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Bruegel il Vecchio da Bruxelles a Napoli

“Il censimento di Betlemme”, l’orgoglio di un museo reale
mercoledì 1 febbraio 2012 di Elvira Brunetti

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Ben due quadri del famoso pittore fiammingo impreziosiscono la collezione Farnese del museo di Capodimonte: "Il Misantropo" (Fig.1) e "La Parabola dei ciechi" (Fig.2). Entrambi eseguiti alla fine della vita breve ma intensa dell’artista, quando reminiscenze dello spirito burlesco, ereditato da Bosh, evidenziabili nella caricatura dei difetti umani, si sposa con l’ostinazione del suo sguardo rivolto sempre al mondo dei contadini e della povera gente.

Nel primo il vecchio eremita ormai deluso fugge dalle passioni umane e non si accorge che un avido monello, imperversando sulla sua solitaria sofferenza gli ruba il piccolo sacco di monete. Ancora del sarcasmo si legge nella scena della “Parabola dei ciechi”. Senza una giusta guida si cade, tale è l’intento dal carattere moraleggiante. Ci sono sei ciechi in fila che si reggono l’uno all’altro. Se cade uno, cadono tutti. Infatti il primo è già caduto nel fosso, ma mentre il terzo è terrorizzato perché ha perso l’appoggio, l’ultimo da sinistra è tranquillo, non sa ancora quello che avverrà.

Il racconto di antichi proverbi è un retaggio della tradizione medioevale, ma l’attenzione all’uomo è una conquista rinascimentale. Non è più Dio nè le immagini sacre ad occupare la scena, ma il semplice contadino nella sua quotidianità. La Riforma protestante ebbe la sua influenza sull’arte figurativa nordica come anche la filosofia di Erasmo da Rotterdam.

Pieter Bruegel il Vecchio nasce a Breda in una data incerta tra il 1525 ed il 1530, mentre certa è quella della morte a Bruxelles nel 1569. Viene considerato il più grande creatore artistico fiammingo del XVI secolo. Ha due figli: Pieter Bruegel il Giovane e Jan Bruegel il Vecchio ed un nipote Jan Bruegel il Giovane.

Aveva la passione del disegno ed eccelse in opere incisorie.

Secondo la consuetudine dei pittori dell’epoca, nel 1551 intraprese un lungo viaggio attraverso l’Italia, lasciando tracce dei luoghi visitati nelle sue opere.

Da Bruxelles fino a Napoli lo testimonia un dipinto ad olio su tavola, che si trova alla Galleria Doria Pamphili di Roma: la “Veduta del porto di Napoli” (Fig.3), in cui si nota a sinistra il Castel dell’Ovo e a destra il Vesuvio.

Ma qual è la differenza tra un pittore come Cranach, Jan Massys (Fig.4)o come Jan Gossaert col suo piccolo gioiello: “Venere e Amore” (Fig.5), tutti rappresentati tra i Grandi del Rinascimento al museo reale di Bruxelles?

Ebbene, mentre questi artisti nordici furono influenzati dalla moda italiana del nudo femminile, Bruegel rimase indifferente alla bellezza del corpo, preferendo dipingere piccoli contadini e contadine sempre vestite, tutti molto attivi nelle feste popolari, banchetti nuziali, Quaresima e Carnevale.

Inoltre mentre in Italia si celebravano sacre maternità, il Nostro ha l’ardire di rappresentare la Madonna sull’asinello accanto al bue, ridotta ad una dimensione di donna comune. Nel famoso quadro “Il censimento di Betlemme” (Fig.6) Maria e Giuseppe appaiono mischiati alla folla di gente che si reca a versare il proprio contributo al potere romano.

Colei che porta in grembo il frutto sacro è stata declassata ed appare stanca e affaticata dal lungo viaggio. Secondo le sacre scritture molti tra i convenuti avevano camminato giorni e giorni prima di arrivare nel posto dove avvenne il primo fatto importante della storia: l’atto che li rendeva cittadini romani. Ed ecco un’analogia importante che l’artista nel suo dipinto vuole fare intendere.

Come quel popolo duemila anni fa soggiaceva impotente, allo stesso modo i poveri Fiamminghi dell’epoca erano oppressi da Filippo II, sovrano cattolico che esigeva dai Paesi protestanti il pagamento di tasse. Per tale ragione la figura dell’esattore d’imposte è abbastanza frequente nei quadri di quel periodo. Bruegel in diverse sue opere denuncia la violenza. Nel “Massacro degli Innocenti” descrive con quella metafora il dramma della guerra.

Tuttavia “Il censimento di Betlemme” suggerisce altre immagini interessanti. Il freddo della neve che aleggia intorno all’osservatore dopo la sosta di qualche istante dinanzi al quadro è un fenomeno reale.

Pare, secondo la descrizione attenta del Van Mander, una sorta di Giorgio Vasari fiammingo, che durante il suo viaggio in Italia Bruegel invece di essere colpito dalla pittura italiana, rimase affascinato dallo spettacolo delle Alpi innevate. Porterà nel suo cuore le straordinarie immagini del nostro paesaggio e lo riprenderà nelle sue opere.

Lavorando di lena sul legno di quercia, facendo vari esperimenti, inventa e crea per la prima volta il paesaggio innevato. Dopo di lui è diventato routine. Conosciamo bene l’inverno nevoso di Monet. Ai raggi x si sono evidenziate le difficoltà incontrate dall’artista, ma si è scoperta anche una sapiente tecnica eccezionale.

I suoi quadri fanno sentire il freddo perché anche lui lo sentiva mentre li eseguiva. Come è noto, le opere, il cui soggetto è la neve, sono diverse.

I biografi dell’epoca assicurano che l’inverno del 1565 fu particolarmente rigido, le temperature di quei luoghi raggiunsero decine di gradi sotto lo zero, né prima né dopo quell’anno si assistette ad un gelo simile.

Fu proprio l’evento climatico eccezionale nei Paesi Bassi l’ispirazione maggiore di quel paesaggio. Bruegel era a Bruxelles e faceva molto freddo. La gente bruciava di tutto pur di avere un minimo di calore. Lo si vede benissimo nel quadro: in fondo un gruppo di persone accendono un fuoco. I canali sono ghiacciati e vengono attraversati a piedi. Qualcuno è intento a calzare i pattini di legno.

Qua e là i bambini giocano con le palle di neve. Una donna guarda smarrita e preoccupata il suo orticello distrutto dal gelo. I carretti dei contadini con le botti sono completamente ricoperti dalla neve. Gli alberi scheletriti accolgono uccelli neri, malinconici, mentre altri più speranzosi volano alla ricerca di cibo. Perfino il sole ha freddo e cupo appare all’orizzonte. Ma la gente non rinuncia ad ammazzare il maiale. Bisogna pur mangiare.
Nell’angolo in basso a sinistra, ce n’è uno per terra che sta per essere sgozzato ed un altro che viene tirato fuori per la stessa sorte. Si vede la gente in fila per il censimento, fa freddo, ma il brulichio della vita quotidiana non si spegne, anzi è tutto là in quell’avvicendarsi di episodi normali e comuni.

E’ un ritratto quindi della miseria della povera gente vittima del potere e del clima inesorabile.

Il dipinto è collocato nel museo reale delle belle arti di Bruxelles accanto ad una copia dello stesso (Fig.7), eseguita dal figlio Bruegel il Giovane, la quale a differenza dell’originale mostra un’assenza totale di movimento, di anima e di colore. Dopo la morte del padre la domanda delle sue opere crebbe; per questo IL Giovane fu costretto a lavorare intensamente nella sua bottega con altri collaboratori. Molto richieste furono le stampe dei suoi quadri, che il figlio con la tecnica del punto che perfora riusciva con grande abilità a realizzare.

Il quadro del “Censimento di Betlemme” non ha mai lasciato la capitale belga, è in un certo senso una reliquia.

Il passato artistico di Bruxelles si evidenzia nell’opera di Bruegel il Vecchio. Dopo l’indipendenza del Belgio nel 1830 egli viene celebrato come il pittore del popolo, il pittore della condizione umana. Rodolfo II era un appassionato della sua pittura. Nel XIX e nel XX secolo il successo è stato massimo.

Pieter il Vecchio è inumato a Bruxelles nella chiesa di Notre Dame de la Chapelle, dove una lapide col suo ritratto scolpito (Fig.8) lo ricorda ed un quadro di Rubens “Cristo consegna le chiavi a San Pietro” (Fig.9) lo immortala nei secoli. Si tratta in effetti di una buona copia dell’originale oggi in Germania. Nel Settecento una disputa per la successione da parte degli eredi di Rubens spinse questi ultimi alla vendita del dipinto, privando il Memoriale di Bruegel della pregevole opera. Il sommo pittore di Anversa possedeva ben dodici dipinti del suo amato predecesore.

 

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