Una figura umile, fragile, ma con un carattere d’acciaio.
Le lunghe marce per il trasferimento fra trenta carceri in diciotto mesi, il misurarsi continuo con grandi potenze a tecnologia avanzata, non fanno altro che rafforzare il suo spirito.
La scintilla che è in noi, la scintilla che ci dà la spinta, il coraggio, la speranza.
Guai a soffocarla; la vita non avrebbe più senso.
Calzava sandali ricavati da un vecchio copertone, il suo alloggio poteva ricordare quello dei cenobiti.
Ma il suo grido si eleva alto. I versi che seguono sono tratti dal suo Diario dal carcere, edito da Garzanti nel 1972
La rosa s’apre, la rosa
appassisce senza sapere
quello che fa.
Basta un profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perché nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie.
E più avanti annota:
Lo so che la mia vita
è piena di pericoli
viver la propria vita
è sempre più difficile.
Ma è profondamente convinto che
Il dolore matura
la nostra umanità.
Cos’è – in fondo – il carcere? Non te la devi prendere, perché
E’ il tuo corpo
che sta in prigione
la tua mente
non è in prigione
per portare a fine
il tuo compito
devi tener alto lo spirito.
Esaminiamo ora i suoi cinque punti fermi, che riguardano la terra, l’esercito, i giovani, la famiglia, la patria.
La terra
Nel rapporto alla III sezione dell’Assemblea nazionale della Repubblica democratica vietnamita ( 14 dicembre 1953), dichiara: “I nostri contadini, che rappresentano il 90% circa della popolazione, posseggono appena i tre decimi della terra, tribolano dall’inizio alla fine dell’anno, conducono una vita di stenti. La classe dei proprietari feudali non raggiunge nemmeno il cinque per cento della popolazione”.
E suggerisce la seguente strategia.
“Appoggiarsi senza riserve sui contadini poveri e sui contadini senza terra, unirsi strettamente ai contadini medi, accordarsi con i contadini ricchi, sopprimere gradualmente il regime di sfruttamento feudale e, facendo un’accorta distinzione tra i diversi gruppi dei proletari fondiari, incrementare la produzione e intensificare la resistenza”.
Il Paese presenta numerose affinità con la Cina, dove la maggior parte della popolazione è impegnata in agricoltura e la campagna è divisa fra varie classi di contadini. Si confluisce nelle comuni popolari, ma si cerca un accordo strategico coi contadini medi e ricchi.
Dall’esperienza cinese sappiamo che queste due categorie sono state poi definitivamente eliminate, come avvenne per i milioni di kulaki in Urss.
L’esercito
Anche nell’esercito riscontriamo molte analogie con quello cinese: c’è uno sforzo continuo nell’educare le truppe, giacché si guarderà sempre a loro.
Occorre pertanto molta disciplina e si deve lasciare un buon ricordo.
- Ho Chi Minh (a destra) e Vo Nguyen Giap
Uno dei successi della Lunga Marcia di Mao fu proprio l’onestà dimostrata dall’armata rossa verso le popolazioni indigene.
Dopo alcuni anni questa gente se ne sarebbe ricordata e il Kuomintang avrebbe avuto una vita difficile.
Ricordiamo cosa raccomanda Ho Chi Minh ai suoi soldati, che stanno per entrare ad Hanoi. E’ il 10 ottobre del 1954, è scattato il famoso Accordo di Ginevra.
Evitare la presunzione e la fatuità.
Niente alcool, gioco d’azzardo, donne, oppio.
Non rivelare segreti militari
Niente lusso, spreco, corruzione.
Rispettare il popolo.
Essere modesti.
Conservare la purezza e la semplicità dei rivoluzionari
Essere industriosi, economi, integri e giusti.
Tale suggerimenti - messi in pratica – renderanno ovviamente difficile la vita alle truppe del Sud, piene di capi corrotti e ormai senza ideali.
I giovani
Il 19 gennaio 1955 pronuncia un discorso d’ apertura dell’Università del popolo. Sono consigli preziosi, improntati ad un estremo senso di praticità.
“Fate in modo che i genitori delle studentesse stiano tranquilli ed abbiano fiducia in voi”.
Raccomanda agli studenti di prepararsi bene “per diventare i futuri padroni del Paese”. Seguono consigli di comportamento generale: “Prima di tutto, amate la vostra patria…Amate il lavoro. Rispettate la disciplina. Difendete la proprietà pubblica…Interessatevi alla ricostruzione del nostro Paese”
C’è poi un suggerimento che è stato molto popolare negli anni passati, perché più volte ripetuto del J. F. Kennedy, ma pare che sia di un poeta africano: Non chiedere ciò che il tuo Paese può fare per te, chiedi ciò che tu puoi fare per il tuo Paese. Per Ho Chi Minh il “compito dei giovani non è domandare cosa il Paese abbia fatto per loro, ma chiedersi cosa essi abbiano fatto per il Paese.”
Invita a combattere “la pigrizia, le spese inutili, lo spirito di sottomissione, l’arroganza, l’ipocrisia e la presunzione”
E’ d’accordo sulla democrazia nella scuola, ma “la democrazia, tuttavia, non significa che insegnanti e studenti siano sullo stesso piano”
La famiglia
Nell’ottobre 1959 dichiara: “Anche se non ho una famiglia, ne ho però una molto grande: i lavoratori di tutto il mondo e il popolo vietnamita”
E ciò non esclude affatto che tralasci il problema della famiglia: “proprio per costruire il socialismo è necessario interessarsi seriamente a questo nucleo”.
Ho Chi Minh non s’è posto il problema d’un comunismo utopico, basato su una completa collettivizzazione dei mezzi di produzione e di una vita in comune.
Il 28 dicembre 1959 l’Assemblea nazionale approva la legge sul matrimonio e la famiglia. Scompaiono vecchi tabù, la donna riesce ad avere la sua collocazione nella società. Finalmente ha gli stessi diritti dell’uomo. Ma la legge non basta. Occorre lavorare molto per rimuovere tradizioni secolari.
La patria
Il 17 febbraio 1947 invia un caloroso messaggio a quanti hanno lasciato la propria casa e la propria terra, pur di non cadere in mano ai Francesi. Ricorda che i discepoli di Lac Hong, cioè i Vietnamiti, sono indomabili: “Le difficoltà non li hanno mai sgomentati”. Scrive in prigione “Piuttosto morire / che vivere servi!”.
Si riscontra una esplicita conferma a quanto appena asserito, con la caduta francese a Dien Bien Phu; la base ideologica è valida, lo spirito del Vietnam
è lo stesso di quello cinese: nazionalismo, idea di comunismo, pulizia morale a tutti i livelli, nei quadri del partito, fra l’ esercito, fra la gente
Il 20 dicembre 1946, in un appello alla resistenza nazionale, aveva detto : “Meglio sacrificare tutto piuttosto che perdere il nostro Paese, piuttosto che ricadere nella schiavitù”
Lo stesso concetto ormai scolpito nell’animo di ogni suo seguace, è ripetuto il 17 luglio 1966 a Radio Hanoi: “ Non c’è niente di più prezioso dell’indipendenza e della libertà”