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Guttuso e la funzione dell’arte nella società

Sentimento e riscatto della sua terra
giovedì 8 novembre 2012 di Elvira Brunetti

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Continua a Roma la stagione artistica ricca di mostre interessanti. Poco distante dalle Scuderie del Quirinale, dove Vermeer primeggia tra i pittori fiamminghi, il Complesso del Vittoriano questa volta gioca in casa magnificando l’opera di un grande pittore siciliano vicino a noi e alla nostra storia. Tornato alla ribalta grazie all’interessamento del figlio Fabio Carezza Guttuso allo scopo di celebrare quest’anno il centenario della nascita.

La mostra si è aperta il 12 ottobre e si chiuderà il 10 febbraio 2013.

Renato Guttuso (Bagheria 1912-Roma 1987) testimonia con i suoi dipinti un realismo pregnante di significato sociale, politico ed esistenziale. Quest’ultimo aspetto non è da trascurare in quanto compare sia nelle grandi tele affollate di personaggi dai volti severi e corrucciati che nei dipinti individuali avviliti dal peso di una quotidianità ostile e a volte senza senso, come nei ritratti soprattutto di donne.

All’inizio dell’iter espositivo dopo l’autoritratto del 1975 (Fig.01), logo della mostra, s’incontra il capolavoro assoluto: “La Crocifissione” del 1941 (Fig.02), quadro blasfemo che suscitò tante polemiche per l’oltraggio della rappresentazione alla morale cattolica. Nudi femminili, immagini raccapriccianti di dolore e sofferenza, frammisti a impassibili personaggi. Notevole il contrasto di colori tra i tre condannati alla croce, posti in fila l’uno dietro l’altro, per la prima volta nella iconografia della crocifissione. Di spalle il ladrone rosso, copre il volto del Cristo al centro, mentre una luce bianca ne mette a fuoco il corpo, dietro di lui, il ladrone grigio. Nel quadro in alto si notano scorci di un paesaggio post-cubista.

Prima di accedere alla grande sala con le quattro tele di ampio formato, la cui visione migliora nettamente dal primo piano, ci sono piccoli quadri che descrivono i panorami o nature morte. L’indugio sulla rappresentazione poetica dei tetti della città eterna rende conto dell’amore di Guttuso per la capitale, dove visse 50 anni. Qui conobbe e frequentò tutta l’intellighenzia dell’epoca. Di Moravia fece il famoso ritratto col pullover rosso (Fig.03). Tra gli scultori Moore e Manzù, autore quest’ultimo del suo monumento funebre, partecipavano agli incontri abituali della Roma Salottiera di quegli anni.

Nel suo quadro politico più importante “Il funerale di Togliatti” (Fig.04), vero manifesto antifascista, compaiono i personaggi più noti da Luchino Visconti, ad Eduardo De Filippo e a Jean-Paul Sartre. Tra i compagni, Lenin in primis più volte raffigurato, Nilde Iotti e Berlinguer al centro, Breznev e Gramsci. Un colpo d’occhio straordinario per la presenza numerosa di bandiere rosse e saluti col pugno chiuso. Anche Pasolini (Fig.05)e Neruda apprezzavano la sua pittura ed erano suoi amici.

Da comunista impegnato rappresenta con toni crudi la denuncia sociale e la sofferenza dei ceti meno abbienti. Dal museo delle Regole di Cortina d’Ampezzo proviene “La Zolfara”(Fig.06). Un’opera complessa perché dal classicismo di matrice ingresiana ravvisabile a sinistra nella figura slanciata e ben individuabile del bambino si passa ad una massa di colori incandescenti intorno a quel giallo intensissimo dello zolfo che suggerisce una resa piuttosto astratta.

Attingendo all’amore mai sopito per la sua terra e nello stile della prosa di Sciascia, Guttuso mette in scena il grandioso mercato della “Vucciria” a Palermo (Fig.07), il dipinto è posto di fronte a quello della Solfara. Nella stessa sala la quarta opera, prospiciente Il Funerale, è “La spiaggia” (Fig.08), opera del 1956, un ritratto dei primi bagni al Lido d’Ostia. Picasso è raffigurato, mentre cammina sulla sabbia con un asciugamano addosso. Roberto Longhi disse che il quadro faceva pensare alla Jatte di Seurat. Ugualmente di un certo interesse è l’immagine della fanciulla felice che vola verso il mare, un’oasi di gioia nel mare di tristezza che connota l’universo dei personaggi guttusiani.

Sembra di vedere i Murales di Diego Rivera, il cui realismo si accompagna al senso tragico che certamente non poteva mancare al pittore di Bagheria nato laddove l’antica Grecia aveva posto le sue profonde radici.

Nel “Caffè Greco”(Fig.09) celeberrimo dipinto, grande pubblicità del ritrovo di via Condotti, fiore all’occhiello dell’Art Nouveau, si nota a sinistra seduto ad un tavolino Giorgio De Chirico, già anziano. Si direbbe l’interno della Coupole di Parigi o degli altri caffè letterari frequentati dagli Esistenzialisti. Inoltre lo stile figurativo un po’ fumettista di tutti i presenti, da Buffalo Bill a Gabriele d’Annunzio, è alquanto divertente.

Due sono i maestri ispiratori e omaggiati da Guttuso. Da una parte De Chirico, presente con quell’alone di mistero anche nella “Visita della sera” (Fig.10) e dall’altra, ma in maniera di gran lunga preponderante Picasso. In occasione della sua morte, qualche anno dopo il 1973, Renato dedica all’amato amico “Il Convivio” (Fig.11), in cui lo ricorda tra le sue donne, il cavallo, il toro e le immagini a lui più care.

Grande è stata l’abilità del pittore siciliano di coinvolgere tutti gli intellettuali dell’epoca, artisti e non artisti, creando delle relazioni tra loro.

La sua pittura doveva testimoniare quindi anche la sua vita sociale e l’impegno politico, come si riconosce dai ritratti di Antonello Trombadori e Mario Alicata, non solo il suo privato, dall’amore per la moglie Mimise alla passione per Marta Marzotto.

 

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