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Budapest, un ricordo


mercoledì 18 aprile 2007 di Arturo Capasso

Argomenti: Luoghi, viaggi


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Ormai lo sapevano tutti: gl’italiani che andavano da quelle parti non erano tanto interessati a stendere a terra un bel capriolo o a sparare ad un cinghiale .Le anatre, poi, potevano aspettare. La caccia era un sistema ( o un trucco ) molto in voga per ottenere il visto d’ingresso per quel Paese.

La caccia si svolgeva su un altro fronte e - sotto certi aspetti - sicuramente più piacevole e stimolante. Al ritorno il carniere poteva anche essere vuoto e le canne potevano non avere sparato neppure un colpo, ma che importanza aveva? L’ italiano restava felice e contento del viaggio.

Perché? in pochi giorni era riuscito a riaffermare a se stesso e agli amici rimasti a casa la netta superiorità del maschio latino, atteso, cercato, coccolato.

I cacciatori si mettevano di buona lena ad attendere il passaggio della selvaggina fin dal mattino, appostandosi presso il bar all’italiana, che si chiamava appunto “Piccolo bar”. C’erano due saloncini liberty ed una galleria centrale. Tre ragazze servivano con professionalità espressi, limonate, Martini, liquori forti.

E avvenivano i primi approcci. Sguardi sorrisi accostamenti di sedie di tavoli di mani. Non si perdeva tempo. Le ragazze. Tante, spigliate, simpatiche, sorriso accattivante.

Perché erano attratte dall’italiano? Quale magia adottava il nostro connazionale? C’era il desiderio di avere contatti con l’Occidente in modo semplice, senza dover parlare di politica e di sistemi.

Ne avevano abbastanza di delegazioni ufficiali composte da membri di partiti fratelli, di partigiani di tutte le guerre, di ferrovieri e di minatori. Poteva verificarsi l’ipotesi di un invito a trascorrere un po’ di giorni nel nostro Paese e il breve soggiorno poteva diventare definitivo. Ma il giovane innamorato doveva stare molto attento, perché a volte il vero amore non era che l’unico mezzo per fuggire dal terribile blocco

I cacciatori non andavano a mani vuote; portavano nelle loro valigie bei vestiti, maglioni, scarpe, calze, maxicappotti, minigonne . Era tutta produzione italiana, di sicuro successo.

Il sistema socialista - per altro molto attento e vigile - chiudeva un occhio e non interveniva. Oltretutto, accontentava le proprie giovani connazionali, accontentava quanti venivano da fuori, accontentava le casse statali con valuta pregiata

Il cacciatore che arrivava qui appariva gioviale. I suoi soldi, inoltre, avevano molto, molto più potere di acquisto. La dolce ragazza era invitata a prendere un drink all’ultimo piano del nuovo hotel Budapest, da dove si poteva ammirare e godere la veduta della città. Poi si andava in una taverna di lusso, con un servizio impeccabile I violini zigani accompagnavano le più piccanti specialità della cucina ungherese. Dalla carpa arrostita con salsa tartara al goulash e allo shashlick. Pietanze presentate con ricerca coreografica unica. Era una magica tradizione che si ripeteva ogni sera, con bottiglie di generoso Tokaj, secco o dolce, che allietava il palato ed inebriava dolcemente.

E così, chi era stato una volta ci tornava; il passa parola determinava uno sviluppo turistico vertiginoso. Gente che di solito non si muoveva per una congenita pigrizia, si sobbarcava a lunghi viaggi verso un mondo magico, in cui tutto si poteva avere: dal pranzo da nababbo all’amore a prima vista.

Quale propaganda poteva essere più accattivante?