https://www.traditionrolex.com/30 Quel 1943-Scena Illustrata WEB

INFORMAZIONE
CULTURALE
Aprile 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7711
Articoli visitati
5304773
Connessi 34

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
27 aprile 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL

Quel 1943

a Roccaraso
martedì 14 marzo 2006 di Arturo Capasso

Argomenti: Guerre, militari, partigiani


Segnala l'articolo ad un amico

Due camion carichi di SS si fermarono. Scesero in fretta, si sparpagliarono da varie parti. C’era una mamma coi figli sotto braccio .Le tolsero, anzi le strapparono i ragazzi e li caricarono sul camion. Una mamma che si vede portare via i suoi figli, la sua sicurezza, il suo bene e il suo orgoglio. Un fulmine, un terremoto, l’apocalisse, la fine del mondo. Grida possenti verso il cielo Imploranti strazianti addolorate. E rastrellarono anche altri uomini . Venivo da quella curva che menava agli alberghi con due ragazze ed un grosso cesto. Avevamo appena ritirato la biancheria lavata .Capii che le cose si mettevano male per la mia famiglia e per i nostri giovani amici che erano con noi, su al paese. Quanti anni avevo? Forse sette, o qualche mese in più. Lasciai la cesta, le ragazze, corsi su, corsi senza fermarmi. Una strada ripida con l’acciottolato. Svoltai a destra , c’era la vecchia casa su due piani e la pineta alle spalle , delimitata da un alto muro ad archi. Quante volte avevo pattinato sul campetto di quella pineta, con l’aiuto del caro Urbano, sempre disponibile e paziente.

Dissi che c’erano i tedeschi, che stavano portando via gli uomini e i giovani.. Venne altra gente che confermò - in grande agitazione - la mia notizia. Che fare? Nascondersi. Subito. Tutti. E dove? Si decise. Mio padre e il suo con-suocero sarebbero rimasti fuori. Gli altri - una quindicina - si sarebbero nascosti nella zona del sottoscala, fra il primo e secondo piano. Davanti fu messa una grossa cappelliera.

JPEG - 18.2 Kb
Roccaraso rinasce

E vennero. Presero mio padre e il suo con-suocero. Mia nonna si vide, anche lei, portare via il figlio. Grida braccia al cielo svenimento schiuma per bocca. Donne in affanno, a correre da una parte all’altra. Tragedia a tragedia. Li portarono via con gli altri a scavare trincee. Un marchese e i suoi camerieri, contadini e medici, avvocati ed artigiani. In poche ore c’era stato un livellamento e tutti avevano l’obbligo di scavare.

Un signore ebbe la prontezza di vestirsi da donna e fu risparmiato. Quando se ne furono andati, gli uomini e i giovani uscirono dal nascondiglio. Sarebbero andati - tutti - a Villetta Barrea, un paesino oltre le montagne. Lunghe attese vicino all’enorme camino. La radio. La radio che trasmetteva frasi senza un collegamento logico. Erano messaggi.

JPEG - 14.9 Kb
Roccaraso: il paese

Dopo qualche mese ci ordinarono di sgomberare le case , di andare via solo con una borsa contenente cinque chili di effetti personali. Cos’ha più valore: un paio di pantaloni, un cappotto, un libro, un pezzo di pane, un giocattolo, un cagnolino?

Andammo a Sulmona. .La neve, un freddo al quale non eravamo abituati. Uno solo, un solo tedesco andava su e giù per via Napoli, tenendo un’intera strada sotto il terrore. Tre inglesi accolti come fratelli e tenuti nascosti.

Ancora freddo; avevo un paio di zoccoletti perché, giocando su un prato di grano a Roccaraso, avevo nascosto le mie belle scarpe. Così bene che non riuscii più a trovarle

Dopo l’armistizio le trincee scavate da quegli uomini erano piene di vuote speranze tedesche e di lacrime di donne italiane. Nella piccola chiesa di Madonna delle Portelle c’era ancora sui muri il nero fumo della paglia bruciata. Immagini, candelabri, panche, inginocchiatoi: tutto devastato. Ancora trincee lungo la strada: erano vuote, ma accanto c’erano morti, croci di morti, armi ed elmi di morti. La valle, quella bella stupenda valle, ora appariva ferita ed era silenziosa.

In Roccaraso 1943 di Ugo Del Castello, Edizioni Qualevita, c’è un’attenta ed accurata ricostruzione di quegli eventi. Desta grande emozione il ricordo di chi visse quei giorni. I protagonisti erano quasi tutti piccoli, come del resto è capitato a me. Ma sono proprio quelle immagini, che entrano con violenza nel nostro cuore e nella nostra mente, ad occupare uno spazio che resterà immutato nel tempo.

Com’è possibile, com’è possibile che dimentichiamo vicende a noi vicine e ricordiamo - nel bene e nel male, come se fosse oggi - fatti accaduti quando eravamo piccoli? Ecco, forse quelle annotazioni che ci portiamo dentro sono direttamente proporzionali all’intensità dell’episodio.

JPEG - 19.7 Kb
Roccaraso: il viale

Fra le testimonianze che appaiono nel libro c’è anche quella di Riccardo Rucci, mio carissimo amico da oltre mezzo secolo, che m’ha insegnato ad amare la montagna e, soprattutto, la vita semplice con le sue millenarie tradizioni.

Riccardo fra l’altro scrive: “Il gruppo a cui apparteneva mio padre era formato da undici uomini affidati ad un soldato armato che li dirigeva e li teneva sempre sotto controllo col mitra spianato. Un giorno un lavoratore, che aveva le scarpe rotte, passando davanti ad una casa con la porta aperta, approfittò di un momento di distrazione del soldato di guardia ed entrò; uscì quasi subito con in mano un paio di scarpe. Non fece in tempo a rientrare nel gruppo che il soldato se ne accorse, alzò il mitra e lo freddò......Due uomini, che non erano di questi paesi, scesero anch’essi sul piano per procurarsi un pezzo di carne. Immediatamente i presenti li pregarono di fermarsi, di non entrare su quel terreno. Tutti incominciarono ad urlare vedendoli continuare incuranti del pericolo. I due, sicuramente stretti dalla fame, ormai avevano deciso e andarono oltre. Una mina esplose e li ridusse peggio delle mucche. Il soldato invece si era salvato. Perché? Sapeva dove mettere i piedi, le mine le aveva posizionate lui”.

JPEG - 16.4 Kb
Roccaraso: Campetti

Dice un proverbio russo: la miseria non è un vizio, è una porcheria. E la guerra,cos’è? L’uomo con la sua intelligenza applica metodi sempre più subdoli di distruzione. Quanti altri ragazzi in tutto il mondo si porteranno dentro e per tutta la vita immagini di devastazione odio morte?

 

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30