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L’ostentazione del nudo nei dipinti mitologici del De Matteis

Poppe e sederi mitologici in libertà
domenica 1 febbraio 2015 di Achille della Ragione

Argomenti: Arte, artisti


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Cominciamo questa carrellata tra sederi ben esposti e poppe al vento nei dipinti con soggetto mitologico del De Matteis con uno splendido nudo eseguito prima del viaggio del pittore a Parigi: una Leda e il cigno (tav. 1) che comparve alla vendi­ta del giugno 1991 presso la Sotheby’s a Montecarlo, la quale, in qual­che modo, anticipando per il soggetto illustrato e per la ripresa delle Veneri e di altri modelli affini di Luca Giordano, altre com­posizioni con il mito di Danae del Museo di Detroit (tav. 2), del museo di Bahia (tav. 3) e di una raccol­ta privata inglese (tav. 4), permette di cogliere le varianti di resa pittorica riscontrabili nella sua produzione prima e dopo il soggiorno parigino.

Questa ultima composizione fu probabilmente a conoscenza del Solimena, che la replicò con varianti nella piccola tela già presso la collezione Harris a New York.

Alla Leda ed il cigno, o probabilmente subito dopo, sembra appartenere, nel giro di pochi anni e comunque prima del 1710, un nucleo numeri­camente consistente di prestigiose composizioni, come una Galatea in coppia con un’Anfitrite già presso Corsini a Montecarlo (tav. 5 - 6), un Apollo e Dafne di una privata raccolta a Berkeley, California, l’Aurora con il carro del Sole (tav. 7) e il Trionfo di Galatea del castello di Pommersfelden, già assegnati variamente al Trevisani, al Marchesini o all’Amigoni, prima che Schleier nel 1979 li restituisse al napoletano, la Venere dormiente (fig. 3), firmata, di una raccolta romana, il Bacco e Arianna, firmato e datato 1709, di una collezione milanese, di cui (è sempre Spinosa a ricordarlo) al musée di Poitiers dai depositi del Louvre si conserva una tela di minori dimensioni, ma con lo stesso soggetto, anche se diversamente illustrato, la tela sempre con Bacco e Arian­na, firmata e datata 1709, presso Zecchini a Milano (tav. 8) e, infi­ne, l’Andromeda nelle versioni della collezione Stanley Goulde a Londra e del Museum of Art di Bridgeport.

Prima di proseguire il discorso, esaminando altre iconografie, approfondiamo l’esame delle versioni della Danae precedentemente citate partendo da quella (tav. 4) di collezione privata inglese.

Il dipinto, firmato e datato 1704 sulla base della colonna a destra, illustra un celebre mito, di origine greca, ma raccontato anche da Ovidio nelle Metamorfosi (IV, 611) e rappresentato più volte, in versioni con varianti, da Tiziano, in particolare, e da altri pittori del Cinquecento come Correggio o Tintoretto.

Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, era stata rinchiusa dal padre in una torre o in una camera sotterranea in bronzo, affinché non restasse gravida e partorisse un figlio che, secondo la profezia dell’oracolo di Delfi, da grande lo avrebbe ucciso. Ma Giove, invaghitosi della bellissima giovane, trasformatosi in una pioggia di monete d’oro, riuscì ugualmente a possederla, penetrando nella camera ‘blindata’ attraverso una fessura nel tetto. Dalla unione sarebbe poi nato Per­seo, che involontariamente, anni dopo, avrebbe effettivamente ucciso il nonno Acrisio.

Nel Seicento il tema fu riproposto da esponenti di ‘scuole’ e ten­denze pittoriche diverse, sia italiane che straniere (tra gli stranieri una citazione particolare spetta, ovviamente, a Rubens e a Rem­brandt).

Nell’ambito della scuola napoletana, per la trattazione di questo stesso soggetto dalle evidenti allusioni erotiche, ma non solo, per la tela qui in esame il riferimento più pertinente è, agli inizi del secondo Seicento e in ormai avviata stagione barocca, a Luca Giordano. Del quale, anche se finora conosciamo, con la illu­strazione del mito di Danae, solo un disegno a penna e acquerello firmato, nelle raccolte grafiche della Galleria Estense di Modena, mentre ancora non è stato rintracciato il dipinto di palmi 2 ½ per 2, segnalato nel 1688 nella raccolta di Ignazio Provenzale duca di Collecorvino, sono ben note, per evidenti riferimenti ai celebri prototipi di Tiziano con raffigurazioni sia del mito in argomento che di Venere dormiente, le varie rappresentazioni di Venere con satiro e Cupido o di Lucrezia e Tarquinio conservate a Napoli nel museo di Capo­dimonte ed Ginevra, in collezione privata, che di sicuro furono fonti d’ispirazione per molti pittori del suo seguito napoletano, tra i quali lo stesso De Matteis.

Un altro tema mitologico che permette di mostrare seducenti fanciulle nature per la gioia degli osservatori è la rappresentazione di Galatea come nel dipinto (tav. 9) già presso l’antiquario Porcini di Napoli, dove il mare diventa scenario per ambientare il racconto mitologico, costantemente sviluppato dall’artista. Questo prezioso rametto rappresenta, infatti, un’ulteriore riflessione sul tema della Galatea, che l’artista tratta diverse volte, come nella più nota redazione (tav.10) conservata a Brera, firmata e datata “1692”, e in alcuni studi preparatori del Metropolitan Museum di New York. In entrambi i casi l’artista sembra confrontarsi col Giordano, da cui attinge in particolare la ricchezza scenografica del corteo di amorini e tritoni e la versatilità narrativa che lo spinge ad accogliere nel racconto anche il giovane pastore Aci che appare su una rupe ardente d’amore. Nella versione in esame, avvicinabile per la stretta affinità stilistica nonché iconografica ad un’altra redazione conservata nel Castello di Pommersfelden e databile nel secondo decennio del ’700, la scena è concentrata sulla Galatea. La ninfa, date anche le piccole dimensioni del supporto, avanza sola varcando il mare sul suo carro di conchiglia trascinata dai delfini e dalla ingegnosa ruota a pale di raffaellesca memoria. La levigatezza della materia e degli incarnati risente della classicità marattesca, con cui l’artista si è confrontato a Roma, e la sua poetica ha ormai impreziosito la morbidezza ariosa del Giordano e virato il suo linguaggio verso una spiccata classicità che avrà larga eco in Europa.

Ricordiamo infine con diverse iconografie un Loth e le figlie (tav. 11), un Trionfo di Nettuno ed Anfitrite (tav. 12) ed una Fanciulla sdraiata con Cupido, tutti in collezione privata.

 

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