A fine ottobre 1942 si combatteva ad El Alamein la battaglia destinata a rovesciare la sorte della guerra in Africa Settentrionale come sul fronte di Stalingrado cominciava l’operazione che avrebbe condotto alla prima grande sconfitta della Wehrmacht e rovesciato il destino del conflitto russo-tedesco. Sono stati i due scontri decisivi, attraverso le armi ed il peso determinante delle potenze industriali militari.
Le truppe italo-tedesche avevano raggiunto nell’estate la posizione più avanzata, verso il canale di Suez, ma le difficoltà di trasporto nel Mediterraneo dei rinforzi e dei rifornimenti, soprattutto il petrolio, avevano finito per avvantaggiare l’armata britannica, che, rinsaldata da un formidabile schieramento d’artiglieria e da carri armati, molto meno vulnerabili di quelli italiani, respinse i primi attacchi tentati da Rommel e poi avviò la controffensiva che sorprese, per l’enorme dispositivo di fuoco e le puntate nel Sud del deserto, l’apprestamento disposto da Rommel (tra l’altro richiamato proprio in quei giorni in Germania), e che riuscì in poche settimane ad averne ragione.
- 1942 Avanzata dei pazer italo tedeschi
Non pochi reparti germanici restarono distrutti, altri riusciranno a compiere il ripiegamento mentre furono le truppe italiane a dover affrontare lo sforzo imponente dell’VIII armata del gen. Montgomery. Le divisioni italiane combatterono, pur nella disparità dei mezzi, con molto coraggio, ma furono sopraffatte. Noto è il caso dei giovani della Folgore, paracadutisti preparati da 2 anni per conquistare Malta, e costretti invece a contendere il terreno di El Alamein ad un nemico affrontato con armi inadeguate, al punto di lanciare - nella fase finale - bombe a mano contro i carri armati avanzanti.
- Sacrario italiano
Per molti anni una sorta di silenzio è calata su quegli eventi, che salvo poche eccezioni (un libro di Umberto Bruzzese, Gli arditi del cielo e un primo film di non grande rilievo) vennero quasi cancellati dalla memoria (persino molti combattenti, come ad es. Gabriele De Rosa, non ne vollero parlare, sino a qualche tempo fa, quasi fosse un fatto da dimenticare), sino a quando l’opera ininterrotta di Caccia Dominioni valse a raccogliere le spoglie dei caduti italiani. Cominciò allora a manifestarsi un interesse anche da parte dei governanti italiani, atteggiamento che culminò con l’azione meritoria svolta in proposito dal Presidente Ciampi nel quadro delle sue rivendicazioni dei valori storici e patriottici. Poi sono venuti qualche altro film (mediocre) e anche qualche buon libro.
- Sacrario tedesco
Nei giorni scorsi il Ministro della Difesa Arturo Parisi si è recato di persona sul posto ed i giornali hanno riferito circa le sue dichiarazioni, le quali sono state però da qualche parte mal interpretate. Perché egli, oltre a ricordare l’importanza morale di quei sacrifici, ha accennato anche alla “fedeltà” dei soldati italiani ai loro alleati in quella guerra nel Nord Africa, cioè i tedeschi, nei cui confronti i combattenti del Tricolore si comportarono con doverosa e solidale lealtà, come si conviene tra compagni d’armi. Questo accenno quindi, a noi sembra, non faceva altro che prendere atto della realtà e sottolineare il comportamento corretto dei soldati italiani, anche se questo certamente non erano lì a combattere per spirito guerresco o espansionistico ma solo per compiere il proprio dovere, nel segno dell’onore militare. Quindi non hanno fondamento alcune osservazioni fuori luogo rispetto alla serietà dell’evento e alle esatte e valide affermazioni del Ministro.
E che le truppe italiane si siano comportate con valore, dignità e pieno rispetto dei principi dell’onore militare è testimoniato da una circostanza poco nota e che siamo lieti di riferire qui. In una delle cappelle religiose di uno dei più prestigiosi college universitari
- Il generale Montgomery
inglesi sono raccolti i nomi dei soldati britannici, che erano stati allievi di quell’ateneo e che poi sono caduti in guerra. Ebbene, accanto ai nomi di quegli allievi caduti in Africa nell’esercito britannico sono segnati anche i nomi di due allievi, i fratelli Ruspoli, facenti parte delle divisioni italiani, vittime anch’essi di quella stessa battaglia. Cioè il nemico ha riconosciuto il significato morale del sacrificio della vita anche di chi combatteva contro l’armata britannica. Un senso di cavalleria d’altri tempi, conforme al motto latino inciso in quella cappella “Decorum est pro patria mori”, cioè nessuna differenza tra chi è caduto da una parte e chi dall’altra.
È una lezione sulla quale invitiamo a riflettere i tanti che, per strumentalizzazione politica, preferirebbero “trascurare” comportamenti esemplari di soldati valorosi. Quindi ben ha fatto il Ministro Parisi a rendere testimonianza ad una fedeltà al proprio onore, più alta d’ogni altra circostanza contingente.