Entrambi definiti Surrealisti, gruppo che faceva capo ad
André Breton. Anche Dalì ne era parte, nonostante la sua eccentricità
lo facesse apparire alquanto stravagante. A volte anche di difficile
comprensione per la componente prevalentemente onirica della sue
rappresentazioni.
De Chirico era più anziano di Magritte di dieci anni e svilupperà
prima una fase metafisica. Tuttavia per il Nostro costituì un punto di
partenza importante. Un quadro del 1914, presente al Moma di N.Y.
lo impressionò molto. Si trattava di una visione nuova che aveva a
che fare con quel senso di spaesamento così vivo e presente in tutte
le opere dell’artista belga.
Correvano i famosi anni Venti, gli anni ruggenti della fantasia e
dell’intelletto. Dopo il secondo Manifesto, Breton, direttore della
rivista "Qu’est-ce que le Surrealisme" pubblica in copertina di uno
dei tanti numeri l’immagine dissacrante dello "Stupro"

- Magritte: Lo stupro
Un volto femminile in cui agli occhi si sostituiscono i seni , al naso
l’ombelico e alla bocca il pube. Una provocazione di Magritte. Nel
programma del gruppo senza logica, né morale, l’attenzione era rivolta
piuttosto alle analogie da riscoprire ed evidenziare. Osa Magritte ed
eccolo assimilare tre candele accese su una spiaggia che strisciano
come vermi nel dipinto "Meditazione".

- Magritte: Meditazione
René, icona dell’arte brussellese, nasce nel 1898 e muore nel 1967. Le
tendenze artistiche in voga lo avevano solo sfiorato. La sua ricerca
era orientata ben al di là perfino del sogno. L’inconscio non c’entra,
in quanto il mistero è nel visibile, che noi dobbiamo cercare di
vedere. Nell’arte riconosceva lo strumento per generare turbamento o
sorpresa e indurre in tal modo alla riflessione. Se la pittura ci
mostra il visibile, occorre attirare l’attenzione su ciò che non si
vede.

- Magritte: Modello rosso
In "Modello rosso", le scarpe che imprigionano i piedi ,
l’esempio è lampante, sebbene altrove il senso del mistero sia molto
più profondo. Solo l’artista è libero di capovolgere la realtà e
rendere possibile l’impossibile. E affinchè la creazione diventasse
veramente libera, muoveva e spostava gli oggetti, imprimendo un nuovo
ordine come nei Collages . Suo intento era quello di farci capire la
separazione dell’oggetto dal nome che lo indica. L’insignificanza di
quel legame. Sulla scia delle rivelazioni del padre della linguistica
moderna, Ferdinand de Saussure, per il quale la parola è un segno,
formato da un significante (il suono) e da un significato (il
concetto). Magritte sostiene che, se l’immagine tradisce e la
parola diventa immagine, anche quest’ultima inganna. Ne darà ragione
in un testo: "Le Parole e le Immagini" (1929). Il primo confronto tra
scrittura e pittura, in cui le parole scritte sono trattate come
immagini.

- Magritte: Questa non è una pipa
Una teoria intrigante secondo il giudizio di Michel Foucault,
interessato alla differenza tra somiglianza e similitudine. Ci fu un
carteggio tra i due per un po’ di tempo. Nel 1966 l’intellettuale
francese pubblicò :"Le Parole e le Cose". Dove tra l’altro si affronta
la questione non poco cruciale della rappresentazione in pittura.
L’autore consacra il suo celebre primo capitolo all’analisi del quadro
di Velazquez "La Meninas". Solo lo specchio in fondo alla sala ci dice
che i sovrani presumibilmente rappresentati sul dipinto, che il
pittore si accinge ad eseguire, sono in realtà al di fuori della
scena, al posto dell’osservatore. Dov’è quindi l’oggetto
rappresentato? Già Velazquez nel Seicento si era posto il problema,
che si porrà due secoli dopo Manet nell’Ottocento.
Magritte ha quindi liberato l’oggetto dal suo nome. Per questo i
titoli dei suoi quadri sono indipendenti dal quadro. René si divertiva
ad assegnare il nome alle sue opere perfino qualche tempo dopo averle
eseguite e sempre in compagnia dei suoi amici, scrittori e artisti
belgi.
Ecco la ragione dei "Senza titolo" o "Untitled" delle opere moderne.
L’universo di Magritte incanta, talvolta fa sorridere, ma soprattutto inquieta.
Nel museo di Bruxelles a lui dedicato finalmente nel 2009, c’è un
dipinto di non piccole dimensioni, che genera una impressione
notevole: "Il dominio di Arnheim" (fig. 6). Nel buio della sala le
luci illuminano le pareti rocciose di una catena montuosa, in cui si
alternano i grigi del granito ai bianchi della neve. Si è subito
avvinti da una cupa sensazione di freddo a causa di un particolare
inquietante. Sulla cima delle vette si nota una piccola testa di
aquila, pietrificata insieme al corpo e alle ali nell’intera massa. In
basso un parapetto con un nido di tre uova costituisce l’affaccio di
osservazione della scena. L’elemento di separazione tra il surreale e
il reale.

- Magritte: Il dominio di Arnheim
Parimenti all’aquila, altri uccelli sono imprigionati all’estremità
delle foglie in una pianta di bronzo scolpita, una delle otto sculture
eseguite dall’artista.
E’ il momento creativo dell’età della pietra, in cui Magritte
monumentalizza la libertà dell’essere vivente. E’ la foglia, che
stanca vuole librarsi nell’aria, facendosi uccello o è quest’ultimo
che desidera avere radici nella pianta? E’ il sovrano dei volatili che
abbraccia l’imponenza della montagna per porre fine al suo errare o è
la montagna che, stanca della sua immobilità, agogna la libertà del
volo?
Magritte amava leggere i "Racconti del mistero" di E.A.Poe. Ne era
affascinato. Quando si recò a New York per una sua retrospettiva, vi
andò principalmente per visitare la sua casa. Fu la prima cosa che
fece. Con lo scrittore americano condivideva l’interesse per i
cimiteri e le bare. Forse perché la bara può restituire l’incanto
della vita.
Magritte introduce dunque il fantastico nell’arte. Si diverte infatti
a vestire i panni di Fantomas, nutrendosi del suo mistero.
Nel dipinto "La magia nera" (fig. 7), lugubre appellativo per un’opera
ricca di luminosa poesia, c’è tutto il suo amore per Georgette, sua
sposa, sua modella, sua eterna ispiratrice e compagna di vita da
quando aveva 15 anni fino alla morte.

- Magritte: La magia nera
Ci sono tanti azzurri nei suoi quadri, limpidi, puri e ariosi. Cieli
solcati a volte da tante nuvole bianche, che esprimono la gioia di
vivere. Come la colomba in volo (fig. 8), simbolo delle linee aeree
belghe, prima con la Sabena e poi con la Brusselairline. Quando si
ripristinò il volo dall’aeroporto di Zaventem dopo l’attentato del 22
marzo 2016, l’aereo recava in segno di pace l’uccello di Magritte.

- Magritte: Colomba in volo
Nella rosa recisa, il cui titolo è "La tomba dei lottatori" (fig. 9)
si ha modo di apprezzare il tentativo di modificare la percezione
dello spazio, uno stratagemma usato anche da De Chirico. La dimensione
ridotta e angusta serve a dare risalto al fiore che diventa maestoso.
Sembra di sentire con l’odorato il profumo e con il tatto il velluto
dei petali.

- Magritte: La tomba dei lottatori
Nel 1951 il direttore del Casino municipale di Knokke, la Saint Tropez
del Belgio, commissionò a Magritte otto pitture murali per una
lunghezza totale di sei metri. La disposizione dello spazio è
teatrale. L’artista prediligeva i tendaggi e le quinte, presenti in
diverse sue opere. Qui egli riunisce quasi tutti i soggetti da lui
trattati: da Georgette con la Torre di Pisa, candidamente sorretta da
una piuma, all’Impero delle Luci, agli Uccelli Foglie

- Magritte: Impero delle luci e uccelli foglie
Nelle opere di Magritte appare sovente l’uomo della strada in abito
scuro e bombetta, illuminato a volte dal bianco brillante del piccione
e dal colletto. Lo vediamo nascosto dietro una mela. In Lo vediamo nascosto dietro una mela. In altre occasioni si perde nella moltitudine degli Altri, tutti uguali.

- Magritte: L’uomo con la bombetta
Sono gli uomini del famoso dipinto "Golconda" ( Houston, Texas).
Qualcuno potrebbe assimilarli a gocce di pioggia cadute dal cielo.
In ogni caso è sempre "Il Mistero" il vero soggetto e ad ognuno di noi
rivela qualcosa.