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La macchina volante pensata da Leonardo

LE FRONTIERE DEL VOLO: DAL PIU‘ LENTO AL PIU‘ VELOCE NELL’ARIA

Le due più ardite modalità di solcare i cieli
giovedì 1 marzo 2018 di Sandro Meardi

Argomenti: Tecnologia


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Parafrasando quella che ancora oggi è l’espressione che meglio di ogni altra ha sintetizzato parte della storia del volo umano, vale a dire ’dal più leggero al più pesante dell’aria’, cioè da quando si passò dagli aerostati (mongolfiere e dirigibili) agli aeroplani propriamente detti, oggi due eccezionali velivoli sono lì a testimoniare quanto ancora sia sorprendente la conquista della “terza dimensione” ad opera dell’uomo. Due modalità di volare che potrebbero anch’esse essere ricordate nella storia del volo con l’altrettanto sintetica espressione: ’dal più lento al più veloce nell’aria’.

Mentre infatti continua a regalare record (dalla trasvolata “cost to cost” negli Stati Uniti alla circumnavigazione terrestre) l’aereo alimentato ad energia solare HB-SIA ’Solar Impulse’ capace di raggiungere una velocità max di 70 km/h, prosegue la ricerca scientifica attorno al velivolo sperimentale senza pilota Waverider X-51A.

Quest’ultimo, che durante i test viene rilasciato da un bombardiere B-52 sopra il Pacifico, ad una quota di circa 15 km, ha realizzato il più lungo volo nel suo genere in regime ipersonico (mach 5.1) pari ad una velocità di oltre 5.000 Km/h.

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HB-SIA SolarImpulse

L’accostamento tra i due velivoli, non appaia irriverente l’uno per l’altro, stanti le abissali differenze che caratterizzano non soltanto la loro tecnologia propulsiva, ma anche e sicuramente soprattutto le finalità e gli scenari sociali, economici, politici, militari e strategici di domani. Tanto per iniziare, in questo insolito confronto, ’solar impulse’ nasce dalla passione dei due piloti svizzeri nonché progettisti (Bertrand Piccard e André Borschbergè) del velivolo che si sono alternati diuturnamente ai suoi comandi durante la trasvolata americana ’coast to coast’.

L’X51A è invece un programma militare dell’US Air Force, teso alla realizzazione di un drone propulso con l’unica tecnologia oggi conosciuta, chiamata scramjet, in grado di consentire una velocità pari a 20 volte quella del suono (oltre 23.0000 Km/h).

Ma i motivi d‘interesse, e per molti versi di affascinante diversità tra i due modi d’intendere la ’filosofia’ del volo che i due velivoli rappresentano, risiedono anche nei due diversi modi, antitetici tra loro, di realizzare due primati, quali quelli di stabilire rispettivamente una velocità minima ed una massima rispetto alla loro autonomia e, di conseguenza, alla loro capacità di durata in volo. Espressione entrambi delle formule che definiscono il moto rettilineo uniforme, l’uno, l’HB-SIA, privilegia il tempo e lo spazio, l’altro, l’X51A, la velocità. Il primo, dotato di un’autonomia pressoché illimitata, il secondo ’brucia’ tutto in pochi minuti.

Sembrano entrambi rappresentare le due uniche frontiere del volo come oggi, allo stato dell’arte dell’ingegneria aeronautica, possano essere concepite e realizzate dall’essere umano. E ancora una volta, come sempre accade nella storia del progresso scientifico e del conseguente sviluppo tecnologico, queste due frontiere appaiono invalicabili, proprio come deve essere accaduto nell’entusiasmo del momento, ai fratelli Wright, quando sulla spiaggia di Kitty Hawk, nel lontano 1903, si levò in volo, sia pure per soli pochi metri, il loro Flyer, con a bordo di una macchina volante per la prima volta il pilota.

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X51A ancorato nel pilone subalare di un B52

I limiti di ’impulse solar’ risiedono nel peso che deve recare con sé per potersi alimentare; quelli dell’X51A stanno invece nella sfida alle leggi dei fluidi, che nel caso dell’aria, diventa incomprimibile come l’acqua, quando un corpo l’attraversa a velocità ipersoniche. Il velivolo solare sconta la sua ragguardevole autonomia senza carburante e quindi senza emissioni inquinanti, al prezzo di un’apertura alare di oltre 60 metri, (per fare posto ai 200 m/q di celle fotovoltaiche) e un peso di circa 1.600 kg, 400 dei quali dovuti allo stivaggio delle batterie ai polimeri di lithio per l’erogazione di energia nel volo notturno. Costruito con materiale composito in fibra di carbonio, con una struttura a sandwich a nido d’ape per contenerne il peso, quest’ultimo consente non più del pilota a bordo, per altro costretto a respirare ossigeno in alternativa ad un sistema di pressurizzazione che risulta assente, proprio per risparmiare sul peso.

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X51A Waverider (disegno)

Waverider X-51A, costruito anch‘esso con materiale composito in fibra di carbonio, paga invece la sua capacità di volare in regime ipersonico con un destino segnato sin dalla sua fase di progettazione: l’autodistruzione per esaurimento del propellente o per qualche anomalia nei materiali di rivestimento del velivolo che raggiungono temperature sino a 3.500°C gradi o, ancora, a causa delle sempre in agguato incognite aerodinamiche che il regime ipersonico comporta. Analogamente a quanto ancora oggi accade nei velivoli pilotati supersonici, come i jet militari, ove sono i limiti fisiologici del pilota a fare da freno limitatore alle capacità del velivolo, nel volo ipersonico si realizza un’analoga asimmetria, tra quelle che sono le capacità di spinta erogata dal motore scramjet (supersonic combustion ramjet) e i materiali nonché i sistemi di controllo, in grado di sopportare senza imprevisti le sollecitazioni che s’incontrano nell’ambita regione del volo ipersonico.

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Leonardo da Vinci

Per concludere, sul piano della propulsione i 4 motori dell’ HB-SIA solar impulse sono gli stessi che possiamo trovare su di una normale bicicletta elettrica, capaci di sviluppare una potenza 10 cavalli ciascuno, collegati ad altrettante eliche bipala del diametro di tre metri e mezzo, mosse da un riduttore che limita il numero massimo dei giri a 400 al minuto; il motore dell’X51A invece, nella sua apparente semplicità, è l’ultimo ritrovato in fatto di motori a statoreattore o ramjet che a differenza del turbogetto, non ha né compressore né turbina, ma soltanto, per dirla semplicemente, un tubo collegato alla camera di combustione ove l’aria è compressa grazie alla sua forma ad imbuto per ottenere l‘effetto Bernoulli. Insomma, una specie di missile ma con qualità aerodinamiche tali da poterne in qualche modo gestire il volo.

Ma perché parlare di due velivoli così diversi tra loro? La risposta è suggestivotrovarla nelle parole di quel genio di Leonardo da Vinci che nel volo, fosse anche soltanto quello osservato degli uccelli per la sua epoca, trovò mille motivi d’spirazione scientifica ma anche romantica: “Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare“.

 

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