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Una storiella dall’Oltrepo’ Pavese

ALTRI TEMPI, ALTRA GENTE

Il dottor Maccabruni
venerdì 3 marzo 2006 di Emily Testolin

Argomenti: Letteratura e filosofia


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“...Il sabato e la domenica vi divertite, gozzovigliate ..... e poi il lunedì venite a farvi curare... e io non vi curo!”

La porta si apriva violentemente sbattendo a bella posta sulla faccia di chi si era nascosto dietro, data la folla di persone presenti. I pazienti, se non erano già pallidi per motivi loro, sbiancavano sotto le urla tonanti del dottor Maccabruni che entrava nel suo ambulatorio di un paesino di confine tra la grande pianura e le colline dell’Oltrepò Pavese.

Erano gli anni Cinquanta: il dopoguerra era duro, gli uomini si erano induriti per la fame, le violenze della guerra e degli scontri della lotta civile: tedeschi, alleati, fascisti, partigiani avevano portato in queste terre lo scontro agli eccessi.

Anche il dottor Maccabruni era un duro, ma dal cuore grande e dalle mani abili, miracolose: niente lo fermava, le febbri e le appendiciti, i mal di pancia e le polmoniti. Per la tenia aveva una cura ad hoc: insalata, cipolle, aglio e aceto per una settimana: se il malato sopravviveva, la tenia no. Anche la notte della vigilia di Natale, a tarda ora, ricuciva gli ubriachi che erano caduti dalla bicicletta, magari usando alcool che faceva salire le urla del poveretto al cielo e che si confondevano con i canti della chiesa.

Una domenica a mezzogiorno poi, chiamato d’urgenza in una cascina, aveva trovato il malato un po’ “indisposto” ma seduto ad una tavolata riccamente imbandita (riccamente: la domenica ci si permetteva la carne, spesso una gallina bollita così con il brodo si faceva anche il primo). Il dottor Maccabruni, infuriato a quella vista, aveva mollato un gran calcio rovesciando tutta la tavolata; le sue parole non è elegante riferirle...

Ma questa è una storia di altri tempi, di altra gente, di quella terra che sfuma nella nebbia tra il Po e l’Appennino.

 

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