INFORMAZIONE
CULTURALE
Marzo 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7618
Articoli visitati
5068358
Connessi 10

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
18 marzo 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL

CORREGGIO E PARMIGIANINO alle Scuderie del Quirinale

Una mostra imperdibile sui capolavori dei due grandi pittori del Cinquecento legati a Parma
venerdì 1 aprile 2016 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


Segnala l'articolo ad un amico

Pur essendo nato a Correggio (Reggio Emilia), città cui deve il nome con cui è conosciuto, Antonio Allegri (1489-1534) è legato per buona parte della sua attività artistica a Parma, la stessa città che ha dato i natali a Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (1503-1540). Questi due pittori hanno di fatto trasformato nel primo Cinquecento la città padana in un’affascinante capitale artistica, in grado di competere con Mantova, Venezia, Firenze o Roma. La mostra “Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento”, ospitata nelle Scuderie del Quirinale fino al 26 giugno 2016, offre una selezione di capolavori pittorici e di disegni fondamentali per avere un quadro di quella stagione artistica particolarmente felice. Ovviamente per avere un’idea più completa sarebbe d’obbligo una visita della città, alla scoperta dei cicli di affreschi degli artisti parmensi, tra cui quelli delle cupole del Duomo e di San Giovanni Evangelista del Correggio, i cui effetti illusionistici hanno influenzato il successivo Barocco.

La mostra, a cura di David Ekserdjian (uno dei più insigni studiosi del Rinascimento parmense), espone capolavori provenienti dai più importanti musei del mondo, 20 dell’Allegri e poco meno del Parmigianino, più una sezione di dipinti di altri quattro artisti meno celebri, ma ricchi di talento, della Scuola di Parma: Michelangelo Anselmi, Francesco Maria Rondani, Girolamo Mazzola Bedoli (parente del Parmigianino) e Giorgio Gandini del Grano. Un’altra sezione offre alla vista un’accurata selezione di disegni, quanto mai utile per capire l’approccio dei due geniali maestri al pensiero progettuale: sostanzialmente funzionale quello di Correggio, più ricco e vario quello di Parmigianino.

Scrive Vasari nelle sue Vite che Correggio fu “il primo che in Lombardia cominciasse cose della maniera moderna”. Nessuno come lui sapeva rendere l’impalpabilità di una nuvola o la morbidezza di un corpo femminile, e allo stesso tempo sapeva esprimere l’intera gamma dei sentimenti umani, dalla gioia al dolore. Sentimenti che troviamo sia nelle opere religiose, sia in quelle profane, come la celebre Danae della Galleria Borghese, che faceva parte della serie degli “Amori di Giove”, commissionati da Federico II Gonzaga per farne dono a Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna nel 1530. La tela raffigura l’istante in cui Danae, figlia del re di Argo Acrisio, accoglie nel suo letto Giove, trasformato in pioggia d’oro, con l’aiuto di Amore. Ai piedi del letto, sulla destra, due deliziosi amorini giocano testando la tenuta della punta della freccia amorosa, che rischia di alterarsi al contatto dell’oro. La sensualità di questa scena pagana, che tanto piaceva a D’Annunzio (la cita nel romanzo “Il piacere”), è messa a confronto in mostra con la magia di un altro dipinto mitologico proveniente dalla National Gallery di Londra, Venere con Mercurio e Cupido, detto anche “Educazione di Amore”, in quanto Mercurio insegna a leggere a Cupido sotto lo sguardo amoroso di una Venere alata.

Questi dipinti si contrappongono alle tele di soggetto sacro, caratterizzate da una forte intensità delle espressioni e allo stesso tempo da una grazia dolcissima, come quando Gesù Bambino gioca con la Madre (Madonna Campori, dalla Galleria Estense di Modena) o con San Giovannino (Sacra Famiglia con S. Giovannino, dal Musée des Beaux-Arts di Orleans). Il rapporto con il mondo classico è evidente nelle scelte formali e compositive di alcuni dipinti, in particolare nel Noli me tangere del Prado, dal caratteristico andamento trasversale, nel Riposo durante la fuga in Egitto dagli Uffizi, nel Matrimonio mistico di Santa Caterina dal Museo di Capodimonte. Un tocco cruento e teatrale caratterizza il Martirio di Quattro santi, dalla Galleria Nazionale di Parma, mentre il Volto di Cristo del Paul Getty Museum di Los Angeles esprime un realismo sublime, che sembra derivare dalla pittura veneta. Il Ritratto di dama, proveniente dall’Ermitage, firmato Anton Laet (abbreviazione di Laetus, cioè allegro) sul tronco dell’albero dietro l’effigiata, potrebbe raffigurare forse Veronica Gambara, moglie del principe di Correggio e poetessa attenta alla vita culturale del suo tempo.

L’altro grande protagonista della mostra, Parmigianino, era figlio d’arte e aveva cominciato a dipingere giovanissimo. Influenzato inizialmente dal Correggio, come si vede nella cosiddetta Pala di Bardi (Nozze mistiche di Santa Caterina con i santi Giovanni Evangelista e Giovani Battista), eseguita all’età di sedici anni, prosegue il suo percorso artistico con un’estetica originale, che coniuga sperimentazioni linguistiche ardite con le sue conoscenze filosofiche ed ermetiche. Fondamentale per la sua arte deve essere stato il viaggio a Roma, dove si recò nel 1524, sotto il papato di Clemente VII. Purtroppo durante il sacco di Roma del 1527 da parte dei Lanzichenecchi di Carlo V venne fatto prigioniero e riscattato a peso d’oro. Un suo legame del tutto particolare con Raffaello si fa risalire alla notizia di una presunta trasmigrazione dell’anima del Sanzio al momento della sua morte prematura, leggenda riportata anche da Giorgio Vasari, “… si diceva pubblicamente in Roma per infinite persone lo spirito di Raffaello esser passato nel corpo di Francesco, nel vederlo nell’arte raro e nei costumi sì grato…”. E proprio come l’Urbinate, anch’egli morirà all’età di 37 anni, dopo essere fuggito da Parma perseguitato dai creditori.

È proprio il Parmigianino che ci accoglie nella prima sala espositiva con due tele enormi affiancate. Alte più di cinque metri, sono portelle d’organo raffiguranti Re David e Santa Cecilia e provengono dalla basilica magistrale di Santa Maria della Steccata, la stessa chiesa parmense della quale Parmigianino affrescò parte della volta (con le Vergini savie e stolte che sembrano quasi sculture dipinte). Le sue opere religiose sono forse meno emotive di quelle del Correggio, ma di una raffinatezza e di un’eleganza estrema, che verrà chiamata “maniera”. Pensiamo alle sue madonne dai colli lunghi e dalle dita affusolate, alla grazia dei corpi sinuosi e alla potenza innovativa di certe scene, come per esempio nella Conversione di Saulo, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, il cui cavallo dal mantello bianco sembra saltare con movenze circensi.

Anche Parmigianino si è cimentato nei temi mitologici, come nel dipinto raffigurante Saturno e Filira (collezione privata), dove il dio appare trasformato in cavallo alato, mentre la donna, al centro, lo incorona e sulla destra appare un malizioso Cupido. Notevoli sono anche i suoi ritratti, come quello di Lorenzo Cybo, dallo Statens Museum for Kunst di Copenaghen, la superba Pallade Atena, dalla Royal Collection di Buckingham Palace, e la celebre Antea, dal Museo di Capodimonte, una tra le più raffinate e misteriose composizioni ritrattistiche del Cinquecento.

Il ritratto di una giovane donna con un copricapo di foggia orientale e un ventaglio di piume è stato scelto come immagine guida della mostra. Il dipinto proviene da Parma e si chiama La schiava turca, ma ovviamente non si tratta di una schiava, bensì di una nobildonna dall’abbigliamento sontuoso e l’aspetto da bambola per via delle sopracciglia depilate, le guance esageratamente rosee e gli occhioni spalancati.

Nella sezione dedicata ai seguaci dei due maestri, di sicuro effetto appare il grande quadro di Girolamo Mazzola Bedoli raffigurante Quattro membri della famiglia Bergonzi, appartenente un tempo alla collezione di Cristina di Svezia (ma erroneamente attribuito a Tintoretto) e ora alla Galleria Nazionale di Parma. Dello stesso autore e della stessa Galleria è Parma che abbraccia Alessandro Farnese. Il giovane, dell’apparente età di dieci anni, era figlio di “Madama” Margherita d’Austria, duchessa di Parma, ed è guardato quasi con venerazione dalla personificazione allegorica della città.

P.S.

Le fotografie dell’articolo, tranne due firmate Nica Fiori, sono sotto il copyright del museo di appartenenza.

“Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento”

Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16, Roma
Dal 12 marzo al 26 giugno 2015
Orari: da domenica a giovedì 10.00 - 20.00; venerdì e sabato 10.00 - 22.30
Biglietti: intero € 12,00 - ridotto € 9, 50
Info Prenotazioni e Visite guidate: Tel. +39.06.39967500, www.scuderiequirinale.it
Catalogo: Silvana Editoriale