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Storia della guerra fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa (Einaudi, 2009)

UN PROFILO STORICO DELLA GUERRA FREDDA

Politica internazionale
venerdì 22 gennaio 2010 di Carlo Vallauri

Argomenti: Federico Romero


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Federico Romero con questo libro offre un panorama completo di tutta l’esperienza che dal 1945 al 1990 ha assorbito le fatiche e le ansie delle dirigenze politiche mondiali e dei popoli.

Pregio del libro è innanzitutto avere saputo ricostruire con ampia visione storica il significato, i valori e le speranze in gioco nel contrasto che contrapponeva due delle principali potenze che si erano combattute nella seconda guerra mondiale. Inoltre la scelta del materiale studiato conferma la qualità dello storico attento e preciso nel tenere conto delle diverse visioni esposte per un cinquantennio dai protagonisti del grande scontro internazionale.

Altro punto importante è il ruolo che ancora ha giocato l’Europa pur nelle sue contraddizioni, un ruolo voluto in alcuni casi, in altri meno, perché il vecchio continente è divenuto di fatto oggetto dello stesso conflitto: e la Germania, più di ogni altro paese, ha vissuto e pagato la sua “dipendenza” dalle scelte dei due “grandi”. Molto ben descritta è la prima fase, con la presidenza Truman (un personaggio spesso, a torto, non considerato sufficientemente). Gli eventi interni della Russia non possono non condizionare i comportamenti degli occidentali. La riorganizzazione difensiva – con la Nato – è chiaramente illustrata (nel capitolo sul “bipolarismo militarizzato”) mentre esplodono le lotte per l’indipendenza dei paesi del terzo mondo in connessione con le lotte per l’eguaglianza e i diritti civili nel cuore degli Stati Uniti. Berlino come “grande testo del coraggio e della volontà dell’Occidente” (secondo l’espressione di Kennedy) è al centro di un confronto senza limiti.

In quelle condizioni resistere alle minacce e alle pretese di Mosca voleva rappresentare una garanzia che non tutte le diplomazie occidentali vedevano alla stessa maniera (come risulta tra l’altro dalle Memorie dell’ambasciatore Brosio). Ma l’escalation americana in Vietnam ha spostato il nodo del groviglio mondiale, offrendo al mondo comunista una insperata carta da mettere in campo, mentre i regimi militari anti-comunisti in America Latina facevano retrocedere i fattori principali della vita civile a livelli ormai poco consoni con le trasformazioni in corso nel mondo. Ecco perché nel seguire le linee determinanti della contrapposizione di fondo, vengono in luce ulteriori elementi di perturbamento, con lo scatenamento delle forze di repressione, dall’Indonesia a tanti paesi di nuova indipendenza.

Le divaricazioni tra occidente costituiscono quello che Romero definisce “disordine bipolare” (il periodo 1964-71) mentre Helsinki nel ’75 costituisce l’autentica novità, con il riconoscimento della inviolabilità dei confini del ’45 (con la conferma del sacrificio delle nazioni orientali dell’Europa) – che stabilizza anche ciò che sarebbe stato meglio non stabilizzare – anche se contemporaneamente apre la speranza che i diritti umani possano alimentare un effettivo laboratorio di crescita per una società meno iniqua, nella salvaguardia dei diritti individuali rimessi non più solo alla giurisdizione dei singoli Stati.

Dalla crisi di Cuba al disfacimento degli imperi del Portogallo e della Spagna si alternano momenti di trepidazione e di distensione. Colpisce, a rileggere oggi gli eventi di quegli anni, la rapidità con la quale si è passati dal potere blindato dell’Unione Sovietica alla dissolvenza degli anni ’80, segno indubbio della superiorità dello schieramento tecnico-industriale-militare USA rispetto alla vulnerabilità dell’Urss, come in quello stesso paese sapeva rivelare – inascoltato – Sacharov, grazie al punto di vista scientifico dal quale egli muoveva. L’ultimo capitolo comprende anche le pagine tumultuose di Tienammen. Nelle conclusioni Romero evidenzia il percorso del multilateralismo, apertosi infine quale effetto della presenza delle nuove economie asiatiche e tiene a sottolineare come sarebbe semplicistico vedere nell’intera epoca solo l’affermarsi del progetto imperiale statunitense. Aggiunge che se la democrazia europea ha tratto benefici dal corso degli eventi narrati, in tanti altri angoli del globo non si è “goduto degli stessi vantaggi”. Un’analisi impietosa e realistica, con le sue luci e le sue ombre, secondo le parole finali di uno studio approfondito che merita di essere letto.

 

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