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La luce tra arte e ricerca

Le meravigliose immagini della natura di Giancarlo Mancori
domenica 22 marzo 2009 di Luciano De Vita

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Nella affascinante cornice delle Scuderie Aldobrandini di Frascati, negli ambienti del Museo Tuscolano, il 15 marzo è stata inaugurata la mostra delle splendide elaborazioni fotografiche di Giancarlo Mancori, che si protrae fino a domenica 29 marzo 2009.

Nel grande salone del piano terreno nella cui spina centrale sono situate le vetrine esplorabili da ambo i lati, si possono ammirare i reperti archeologici illuminati in una maniera molto appropriata che li esalta,

Sulle pareti le immagini di Giancarlo.

Entrando sulla sinistra le foto più “classiche”, quelle così dette “impressionistiche”, dove il mosso e lo sfocato fanno vibrare la realtà.

Più oltre in senso orario una ininterrotta serie di immagini naturalistiche di animali assolutamente da far restare a bocca aperta.

Molti gli ospiti presenti che hanno visitato la mostra e si sono congratulati con l’artista, tra questi Franceso Paolo Posa Sindaco del Comune di Frascati e l’assessore alle politiche culturali Stefano Di Tommaso, la direttrice del Museo Tuscolano Giovanna Cappelli, il chirurgo Mino Buonomini fondatore dell’Associazione Castelli Romani Servizio Oncologico (ACROS) e tanti altri amici.

Complimenti Giancarlo ci hai stupito ancora!

Nota: Le foto in movimento delle opere di Giancarlo Mancori sono dell’autore dell’articolo.

Altri lavori di Giancarlo Mancori si possono trovare sul suo sito www.giancarlomancori.it


Per meglio comprendere la qualità artistica del fotografo/artista, riportiamo, qui di seguito, il testo critico di Massimo Mussini (dell’Università degli Studi di Parma 2009) che inquadra perfettamente le opere e il suo autore.

“Definire Giancarlo Mancori fotografo naturalista è corretto, ma anche riduttivo, poiché circoscrive la sua ricerca a un solo settore e non rende giustizia alla sua personalità.

La fotografia naturalistica è un aspetto rilevante del suo lavoro, ma è interesse relativamente tardo, maturato nel corso della sua carriera e,dunque,per capire quale sia stato il suo percorso di avvicinamento al mondo della natura, occorre analizzare un retroterra diverso e di lungo periodo, che coincide con un’attività professionale nel campo della fotografia scientifica, pubblicitaria e di architettura, svolto nella seconda metà del Novecento, a partire all’incirca dagli anni Sessanta.

Allora essere fotografo significava possedere una solida competenza tecnica, poiché i risultati dello scatto erano valutabili soltanto dopo lo sviluppo dell’immagine e non ci si poteva permettere di sprecare materiale e, soprattutto in campo scientifico, non sempre l’esperimento era facilmente rifotografabile.

Gli ambienti in cui ha svolto questa sua attività sono stati stimolanti a vari livelli: nei laboratori dell’ENEA di Frascati ha operato accanto a scienziati di vaglia e ne ha derivato un metodo di analisi sistematico; nel periodo in cui era responsabile dell’immagine di una grande ditta produttrice di macchine per ‘movimento terra’, ha viaggiato e conosciuto paesi diversi.

Da queste multiformi esperienze ha sviluppato un’acuta capacità di osservazione, pronta a cogliere i momenti significativi della realtà grazie alla conoscenza preventiva di ciò che fotografa.

Tutte queste caratteristiche vengono espresse nella personalità del Mancori di oggi, fotografo della natura, campo in cui mostra una capacità di visione straordinariamente sofisticata e nello stesso tempo sensibile.

Sofisticata, poiché le sue immagini non sono mai banali, ma sembrano sempre attentamente studiate. Sembrano e non sono, dato che gli animali non sono certamente disposti a farsi mettere in posa e allora la scelta del momento dello scatto diventa conseguenza di una lunga osservazione e memorizzazione di atteggiamenti ripetitivi. Una messa in posa a rovescio,insomma,nella quale il fotografo resta in attesa di quell’atteggiamento significativo che prima o poi deve arrivare.

Sensibile, perché le fotografie di Mancori rivelano una grande partecipazione emotiva e cercano di comunicare le suggestioni provate davanti al mondo naturale.

Sul piano operativo le sue immagini sono il risultato di un’attenta analisi della realtà e della sua traduzione figurativa attraverso pochi mezzi tecnici sapientemente utilizzati. Un ruolo importante gioca il teleobiettivo, non soltanto per poter riprendere gli animali da lunga distanza e passare così inosservato, ma soprattutto per creare intorno ad essi un fondale cromatico indefinito capace di isolare e valorizzare visivamente il soggetto.

L’enfasi in tal modo portata sul protagonista dell’immagine risulta ulteriormente arricchita dall’uso della luce naturale, che in molti casi è abilmente selezionata al fine di ottenere effetti particolari. Il medesimo linguaggio espressivo caratterizza anche le fotografie di paesaggio, nelle quali il soggetto non è quasi mai mostrato oggettivamente (vale a dire con intento illustrativo), ma piuttosto riproposto soggettivamente attraverso effetti di mosso e di sfocato atti a cancellare le trame ottiche degli oggetti, per ridurli a puri giochi cromatici.

I suoi sono stati definiti paesaggi “impressionisti”, ma l’aggettivo rende torto all’atteggiamento di Mancori, perché sembra voler sottolineare la derivazione da un linguaggio pittorifotografia dell’incanto immagini possono certamente ricordare certi dipinti impressionisti, ma non derivano da essi, né sono ad essi assimilabili, poiché sono il frutto di un procedimento diverso.Mosso e sfocato sono infatti agli antipodi del procedimento fotografico tradizionale, per il quale l’immagine “corretta”era quella nitida e perfettamente a fuoco, capace per questo di restituire la realtà nella sua piena evidenza. Mosso e sfocato tendono invece a distruggere la capacità informativa della fotografia per trasportarci verso un ambito comunicativo più prossimo alla suggestione psicologica.

Macchie e segni informi allontanano dalla realtà e conducono verso il mondo della surrealtà e per rinforzare tale impressione egli non esita a intervenire talvolta sul cromatismo delle immagini, memore degli effetti ottenuti un tempo lavorando con pellicole all’infrarosso.

Su questo duplice piano – della documentazione e dell’interpretazione – si fonda il discorso fotografico di Mancori, per mostrare le meraviglie della natura da un lato e, dall’altro, per suggerirci di osservarle con occhio personale, lasciandoci conquistare da quell’incanto che Ghirri indicava presente nella realtà. “

Massimo Mussini

 

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