Intanto l’instabilità politica incrementa crisi economiche, rigurgiti antidemocratici e razzismo. Nuovi partiti e partitini spuntano ogni giorno come funghi, alimentati da discordie, divisioni e scissioni che dilaniano in particolare la sinistra e così la “società liquida” di cui parla Zigmunt Bauman sembra trionfare nel nostro Paese sulle ceneri delle passate ideologie. Ci appare quindi giusto citare il noto sociologo e filosofo in questo difficile momento storico, poiché sentiamo il bisogno di una visione più ampia della società diventata più che mai sfuggente e inafferrabile.
Nato in Polonia a Poznan nel 1925 e morto in U.K. a Leeds nel 2017, Bauman è stato senz’altro uno degli intellettuali più aperti al dialogo e al confronto umano e culturale nell’epoca postmoderna travolta da globalizzazione, crollo delle ideologie, crisi economiche, omologazioni collettive e deriva etica, tutte cause generatrici di una “società liquida”, caratterizzata da incertezze, precarietà e frustrazioni. Le sue idee espresse in diversi libri, come Società Liquida, Modernità Liquida, Vita Liquida, Tempi liquidi, Paura Liquida, Dentro la Globalizzazione e tanti altri, mettono in rilievo grandi cambiamenti epocali.
Da ricordare in particolare il testo "La Solitudine del Cittadino Globale” in cui evidenzia la solitudine causata dal disorientamento del singolo che non si sente più parte di una comunità un tempo capace di interpretare i suoi bisogni. I suoi studi sociologici sulla struttura precaria della società mettono a fuoco anche la fragilità dei legami affettivi nel testo “Amore Liquido”.
In seguito mostrò interesse anche verso le massicce ondate migratorie dopo le primavere arabe e la guerra civile in Siria, sempre in prima linea contro egoismi, razzismo e muri. Significativo su tali temi il suo libro "Stranieri alle porte". In esso scrive quanto segue: "Questi migranti, non per scelta ma per atroce destino ci ricordano quanto vulnerabili siano le nostre vite e il nostro benessere. Purtroppo è nell’istinto umano addossare la colpa alle vittime delle sventure del mondo. E così, anche se siamo assolutamente impotenti a imbrigliare queste estreme dinamiche della globalizzazione, ci riduciamo a scaricare la nostra rabbia su quelli che arrivano, per alleviare la nostra umiliante incapacità di resistere alla precarietà della nostra società. E nel frattempo alcuni politici o aspiranti tali, il cui unico pensiero sono i voti che prenderanno alle prossime elezioni, continuano a speculare su queste ansie collettive, nonostante sappiano benissimo che non potranno mai mantenere le loro promesse. Ma una cosa è certa: costruire muri al posto di ponti e chiudersi in ’stanze insonorizzate’ non porterà ad altro che a una terra desolata, di separazione reciproca, che aggraverà soltanto i problemi".
Secondo Bauman da tempo arrivano profughi in fuga da guerre, dispotismi , violenze e fame, ma oggi più che mai vengono rifiutati per il numero crescente che ha generato un vero e proprio attacco di panico contro di loro, alimentato dal terrorismo, per cui vengono considerati una minaccia per il benessere e la sicurezza della società. Insomma, come al solito, si considerano solo gli “effetti”, senza mai cercare di porre fine alle “cause” di una tragedia epocale che si consuma nell’indifferenza mondiale, una tragedia che ha ridotto il Mediterraneo ad un immenso cimitero in cui muoiono in prevalenza bambini e donne.
“Non c’è da meravigliarsi che queste masse in movimento siano viste da chi vive in Europa come “messaggeri di cattive notizie”, per citare Bertolt Brecht.- egli afferma - È facile attribuire a cause esterne il crollo delle certezze e delle stabilità che caratterizza il nostro tempo, mentre è difficile per i politici resistere alla tentazione di far cassa elettorale sulle ansie e sulle paure determinate dal flusso inarrestabile di stranieri. C’è bisogno di inaugurare una nuova stagione, costruire ponti invece di muri. Perché costruire muri porta a un drammatico peggioramento della situazione e la distanza crescente tra persone e comunità alimenta pericolosamente la violenza. La sfida che ci attende negli anni a venire è quella di superare le distanze e le diffidenze. Solo il dialogo, la fusione degli orizzonti potrà evitare il disastro”.
Consigli preziosi che molti politici italiani sembrano ignorare, più interessati a coltivare orticelli personali che a pensare al Bene del Paese in un quadro europeo e internazionale davvero preoccupante dove non solo le forze democratiche e progressiste delle sinistre moderate sono in difficoltà, ma anche le destre liberali di un tempo.
In verità ci preoccupa il futuro che dovranno affrontare i nostri figli e nipoti. Tempi davvero duri si prospettano per loro, se non si cambia rotta.