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Storia culturale della Repubblica (Bruno Mondadori, Milano, 2009)

LA MODERNITA’ POLITICA E SOCIALE NEL NUOVO INTRECCIO CULTURALE DELL’ITALIA TRASH

Le vicende politiche degli ultimi 20 anni in Italia hanno riproposto i problemi che hanno diviso la nostra cultura
venerdì 1 gennaio 2010 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Storia
Argomenti: Michela Nacci


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Le vicende politiche degli ultimi 20 anni in Italia hanno riproposto i problemi che sin dal compimento del risorgimento nazionale e poi a metà del Novecento con la crisi del fascismo, il suo crollo e la nascita della repubblica, hanno diviso la nostra cultura circa i reali termini dello sviluppo civile e del progresso sociale. Le ideologie dominanti nel secolo del totalitarismo avevano ritenuto di occupare l’intero spazio degli orizzonti umani e morali. Senonché la diffusione delle più recenti tecnologie – che hanno cambiato il volto del globo – ha rivoluzionato anche il nostro “piccolo mondo” e ben viene ora a proposito lo studio di Michela Nacci Storia culturale della Repubblica (Bruno Mondadori, Milano, 2009) a tentare un primo repertorio della condizione civile e intellettuale del paese in rapporto proprio all’evoluzione in corso, nel campo scientifico e ai suoi riflessi nella vita quotidiana.

Uno sguardo quindi a tutto tondo, attento a quel che si scrive, si pensa e si dice ma soprattutto – quali nuovi indicatori troppo a lungo ignorati – quel che si fa vedere (infatti, scrive la studiosa, docente di dottrine politiche, oggi non è importante tanto “leggere” quanto “vedere” secondo le più recenti pratiche) e che quindi è il miglior strumento di osservazioni per lo stesso pensiero e sapere, come per la semplice prassi.

Il punto di partenza è naturalmente il taglio fisico e culturale che la nazione ha subito durante la guerra con il relativo travaglio psicologico. Il fascismo e la sua stessa antitesi sono valutati nello stesso piano come momenti e sfide dolorose e pungenti di una esperienza che ha accomunato tutti, e tutte le parti in causa. Quale conoscitrice approfondita delle idee politiche, l’autrice sa tendere accuminati e stringenti colpi per rimuovere alle radici tutte le incoerenze, le contraddizioni, gli errori delle generazioni che hanno condotto l’Italia al punto in cui è al passaggio del secolo. Si guardi alle osservazioni critiche che sin dall’Introduzione troviamo circa il ruolo stesso degli intellettuali e le loro anomalie e sincrasie. Muovendo quindi dalle famose “questioni di identità” e dall’emergere delle energie potenzialmente antagonistiche al regime fascista all’interno dei Guf e dei littoriali, riesce poi la Nacci a puntare l’attenzione su tre grandi filosofi che impersonano rispettivamente la cultura del fascismo, del liberalismo-democratico e del cattolicesimo contemporaneo, Gentile, Bobbio e Del Noce.

Il passaggio dalla modernità (come, a modo suo, fu il sistema mussoliniano e, nell’insieme la sua variegata opposizione, liberal-socialista e comunista) alla post-modernità (ricco di nuovi suggelli tecnico-strumentali e di prodotti originali, dai fumetti ai blog, dal dvd all’ipertesto) ha fatto piazza pulita di vecchi modi d’intendere e di praticare la cultura. Solo così immergendosi in questa nuova “epoca” l’autrice riesce ad offrire al lettore un panorama lucidamente studiato, annientando vecchie concezioni, superati modi di porsi di fronte agli accadimenti, e si proietta in una più penetrante visione comunicativa, dotata di sensori elettronici sì che le idee appaiono superate e inglobate nell’ipertecnicismo.

Allora le memorie di Croce o di Mussolini appaiono lontane nel primo case e sbiadite nel secondo – legate ad un passato arcaico – quando noi dobbiamo muoverci in un circuito più snello, frizzante, ai confini del trash, ma non per questo privo di fascino e seduzione culturale. Guardate i “compagni di strada” inventati da Togliatti o canonizzati da Asor Rosa, non vi sembrano allora sperduti cittadini incapaci di farsi idee da soli, con un proprio autonomo pensiero? Ecco perché il “chierico” (sì quello che “tradì”, secondo la nota versione di Jules Benda) si fa giornalista che ogni giorno deve puntare su motivi di cronaca, simulando che sia ancora politica, ed allora i tanti, tantissimi libri che Nacci indica, promuove o critica sembrano piccoli oggetti incastonati in un mosaico che ogni giorno cambia. Eppure, attraverso questo originale modo di entrare nel pieno e nel vivo della cultura, l’A. vi sa offrire una vivace rappresentazione di quel che sta accadendo attorno a voi (e voi non ve ne siete accorti). Ecco perché questo libro costituisce un richiamo a tutti noi, lettori come scrittori, affinché la produzione culturale italica sia filtrata nei suoi nervi sensibili e valutata senza pregiudizi. Solo così potremo comprendere meglio i cambiamenti antropologici già avvenuti e prevedere quelli che si approssimano. Una lettura leggera, piena di ammiccamenti, punture di spilli, tutti segni della ricerca della realtà intellettuale – quella meno comprensibile – ma finalmente svelata ai vostri occhi, grazie a quel tanto di nuovo e di intelligente contenuto in questo libro.

 

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