casuale. La costituzione non è una legge ma un tracciato programmatico, un enunciato che serve ad indicare le direttrici di marcia di uno stato, le linee ispiratrici del suo cammino. Rappresenta già molto questo significato, è tanto, è abbastanza denso, non gli diamo ulteriore peso, non ne facciamo una ‘sharia’ da idolatrare.

Sarà perfetta la nostra attuale costituzione? No, certamente no, come del resto tutte le cose umane. Certamente talune sue considerazioni sono state determinate dalla situazione politica dell’epoca della formulazione, da particolari condizioni storiche ed economiche, dalle esperienze di vita degli uomini che l’hanno scritta. Provo a scorrerne il testo e mi colpiscono un paio di flash, di frasi ad effetto che esprimono concetti affascinanti.

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art.1 Costituzione italiana

La prima: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. E’ indubbiamente una frase suggestiva, altisonante. Cosa può voler dire oggi? Corrisponde forse alla nostra realtà? Un giovane oggi si potrebbe chiedere: il lavoro è dunque un diritto riconosciuto, ma perché allora non mi viene concesso? O è forse un dovere. Ebbene eccomi qua, sono pronto, dove è il mio posto di lavoro? Chi dovrebbe e cosa potrebbe rispondere?

Oggettivamente la frase sembra non avere alcun senso né si comprende quale potrebbe assumerne. Un’affermazione del genere poteva concernere l’Unione sovietica fino al tempo di Gorbaciov, la Romania di Ceausescu dove i ragazzi fin dalla scuola conoscevano la sede e l’azienda dove sarebbero andati a lavorare, o l’Albania dove tutti, anche i medici, dovevano partecipare ai lavori agricoli per un mese l’anno, ma che c’entra l’Italia con tutto questo? Qui il posto di lavoro assicurato a memoria mia ce l’hanno sempre avuto i figli delle Cancellieri o delle Fornero o dei Marchionne, tutti gli altri no: era vero ieri e più che mai è vero oggi.

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Anna Maria Cancellieri
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Elsa Fornero
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Sergio Marchionne

E allora di che parla questa Costituzione? In questa occasione si rivela un bellissimo testo letterario, molto ‘estetico’, ma nulla di più. Vogliamo parlare di quell’altra solenne dichiarazione con la quale l’Italia rinuncia alla guerra come soluzione dei contrasti politici? Taluni saranno sorpresi o faranno finta di esserlo ma faccio loro presente che da oltre venti anni l’Italia manda soldati in missioni di guerra.

Lo ha fatto nel corno d’Africa, in Iraq e in Afganistan. Le chiamano operazioni di peace keeping ma si va a combattere, beninteso, non solo a distribuire acqua minerale come qualcuno raccontava. Siamo anche intervenuti con l’aviazione in missioni di guerra in Serbia (come sa benissimo D’Alema) in Iraq (ricordate Cocciolone?) e in Libia, mentre la nostra marina pattuglia le coste della Somalia e l’oceano indiano per combattere la pirateria. Quando serve spara e il governo indiano afferma che lo ha fatto anche quando non serviva. Ce lo siamo dimenticato?

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Questa è la verità e non potrebbe essere altrimenti perché affinché regni la pace non basta che sia tu solo a volerlo e se devi vivere in un condominio dove la rissa è perenne sei costretto a comportarti come tutti gli altri e per sopravvivere ti devi aggregare a un gruppo del quale dividi la sorte, pace o guerra che sia. Questo gruppo nella fattispecie si chiama NATO.

Mentre noi pensiamo di ostentare come fiore all’occhiello la nostra buona volontà di pace sono tornate di attualità la pirateria e la schiavitù. Se la prima ci tocca di rimbalzo la seconda ce l’abbiamo in casa, da Latina in giù nelle principali aziende agricole. Nel merito non ho mai colto cenni di dissenso da alcun costituzionalista e comincio a pensare che la nostra costituzione la consenta.

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Questa è la cruda verità che i costituzionalisti, specie quelli di complemento, talvolta sembrano inclini ad obliare per indulgere ad estasi romantiche. Non tutti e non sempre però. Talvolta capita che d’improvviso si destino e si rivelino anche più pragmatici dell’auspicabile, per esempio quando a una settimana da una consultazione popolare su materia molto più politica che giuridica emettono una sentenza che boccia la riforma degli statali.

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Franco Bassanini

Io cerco di capire il perché, dove è che l’asino è caduto ed è proprio lì dove immaginavo. Quando Bassanini ha introdotto la possibilità che un ministro ha di prendere un cittadino con taluni requisiti minimi e farne un dirigente nella P.A. nessuno ha avuto da ridire, era una buona opportunità per tanti che si ritenevano a torto o a ragione in pista di lancio.

Ora che la riforma sancisce per l’organo che lo aveva assunto la facoltà inversa di cacciare un incapace o un mascalzone la corte non può dire di no (e come potrebbe?), obietta soltanto che manca il placet di tutte quante sono le regioni italiane per cui il provvedimento è incostituzionale. Io non commento, lo lascio fare a voi, annuso l’aria e sento intorno una gran puzza di lobby e rivendico la libertà di dirlo.

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Concludo queste mie divagazioni con una riflessione un po’ stramba. Quanto è bella la nostra costituzione e come è poliedrica negli orizzonti che spalanca. Mi ricorda la bellezza e l’armonia della sfera. Mi ricorda il gioco della palla che ogni bambino ha amato ed è il più ricco perché in realtà ha tante varianti e tutte hanno una regola comune: comanda il gioco chi ha in mano la palla. Proprio come avviene con la costituzione.

 



  • MA CHE BELLA COSTITUZIONE, SEMBRA UNA PALLA!
    10 febbraio 2017, di sandro meardi

    Gentile Sig. Penza
    le Sue riflessioni sulla carta costituzionale, segnatamente su alcuni principi in essa contenuti (il lavoro, il ripudio della guerra e di ogni schiavitù) fatte così amabilmente con amara ironia, tra il serio ed il faceto come ha fatto Lei, sono pienamente condivisibili. Chi oserebbe dire il contrario davanti alla Costituzione più bella del mondo? Persino un comico come Benigni l’ha declamata in un suo noto spettacolo, per decantarne le virtù.

    Ma il punto è proprio questo ritengo. Figli come siamo un po’ tutti di un "virtuoso" bizantinismo nel pensare e nello scrivere, lo erano anche i padri costituenti, che come lei opportunamente ha sottolineato e/o lasciato intendere, erano anche reduci da un conflitto mondiale (malamente perso) e da una guerra civile della quale ne portiamo i segni ancora oggi. Insomma, un periodo storico tra i peggiori, se non il peggiore, che l’Italia ricordi.

    Da qui al mettere nero su bianco in Costituzione quanto di più bello possa essere sperato, dopo aver visto quanto di più brutto c’era stato da vedere solo pochi anni prima, credo il passo sia stato davvero breve e nemmeno tanto difficile da compiere. Una semplice contrapposizione tra il male, tanto, concreto di ieri con l’auspicato teorico bene per il domani.

    Certo, gli auspici sono ben lungi dall’essere stati tutti realizzati e alcuni, paradossalmente, si sono persino rivelati un boomerang a danno della stessa Costituzione, generando inceppamenti nella politica e nella conseguente macchina amministrativa.

    Grazie ancora per le Sue riflessioni e dell’attenzione.

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