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LA CRISI TURCO-SIRIANA E IL DESTINO DEL POPOLO CURDO


sabato 12 ottobre 2019 di Sandro Meardi

Argomenti: Politica


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E’ accaduto tutto in un giorno? Da quando il Presidente Trump ha annunciato il disimpegno militare dalla Siria? Nemmeno per sogno. Sono anni che nella guerra civile intestina, tra le truppe regolari fedeli al Presidente siriano Bashar Al-Assad e i ribelli al regime, tra i quali i militanti dell’ISIS, la crisi si trascina nell’assenza delle diplomazie del mondo a cominciare da quella europea

Il Presidente americano Trump non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni in campagna elettorale; “America first” è sempre stato lo slogan più usato. Prima e dopo la sua elezione. Un cambiamento radicale di rotta in politica estera rispetto ai suoi predecessori di fede Democratica. Con lui, si è chiusa definitivamente l’epoca di “America gendarme del mondo” e l’annunciato ritiro delle forze americane dalla Siria, ufficialmente a supporto di chiunque fosse in guerra contro l’ISIS, era più che prevedibile che prima o poi sarebbe avvenuto.

Organismi sovranazionali, quali in primis l’ONU, hanno fatto orecchie da mercante, mentre la nostra Europa ha fatto, come da par suo, persino peggio. Ha finanziato con svariati miliardi di euro la Turchia, affinché quest’ultima allestisse sul proprio territorio campi profughi siriani e ne impedisse l’esodo verso l’Europa. Uno schema già visto sulla pelle dell’Italia che, in cambio di flessibilità sui propri conti pubblici, ha accettato di divenire la terra di approdo di tutti i migranti. Insomma, l’opulenta Europa, o più verosimilmente parte di essa, acquista cash per incassare pace, tranquillità e stare a posto con la coscienza.

Sostenere oggi che Trump è irriconoscente verso il popolo curdo, soggetto quest’ultimo all’attacco delle forze armate turche del Presidente Erdogan, da qualsiasi parte si levi l’accusa, richiama alla mente la parabola evangelica del chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Dov’era l’umanitarismo dell’Europa quando uno ad uno i suoi Stati membri vennero chiamati da Trump a fare la propria parte in Siria come forza d’interposizione sul confine Turco, verosimilmente sotto egida ONU, in previsione dell’uscita americana dall’area?

Oggi, fuori tempo massimo come è consuetudine e tanto per dire qualcosa, dimenticando che il conflitto è iniziato e che i rischi si sono centuplicati, il neo eletto Presidente del Parlamento Europeo, il nostro Davide Sassoli, se ne esce proponendo un’area cuscinetto a similitudine di quanto già invocato da Trump quando però i tempi potevano ancora consentirlo.

E il cessate il fuoco per il rischieramento del “cuscinetto” chi lo stabilisce? Chi sarebbero i Paesi pronti a inviare propri soldati quando pronti non sono stati in tempi relativamente più tranquilli? Erdogan chi lo convince a cessare il fuoco?

Il Presidente Turco Erdogan appunto; da par suo, non vede l’ora di chiudere l’antica partita con i “terroristi” curdi e, diciamolo pure una buona volta, i legittimi governi in Iraq, Iran e Siria, non sono da meno verso i mal tollerati insediamenti o rivendicazioni curde sul proprio territorio. Specialmente adesso che vedono nella Turchia, che ha Forze Armate tra le più preparate, numerose ed efficienti del mondo (gli elevati standard operativi NATO di cui fa parte non gli fanno difetto) qualcuno che può fare il lavoro sporco anche per loro. Erdogan è stato esplicito nel suo ammonimento/ricatto: “nessuno s’illuda di fermare la Turchia, pronta com’è quest’ultima a far invadere il continente europeo con quasi quattro milioni di profughi siriani”.

Duole dirlo, ma per il fiero e indomabile popolo curdo, capace di combattere a mani nude come ha dimostrato di saper fare contro l’ISIS, questa volta potrebbe davvero essere l’ultima.