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Capolavori del De Matteis per le chiese napoletane

Pale d’altare ed affreschi in quantità
giovedì 1 gennaio 2015 di Achille della Ragione

Argomenti: Arte, artisti


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Appena ritornato da Roma, dove si era recato al seguito del marchese del Carpio, il De Matteis avviò quel processo di ammodernamento tra barocco e classicismo, dando luogo a composizioni raffinate ed impreziosite da una luminosità più chiara, nello stesso tempo fioccano numerose le committenze per le chiese napoletane. Tra le prime la realizzazione della tela raffigurante la Madonna col Bambino ed i santi Filippo Neri ed Antonio Abate (tav. 1), firmata e datata 1688, eseguita per la Cattedrale (cappella Marciano) ed oggi conservata al museo diocesano.

La figura della Madonna, molto dolce, è resa con la stessa grazia delle altre madonne che il De Matteis dipinse in quel periodo. “la struttura disegnativa di chiara derivazione marattesca, lo sche ma compositivo svolto secondo la normativa accademica del ritmo centrale, l’elegante finitezza dei particolari pongono questa pala quale testimonianza emblematica della sua prima produzione pittorica” (Cautela).

L’artista nei suoi dipinti di soggetto sacro ambiva a che fossero il tramite di una serena contemplazione della divinità e su questo atteggiamento molto influirono, come sottolineato dal Pavone, le predicazioni di padre Antonio Torres, confessore del marchese del Carpio e strenuo difensore di un rigoroso purismo linguistico.

L’opera viene ricordata dal De Dominici.” Ma non del tutto avea egli lasciato il colorito appreso in Roma sotto la condotta del Morandi, come si vede dal quadro, ch’ei fece nell’altare a lato alla porta grande del Duomo napoletano…nel qual quadro si scorge che egli cercava di scostarsi dalla prima maniera”.

Di poco posteriore è la Madonna col Bambino (tav.2), firmata e datata 1690, già collocata nel presbiterio della chiesa di Donnaregina Nuova ed oggi conservata nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini al Vomero. Essa risente dell’influsso marattesco rivissuto con inflessione dialettale napoletana. Infatti negli anni del suo lungo soggiorno romano il pittore fu alla scuola del Maratta ed assiduo frequentatore dell’Accademia pittorica di San Luca, diretta da Luigi Garzi, in cui molto accesi erano i dibattiti tra i sostenitori del Barocco ed i fautori del Classicismo.

Di questi orientamenti moderni da lui assimilati vi è una chiara testimonianza in questa Madonna col Bambino, sottoposta a rigidi schemi compositivi che imbrigliano il libero svolgimento delle forme.

Nell’ambiente artistico napoletano queste nuove idee non rimasero inascoltate se anche lo stesso Solimena ne fu influenzato, a tal punto da aderire, indirettamente ai canoni proposti dal Maratta, che erano stati già accettati a livello letterario con la frequentazione dell’ambiente neopetrarchesco napoletano. Vedremo così nelle numerose eseguite da Solimena a Donnalbina la comparsa di tipiche fisionomie mutuate dalla Madonna col Bambino di San Giovanni dei Fiorentini, la cui grazia spiritata che emana dai volti ci fa già respirare aria nuova, presaga del nuovo secolo e di un gusto che fra breve travalicherà nel Rococò.

Nel 1693 firma e data la tela raffigurante l’Angelo custode (tav. 3) collocata nella prima cappella a sinistra della chiesa di S. Maria di Montesanto, mentre su quella destra è posta un’altra sua pala raffigurante un Miracolo di S. Antonio da Padova, in cui il santo fa resuscitare un morto assassinato per scagionare il proprio padre ingiustamente accusato di omicidio. Non sono opere eccezionali, ma mostrano un tentativo di innesto di formule lanfranchiane, filtrate attraverso moduli alla Beinaschi, in un tessuto ancora giordanesco.

Al 1695 risale il San Nicola che riceve la stola sacerdotale (tav. 4), opera devozionale, firmata e datata, conservata nel Duomo nella prima cappella a destra, che venne dedicata a San Nicolò nel secolo XV dagli arcivescovi Nicola e Gaspare de Diana, ivi sepolti, mentre la famiglia Quadra, committente del dipinto, la rinnovò sul finire del Seicento.

Nella chiesa di San Ferdinando lavora per alcuni anni dal 1693 al 1697, realizzando numerosi affreschi, che testimoniano il tentativo di riagganciarsi all’esempio del Giordano post fiorentino. Negli stessi anni eseguì le decorazioni (tav. 5) nell’ex convento di San Sebastiano, oggi Istituto Vittorio Emanuele II e nella cappella di Palazzo Tirone (tav. 6 - 7).

Ritornando alle numerose opere nella vecchia chiesa di San Francesco Saverio, per le quali il primo pagamento noto è del 1695, il De Matteis raffigura nella volta della navata episodi relativi al Trionfo della religione sull’eresia tramite S. Ignazio, San Francesco Saverio, San Francesco Borgia e i tre martiri giapponesi, mentre Maometto precipita con il Corano (tav. 8). Nei due lunettoni laterali al finestrone di controfacciata è rappresentato San Francesco Saverio mentre abbraccia il Crocifisso ed il Santo in estasi. “Nella cupola invece viene celebrata la Gloria dei santi gesuiti, ma di questa decorazione oggi rimane soltanto la pittura dei pennacchi (tav. 9), dove alle Virtù teologali e alla Giustizia si unisce un bel coro di angeli che sfonda i limiti degli angusti spazi triangolari per invadere, in un tripudio di colori di chiara valenza barocca, il cornicione sul quale è impostato il tamburo della cupola. Qui l’affresco originario è andato distrutto e venne sostituito da un intervento firmato Giovanni Diana. Nei peducci si vedono anche i gigli borbonici.” (Petrelli).

Una tappa fondamentale tra le committenze ecclesiastiche è costituita dalle opere eseguite per la chiesa di San Nicola alla Carità, un vero e proprio museo della pittura napoletana settecentesca, dove possono ammirarsi gli affreschi nella volta del Solimena ed i dipinti di Francesco De Mura.

Il De Matteis esegue il vasto affresco firmato che impegna la sovrapporta d’entrata con San Nicola che libera un energumeno (tav. 10) e la grande tela del coro, datata 1707 e raffigurante il Transito di San Nicola (tav. 11). Ancora suoi sono tutti gli affreschi della tribuna comprese le due figure su tela di San Gennaro e San Liborio, collocate lateralmente ed i peducci della cupola con i Profeti(tav. 12). L’affresco sulla porta d’ingresso, firmato e datato 1712, è descritto dal De Dominici: “grande invenzione di fantasia e con spiccato senso d’armonia”. Il bozzetto (tav. 13) per l’affresco venne pubblicato da Spinosa quando nel 1979 transitò presso l’antiquario Lebel di Parigi, Nella stessa chiesa il De Matteis affrescò la Gloria di San Nicola nel medaglione centrale della volta dell’abside.

“La struttura dell’affresco e i suoi colori risentono della temperatura cromatica delle decorazioni del Beinaschi, in particolare nei caratteristici giallo ocra del piemontese presenti nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone, dove anche Paolo ebbe occasione di lavorare.

L’iconografia della composizione, una delle più vaste del pittore, ben sette metri per sei, è rinnovata rispetto alla tradizione. Infatti il santo, rivestito dai suoi paramenti episcopali, è seduto su una stuoia con le braccia aperte ed il volto rivolto al cielo, mentre il gruppo dei quattro angeli, che gli stanno attorno, lo sorreggono offrendogli il messale con i tre pani simbolici ed il pastorale, mentre un cherubino gli regge la mitra. In alto ed al centro della straordinaria composizione, Gesù, ricoperto da uno svolazzante manto azzurro, è rivolto verso il santo in atto di benedirlo. Ai lati sono Mosè, Davide, Abramo e Noè, tutti con i loro simboli. Non mancano angeli e patriarchi e, come quasi sempre nei dipinti dematteisani, angeli musicanti e cherubini, mentre in un cartiglio sostenuto ancora da due angeli si legge: ecce quomodo moritur justus” (Pacelli).

Nella chiesa della Concordia nell’altar maggiore, di gusto tardo barocco era collocata una Madonna del Carmine, su tavola, attualmente in sacrestia, da qualcuno riferita a De Matteis, ma di un pittore suo contemporaneo, viceversa autografa è la tela posta sul terzo altare di sinistra, eseguita dopo il 1716 e raffigurante i SS. Alberto, Angelo martire e Nicola (tav. 14), mentre della sua scuola sono i quadri con i SS. Gennaro ed Antonio e San Giuseppe con Santa Maria Maddalena de’ Pazzi , posti alle pareti laterali della seconda cappella a destra.

Poco note anche alla critica più avvertita nell’isola di Ischia sono conservate due pale d’altare, firmate e datate, che arricchiscono il catalogo di Paolo de Matteis.

La prima si trova nella chiesa dello Spirito Santo nel comune di Ischia Porto sull’altare del transetto sinistro, dove fa bella mostra una Madonna delle Grazie con le anime purganti(tav. 15), firmata e datata 1710.

La Vergine, seduta in alto tra le nubi col Bambino, fa grondare dal seno copiose gocce di latte ad un gruppo di anime purganti, che, caldamente, la implorano. La tela è impregnata di grazia raffinata e di misurata eleganza compositiva, attraverso l’uso di stesure cromatiche dalle tonalità preziosamente rischiarate, che precorre il gusto rocaille.

Non si può evidentemente rintracciare in questo dipinto il De Matteis brillante affreschista o il disincantato ed ironico pittore di scene di soggetto profano, mitologico o letterario, mentre si può apprezzare la serietà con cui affronta il tema sacro.

Il dipinto ischitano, che ripropone la tradizionale iconografia della Madonna delle Grazie, “si rivela composizione equilibrata sia nel registro superiore in cui la Madonna, seduta sulle nubi, rivolge uno sguardo materno alle anime purganti, sia nell’inferiore dove osserviamo figure non certo drammaticamente scomposte o testualmente agitate o dai lineamenti alterati, bensì anime fiduciose, in attesa della grazia auspicata, che non tarderà ad arrivare. Il pittore seppe realizzare dunque una perfetta sintesi di colore, disegno, contenuto e forma, in ossequio a quella vena di ritrovato classicismo che andava a bilanciare le più moderne conquiste del suo stile in direzione decisamente rocaille” (Rolando Persico).

Il primo ad accennare al dipinto fu il Borrelli nel 1968, che ne sottolineò”i colori trascoloranti senza il minimo accenno di ombre”, prima della esaustiva descrizione della Persico Rolandi ed al sottoscritto, che ne ha parlato nel suo libro Ischia sacra guida alle chiese(consultabile in rete)

La seconda opera è conservata nella Congrega dell’Immacolata Concezione a Serrara Fontana, si tratta di una tela molto interessante collocata sulla parete di fondo del presbiterio: una Immacolata (tav. 16), firmata e datata 1713, da Paolo De Matteis.

La Vergine è in piedi orante sulle nubi, mentre gli angioletti le offrono rose e gigli. Il quadro, come è stato sottolineato dalla Rolando Persico, è immerso in una atmosfera di caldo accademismo, privo di reale ispirazione, senza partecipazione e coinvolgimento emotivo.

Nello stesso anno di esecuzione il De Matteis realizzò, per la chiesa di Santa Brigida a Napoli, una tela di identico soggetto.

Il quadro è interamente autografo, senza intervento della bottega, come prospettato da qualche studioso, ed il tocco del maestro lo si avverte nei violenti colpi di luce, che creano una sorta di atmosfera argentea ed irreale intorno al capo della Vergine.

Un’opera di prestigio ad ulteriore conferma della solidità delle committenze isolane, ma soprattutto della considerazione che il De Matteis fosse uno degli artisti più quotati dei suoi tempi.

 

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