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Restaurati gli affreschi delle catacombe dei Ss. Marcellino e Pietro

Risplendono di nuova luce i dipinti catacombali di età costantiniana accanto al Mausoleo di Sant’Elena in via Casilina
martedì 1 marzo 2016 di Nica Fiori

Argomenti: Architettura, Archeologia


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Grazie a un accordo tra la Heydar Aliyev Foundation della Repubblica dell’Azerbaijan e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, è stato possibile riportare allo splendore originario gli affreschi delle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Casilina. Il restauro è stato finanziato dalla Fondazione azera in un dialogo interculturale, che “costituisce un gesto di grande rilievo a livello simbolico, perché per la prima volta nella storia recente un’istituzione di una nazione musulmana sciita contribuisce in modo efficace alla valorizzazione di un monumento cristiano”, come ha evidenziato il cardinale Gianfranco Ravasi (Presidente della Pontificia Commissione) nel corso della presentazione dell’evento.

Queste catacombe romane, certamente più ampie di quanto non siano ancora state scavate, si sviluppano in un complicato intreccio di gallerie su due livelli e si caratterizzano per la ricchezza delle decorazioni pittoriche, per lo più del IV secolo, tanto che si può parlare di una vera e propria pinacoteca della pittura d’età costantiniana.

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Chiesa San Marcellino e Pietro ad Duas Lauros

Il sito del complesso cimiteriale, al III miglio dell’antica via Labicana (che coincide ora nel suo primo tratto con la via Casilina), nella località ad duas lauros (“ai due allori”), è noto ai nostri giorni come Tor Pignattara per l’imponente presenza dell’omonima torre (caratterizzata dall’uso delle pignatte di terracotta per alleggerire la muratura della volta), in realtà mausoleo di Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, alla quale apparteneva la tenuta labicana, che doveva estendersi tra il Palazzo Sessoriano (presso Santa Croce in Gerusalemme) e Centocelle.

Lì si trovava il cimitero degli Equites Singulares, la guardia del corpo degli imperatori romani, che, nella battaglia finale di Ponte Milvio per la supremazia su Roma tra Massenzio e Costantino, ebbe la “colpa” di schierarsi con Massenzio, che sarebbe uscito sconfitto dallo scontro. Era il 312 d.C. quando Costantino rimase unico imperatore della città. Tutti i possedimenti dei soldati “traditori” vennero donati alla Chiesa per la realizzazione della Cattedrale di Roma in Laterano, sul luogo della caserma, e del complesso della Basilica circiforme (completamente perduta) dedicata ai Santi Marcellino e Pietro e del Mausoleo di Elena sulla via Casilina. Mausoleo che inizialmente doveva essere destinato presumibilmente allo stesso Costantino (che verrà sepolto invece nell’Apostoleion a Costantinopoli), visto che il sarcofago in porfido ritrovato nella tomba e conservato nei Musei Vaticani raffigura una scena di battaglia.

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Il vicino mausoleo di Sant’Elena

Al luogo di sepoltura pagana si sovrapposero le catacombe cristiane, che avevano come nucleo principale le tombe dei santi martiri Marcellino e Pietro, i cui corpi sono rimasti nella loro cripta fino al IX secolo, quando iniziò la dispersione delle reliquie dei santi nelle varie chiese europee. Di questi martiri, vittime presumibilmente dell’ultima persecuzione di Diocleziano, non sappiamo quasi nulla, ma le Passioni ce li indicano come un presbitero e un esorcista, decapitati dopo essere stati costretti a scavare la propria fossa. La prima monumentalizzazione delle catacombe avviene sotto papa Damaso, ma è papa Onorio che crea una vera e propria basilichetta con abside per favorire l’ingresso ai pellegrini (all’epoca, oltre a Marcellino e Pietro, vi era venerato anche Tiburzio). L’ultimo intervento antico documentato è quello di Adriano I che risistema la scala di accesso.

Entrando in queste catacombe ci si rende conto che i dipinti rispecchiano gli scambi culturali di una società romana multietnica e multireligiosa, quale doveva essere al tempo di Costantino. Gli affreschi riproducono soprattutto scene dell’Antico e Nuovo Testamento, ma anche miti pagani reinterpretati in chiave cristiana, come nel caso del cantore Orfeo, che affascina le creature viventi con la sua musica, così come Cristo lo fa con la parola. È questo un tema molto diffuso in ambito funerario, perché il cantore è immerso in un ambiente bucolico che richiama sia i Campi Elisi, sia il Paradiso cristiano.

In un cubicolo, insieme alle storie del profeta Giona e al Buon Pastore, sono raffigurati i busti delle Stagioni, per esprimere, secondo quanto scrive il cardinale Ravasi, “un concetto più ampio della rigenerazione, che fluirà verso l’idea della Resurrezione”. Gli atleti raffigurati in un altro cubicolo vogliono rappresentare, invece, l’eroizzazione del defunto, e quindi la sua ascesa al cielo. Significativo nell’ambito di un dialogo interculturale è anche l’episodio di Cristo con la samaritana al pozzo, perché la donna simboleggia per l’artista cristiano l’Ecclesia ex gentibus, cioè la cristianità di matrice pagana.

I restauri, che hanno interessato la zona delle nove agapi, sono iniziati nel 2012 e si sono articolati in vari interventi fino al 2015. Il primo ha riguardato il cubicolo di Susanna e del Fossore, il cui soffitto era completamente coperto da una patina nera, dovuta al fumo delle torce che venivano usate per l’illuminazione. Grazie all’utilizzo del laser per la pulitura degli affreschi è stato possibile rileggere le pitture e, in particolare, riconoscere nella figura, che prima veniva indicata come Lazzaro, quella del paralitico di un episodio evangelico. Anche l’immagine del fossore (operaio addetto allo scavo e alla manutenzione delle catacombe), raffigurato qui con abito da lavoro ed elmetto, ha acquistato una nuova vivacità ed efficacia.

Si è proceduto quindi al restauro degli affreschi dell’arcosolio di Sabina (raffigurante una scena di banchetto dove si legge Sabina misce), dell’arcosolio di Orfeo, della nicchia di Daniele (il profeta è raffigurato tra i leoni), del cubicolo dell’Epifania (vi è raffigurata la Madonna con il Bambino e due Magi ai lati, del resto nel Vangelo di Matteo non si dice quanti fossero), e infine del cubicolo dei due ingressi (cosiddetto per le due aperture, una attualmente murata) o della Donna orante, recuperando il tessuto decorativo e riportando l’insieme ad una percezione più vicina a quella originaria.

La visita del complesso, aperto al pubblico su prenotazione, è assolutamente raccomandabile per scoprire quella Roma sotterranea che continua ad affascinare gli studiosi e i turisti, indipendentemente dalla fede. I motivi iconografici che dovevano accompagnare i defunti nella vita eterna illuminano di luce spirituale i piccoli ambienti catacombali, permettendo di compiere un emozionante viaggio nella storia, al tempo del primo cristianesimo.

P.S.

L’ingresso delle Catacombe è in via Casilina, 641 - Roma
Orario di apertura: 9.00 - 12.00 / 14.00: 17.00.
Chiuso il giovedì
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA tel. 06.2419446 - cell. 339.6528887
e-mail: santimarcellinoepietro@gmail.com
Biglietto intero euro 8,00; biglietto ridotto euro 5,00
Il prezzo del biglietto comprende la visita guidata con la guida autorizzata


 

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