In un primo tempo il collega voleva ricompensarmi con del vile denaro: 10 milioni, che io rifiutai sdegnosamente, perché all’epoca ero miliardario, per cui lui con quella cifra acquistò un dipinto della pittrice isolana, all’ora sulla cresta dell’onda con quotazioni altissime e me ne fece dono dopo una cena romantica, con relative consorti, nel ristorante Rosolino.
Prima di passare al racconto della vita di Carmelina, come donna del popolo, ma soprattutto come artista di fama internazionale vi invito dal mio libro: Capri tra arte, bellezza e mondanità a leggerne un interessante capitolo digitando il link
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Carmelina di Capri”, nella sua veste di pittrice, per più di quarant’anni è stato un nome di fama internazionale. Di lei si parlava a New York,
a Los Angeles, a Filadelfia, a Londra, a Stoccolma, a Parigi dove nel 1964, esponeva i suoi quadri nella importante Galleria Benezit e, pur essendo ancora del tutto sconosciuta, venne definita dal grande Anatole Jakovsky “la
naive la plus fameuse d’Italie”.
- Carmelina mentre lavora
La prima mostra di Carmelina è realizzata a Roma nella primavera del 1959 e già d’allora i consensi per la sua arte sono unanimi e straordinari. Al mondo della pittura, come lei stessa raccontava, si accosta non più giovanissima e per puro caso.
Figlia di un pescatore della Marina Grande, Carmelina vive la
sua infanzia semplice e serena in seno alla sua numerosa famiglia, in
mezzo ai tanti fratelli e sorelle più grandi che la coccolano, ma si
adoperano anche per farle imparare un mestiere, mandandola a dieci
anni presso una buona sarta dell’isola. Adolescente, viene colpita da
una grave forma di meningite, ma ne guarisce. Allorché riprende la sua
vita abituale, agli occhi di tutti Carmelina appare un’altra donna,
scontrosa, insoddisfatta di quello che ha, di quello che fa,
rifiutando persino di tornare dalla sarta e preferendo trascorrere il
suo tempo girovagando per le viuzze del paese, senza meta, tutta
assorta nei suoi pensieri. Che cos’è accaduto a Carmelina?
I familiari, preoccupati, la fanno ricoverare in una casa di cura, ma
dopo poco ne viene dimessa perché la sua mente funziona perfettamente.
Ritornata a Capri, riprende le sue passeggiate solitarie e la si vede
spesso seduta su una panchina, su di un muretto, sulla balza di una
roccia a contemplare con gli occhi stupefatti, e per ore intere, il
paesaggio di Capri, i colori dei fiori, il verde dei prati, come se
volesse imprimere nei suoi occhi lo spettacolo suggestivo della
lussureggiante natura caprese.
Quando sposa un giovane di Capri, la gente rimane perplessa: riuscirà Carmelina, con il suo comportamento incantato, a vivere tranquillamente la sua vita di sposa e madre?
Nasce il figlio Pasqualino, poi la figlia Emilia. Il marito trova un
lavoro fisso presso il Cimitero comunale di Capri e Carmelina svolge
con responsabilità e capacità il suo ruolo di moglie e specialmente di
madre. Un giorno, Pasqualino che ha pochi anni si ammala e la mamma
pensa di fargli un regalo. Con le poche centinaia di lire che racimola
in casa corre a comprare una scatola di colori e pennelli e, pur non
avendo mai preso in mano un pastello o una riga, diventa la maestra
del figlio malato e, intanto, impara lei stessa a dipingere.
Quando il bambino guarisce, Carmelina, che ha scoperto il gusto dei colori,
guarda con stupore fanciullesco i fogli di carta sui quali la sua mano
un po’ tremante ha creato scene colorate meravigliose. Sorride
divertita di quello che è riuscita a fare e, dopo qualche giorno,
compra scatole di colori più importanti, e tele piccole e grandi,
pennelli, e ai suoi amici racconta che ha fatto un sogno meraviglioso:
ha visto san Costanzo, il patrono di Capri, e il Cuore di Gesù che le
hanno detto che diventerà un’importante pittrice.
Non avendo mai sentito parlare di prospettiva e di chiaroscuri, ma tenendo impresse nella sua anima e nei suoi occhi le casette bianche e rosa dei
pescatori con le finestrelle e i balconcini traboccanti di rossi
gerani, le barche che solcano il mare di un azzurro cobalto, le
villette ridenti della Marina Piccola disseminate tra il verde delle
balze, la Certosa con i suoi chiostri armoniosi, i monumentali
portici, la bella Chiesa, la Piazzetta così colorata e suggestiva,
comincia a dipingere sul serio.
Accade, però, un fatto straordinario. Ogni via, ogni scorcio, ogni oggetto che rappresenta sulla tela, sotto il suo pennello appare reinventato dalla sua fantasia. Le case, le strade, le piazze corrispondono a quelle dell’isola, ma Carmelina contamina (nel significato latino di mescolare) i luoghi, collocando
per esempio nella Piazzetta la famosa piscina della Canzone del mare
con un Faraglione in mezzo all’acqua, trasferendo nel paesaggio
caprese scorci della laguna veneta, come se volesse salvare, nel mare
allora incontaminato di Capri, Venezia dall’avvelenamento delle sue
acque, e poi accostando strade dell’isola lontane l’una dall’altra,
rappresentando la realtà ma modificandola secondo il suo cuore di vera
innamorata della sua terra.
Nel suo universo artistico, dove sembra che il tempo si sia fermato e lo spazio abbia perduto la sua rigida connotazione, Carmelina esprime il suo mondo interiore fatto di sogni, di speranze, di desideri che hanno un comune denominatore: l’amore per la sua isola e per la sua gente che vorrebbe vedere in perfetta sintonia. Ed ecco venire fuori dalle sue mani quadri in cui l’isola ora è rappresentata come racchiusa in una particolare arca che, come
quella di Noè, dovendo mettere in salvo tutti, superba e sicura
sovrasta la distesa dell’azzurro mare, ora assume l’aspetto di
un’enorme nassa che naviga in un mare calmo e trasparente, ora di un
grande scoglio con ville, piscine, strade alberate in un tripudio di
fiori colorati che spuntano ovunque, persino sui binari della rossa
Funicolare stracarica di passeggeri.
Scoperta per caso, Carmelina passa di trionfo in trionfo, raccoglie premi nei concorsi dei pittori naifs di tutto il mondo, i suoi quadri sono ammirati da intenditori fieri di acquistarli. Gli elogi, tra i quali quelli di Giancarlo
Vigorelli e del grande De Chirico, e il successo non insuperbiscono
Carmelina che continua a vivere semplicemente. Si fa costruire una
villetta (“La Naive”), ma preferisce vivere ancora nel suo piccolo
studio in fondo a via Fuorlovado dove comincia a dipingere all’alba,
particolarmente sollecita anche nella educazione dei figli che segue
con attenta partecipazione fino alla loro laurea in medicina.
Dopo gli anni dei successi, Carmelina si rifugia nella sua villetta alla
Cercola, circondata dall’affetto dei figli. Non abbandona i pennelli e
i colori che, spesso, costituiscono un salutare antidoto ai malanni
dell’età avanzata e talvolta si rammarica di essere stata quasi
dimenticata specie da chi, nei tempi d’oro della sua attività ha
beneficato con ogni sorta d’aiuto.
Conquistata a duro prezzo la felicità, lei prese a riversarla a piene
mani sulla tela e fu il successo. La bellezza dell’isola, rivelata
nell’Ottocento dai romantici tedeschi, immortalata da Corot e
prediletta dai suoi allievi fino a Renoir, riapparve in una veste
assolutamente nuova e candida, destinata anche per questo ad incantare
un pubblico vastissimo. Era una visione nello stesso tempo
assolutamente fedele alla realtà eppure surreale. Umana e
contemporaneamente fantastica, come può essere soltanto una fiaba.
Carmelina guardava il suo piccolo mondo affacciata ad una finestra
magica, ed ecco che dai suoi pennelli prendevano forma e colore la
piccola piazza del paese, con gli ombrelloni colorati ed il campanile;
la processione dei devoti, dipinti in lunghe fila di figurine
puntiformi, dietro la statua argentea del santo; le case della marina,
con il “suo” palazzo rosso che troneggia in mezzo ad esse. Qualche
volta invece la pittrice si librava in volo, per mostrare a tutti la
tragica visione della sua isola assediata dalla flotta saracena, o al
contrario trasformava Capri in un quieto presepe, con la gente che
tornante dopo tornante (come lungo via Krupp) si avvicina alla grotta
dove è nato Gesù, mentre in alto i re Magi lasciano il loro castello
cavalcando i cammelli.
Ne aveva fatta di strada, Carmelina, quando lasciò ad 84 anni i suoi pennelli e la sua amata famiglia. E tanto tempo è trascorso da allora. Eppure
ancora oggi, a chi passi davanti alla sua “tanto desiderata casetta”
di via Cercola, può accadere di sentire il fruscio della sua
barchetta-aquilone che ancora naviga nel cielo. Sarà per questo che i
suoi quadri, a cento anni dalla sua nascita, lasciano in chi li guarda
la dolcissima sensazione di ritornare bambini. Sia pure solo per pochi
attimi.