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Storia del Novecento

ALLE ORIGINI DELLA POLITICA DEMOGRAFICA DEL FASCISMO


lunedì 26 febbraio 2007 di Carlo Vallauri

Argomenti: Politica
Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Francesco Cassata


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Un attento studio di Francesco Cassata su Corrado Gini, uno dei maestri della scienza statistica in Italia nella prima metà del Novecento, dal seducente titolo Il fascismo razionale (Carocci, Roma, 2006) ripropone il tema dei rapporti tra governi autoritari e totalitari rispetto all’attività dei tecnici. Per quanto riguarda il fascismo, crollato il mito crociano di considerarlo come una invasione di Incsos, cioè di alieni, del tutto estranei alle condizioni di sviluppo dell’Italia moderna, è emerso con sempre maggiore chiarezza, come, al contrario, nel regime si sintetizzassero tanti diversi e contrapposti fattori ben presenti nella società italiana. Nel caso particolare di Gini - uno studioso che ha dato luogo a controverse valutazioni - non c’è dubbio che si trattava di una personalità affermatasi nel campo statistico e demografico. L’incontro con il movimento di Mussolini veniva dalle sue idee organiciste che ben s’inserivano nella visione che il capo del fascismo riteneva di dare alle strutture e alle iniziative pubbliche, specie per quanto riguarda i programmi diretti ad aumentare la fecondità della popolazione, in contrapposizione alle tendenze del nord Europa favorevoli al controllo delle nascite, visto con favore dai protestanti rispetto alla impostazione tradizionale della Chiesa cattolica. Quindi vennero ad incontrarsi motivazioni complesse che spiegano il legame tra lo scienziato e il regime. E merito di Cassata è aver approfondito il pensiero dell’eminente autore di tante opere, dal lavoro su I fattori demografici dell’evoluzione delle nazioni (1912) ai successivi contributi che incontravano il consenso di Mussolini perché fondati sul principio del “numero come forza”, titolo peraltro di un suo scritto del 1927. Cresciuto in quel clima che aveva condotto alla formazione in Italia, nella fine del primo decennio del secolo, di un movimento “nazionalista”, fortemente radicato proprio nel campo della cultura, Gini aveva illustrato - come i futuristi, ma egli sul piano scientifico - le ragioni che inducevano a ritenere utile la guerra, in quanto evento “naturale” in grado di “potenziare” la nazione ed il sistema sociale, e di migliorare e selezionare la specie. D’altronde il fattore demografico acquistava particolare rilievo per la politica coloniale che Mussolini intendeva intraprendere. Rimaneva però il problema del tipo di rapporti da tenere con le popolazioni “indigene”. E su questo terreno certamente le sue teorie lasciano molto interdetti, per non dire altro: emerge infatti una visione ristretta ed esclusivista che finiva per facilitare tutte le scelte che andavano in senso esattamente contrario a quello del rispetto di tutti gli appartenenti al genere umano, indipendentemente da luoghi di nascita e di discendenza genetica. Da qui i passi successivi - per quanto riguarderà in particolare il problema ebraico - che denotano una mentalità ed una concezione chiaramente e pervicacemente rivolti a distinzioni del tutto arbitrarie e di cui ben note sono le perniciose conseguenze. Naturalmente queste osservazioni critiche nei confronti di Gini nulla tolgono alle sue ricerche nel campo statistico e all’attività spiegata per il lancio di istituti e riviste di stampo scientifico e dello stesso Istat. E Cassata d’altronde è ben chiaro nella sua esposizione, dalla quale traspare l’approfondimento che egli ha compiuto sull’intero argomento, specie in merito alla connessione con le dottrine neo-organiciste, con il loro contenuto che, collegandosi a fattori biologici, portava ad esiti francamente di scarsa attendibilità, al di là di altre valutazioni.

 

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