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L’IMMAGINE DEL SUONO E IL SUONO DELL’IMMAGINE

Riccardo Muti e Massimo Cacciari si confrontano in un dialogo
lunedì 16 novembre 2020 di Elvira Brunetti

Argomenti: Arte, artisti


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Due opere importanti di due grandi artisti lontani nel tempo e distanti tra loro sul piano espressivo possono interfacciarsi per generare un unico pensiero emotivo? Parliamo della ”Crocifissione” di Masaccio (1426) e delle “Ultime sette parole di Cristo” (1786) di Franz Joseph Haydn.

Siamo a Napoli nel museo di Capodimonte e il maestro Riccardo Muti (Fig.1) si ferma davanti alla famosa tavola lignea del pittore toscano (Fig.2). Guarda subito l’anomalia dell’assenza del collo tra il petto e la testa e intuisce che il Cristo è visto dal basso, quasi ad accogliere il grido di sofferenza della Maddalena ai suoi piedi. Due soli colori esaltano quella disperazione: il rosso della veste e il giallo dei capelli, che non esauriscono il dolore. Esso continua ad esprimersi attraverso lo slancio delle braccia in alto e lo sforzo di allungamento delle dita delle mani. Com’è moderna quella Maddalena!

Cosa è successo al Nostro? Forse è volato col pensiero sulla tomba di Haydn, quando con un gruppo dei Wiener Philarmoniker eseguì emozionatissimo quella partitura musicale? Oppure al Festival di Ravenna, quando presente Massimo Cacciari (Fig.3), si esibì nella stessa composizione? Ebbene come avviene una simile relazione?

La vista nel momento in cui diventa visione può suscitare davvero una sensazione talmente profonda da evocare il suono di una musica lontana che improvvisamente esce dal silenzio per entrare in completa sintonia con l’immagine visiva.

Quando gli occhi guardano e vedono, così anche l’orecchio sente e ascolta. Possiamo allora ascoltare un colore o vedere un suono? Sembra impossibile. Eppure nel 1905 Matisse e i Fauves operano una rivoluzione del colore, dando pieno valore oggettivo a qualcosa che prima era legato strettamente alla forma. Essi irrompono letteralmente sulla scena artistica del momento con colori sgargianti, aggressivi fino a minimizzare la forma per dire finalmente molto di più del semplice piacere visivo. Nel Marocco dipinto da Matisse si sente tutto il calore di quel Paese. E’ una sensazione tattile. Con Kandinsky poi c’è una sublimazione spirituale del colore. Il pittore russo, precursore dell’Astrattismo, scrive tanto sull’argomento fino ad elaborare una vera e propria "teoria del colore". Per Vassily i tre colori primari giallo, rosso e blu (Fig.4) sono note musicali perché possono vibrare e trasmettere armonia all’anima.

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Masaccio. Crocefissione

E’ l’affettività del pensiero, di cui parla il noto filosofo veneziano a proposito di Leopardi. Se il pensiero ha cuore come dice Pascal, molte forme d’arte, dalla poesia alla musica, alla pittura ci coinvolgono interamente con la partecipazione di tutti i sensi. Ecco perché c’è bisogno di pensiero.

Cacciari inoltre ci aiuta a capire perché un contadino senza conoscere Mozart può essere sensibile, per esempio, alla sinfonia n°40. Sempre nel libro scritto a quattro mani (Fig.5) egli riprende un concetto di Vico per riaffermare l’idea che dentro di noi ci sia un arché, a cui tutti facciamo riferimento, una specie di memoria ancestrale di quando il suono precedeva la parola, che ci permette di godere di un suono anche senza conoscerlo.

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Massimo Cacciari

Franz Joseph Haydn era Maestro di Cappella presso la famiglia del Principe di Esterhazy, una dinastia importante che possedeva un castello favoloso in mezzo al verde, soprannominato "La Versailles ungherese"(Fig. 6). Maria Teresa d’Austria era solita dire che vi si recava ogni volta che desiderava ascoltare della buona musica.

Durante il mio ultimo viaggio a Vienna, andai a visitarlo. Era solo a 7 km dal confine con l’Austria. Grande fu la mia emozione quando ebbi l’accesso al Salone, ricco di specchi e porcellane, in cui Haydn si era esibito chissà quante volte per quella corte (Fig. 7). Nella sontuosa residenza sono conservate opere d’arte importanti, tra cui alcune statue di Antonio Canova, da quella del principe Nicola Esterhazy a quella raffigurante "Letizia", la madre di Napoleone a tutti gli effetti italiana.

L’imperatore dei Francesi ebbe contatti con il principe ungherese, proprio prima di sposare Maria Luisa d’Austria. Il nome di quella nobile famiglia tutt’oggi è famoso perché ha legato il suo nome ad un dolce delizioso: la torta Esterhazy, vera delizia del palato, che si può gustare per esempio alla Tea room del Kunsthistorisches Museum di Vienna.

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Versailles ungherese

Joseph Haydn compose "Le sette parole di Cristo", attingendo al suo pathos creativo più profondo. Si tratta di una partitura musicale toccante e complessa. C’è una introduzione, che risuona come un lamento funebre. Muti usa il paragone con il buco nero per la potenza della forza, che trattiene la luce senza farla uscire, perché la musica è luminosa, quando vibrano alcune note in un certo modo e buia con altre note. Seguono poi ben sette sonate, che scandiscono il tempo sulla croce; ognuna è espressione sonora delle ultime frasi o parole mormorate da Gesù.

Singolare è la descrizione sempre di Muti dei pizzicati del violino per indicare le gocce d’acqua nella quinta sonata "Sitio" (Ho sete). Essi rappresentano la suggestiva visione che il grande Haydn trasforma in suoni. La tragica musica della Crocifissione si conclude con il terremoto finale, breve ma terribile per la violenza del suono.

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Riccardo Muti

In ultima analisi vorrei perorare l’importanza dell’educazione musicale, una disciplina che insegna l’ascolto. E’ il "Conosci te stesso"di frequente reminiscenza greca. L’ascolto è memoria di ciò che abbiamo trattenuto nella nostra mente. Qualcosa che si sta perdendo nella società della spettacolarizzazione.

Elvira Brunetti

 

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