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I diritti delle donne nell’U.E. Cittadine, migranti, schiave (Ediesse, Roma, 2009)

I RICONOSCIMENTI ACQUISITI NELL’UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI "GENDER"

I diritti delle donne nell’U.E. Cittadine, migranti, schiave
sabato 18 luglio 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Sociologia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Maria Grazia Rossilli


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Un graduale processo di allargamento dei diritti ha avuto luogo man mano che le prime forme comunitarie si sono trasformate sino alla costituzione dell’Unione Europea. Questo aspetto trova conferma sul tema della condizione delle donne, come spiega Elisabetta Palici di Suni nel primo dei saggi contenuti nel libro I diritti delle donne nell’U.E. Cittadine, migranti, schiave a cura di Maria Grazia Rossilli (Ediesse, Roma, 2009).

La Carta dei diritti fondamentali è venuta a costituire, nel processo di costruzione europea, un punto fermo (come si legge nel saggio di Susanna Baer) nel periodo dell’affermazione dei diritti alla libertà di autodeterminazione e al rispetto della vita privata e familiare. L’integrità della persona trova la propria garanzia nella specifica sfera medico-biologica attraverso il controllo di una apposita “autorità” indipendente, anche se – come ha notato la citata studiosa – non viene chiarito, dalla dizione degli appositi articoli, la posizione delle persone che vivono in “relazioni non tradizionali”, come invece proposto dall’ILGA (Organizzazione Internazionale di Gay e Lesbiche). Altra lacuna rilevante è nel campo del diritto all’istruzione, giacché il ruolo previsto per i genitori ai quali spetta di provvedere all’educazione e all’istruzione dei figli non trova un limite, come invece proposto dall’AFEM (Associazione delle donne dell’Europa Meridionale) “nel rispetto dei valori e dei diritti riconosciuti dalla Carta” in quanto questi ultimi costituiscono un limite invalicabile.

Contro la discriminazione è chiaro il capitolo III, che garantisce la parità tra uomini e donne, comprese le materie del lavoro e della retribuzione. Anche il “genere” (cap. XV, par. 1) ha trovato una sua precisa garanzia attraverso una serie di mutamenti normativi fatti propri dalla Carta di Nizza e riportati nel trattato di Lisbona. Il testo della Carta precisa che è bandita “qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”.

A questo risultato si è giunti grazie ad una serie di pronunce specifiche della stessa Corte di Giustizia e di modifiche via via approdate a tutela dell’orientamento. Naturalmente la delicata prospettiva di “genere” richiede una attenta considerazione in sede di attuazione della politica migratoria, come osserva in un altro saggio Simona La Rocca, in quanto gli spostamenti migratori creano di per sé situazioni nelle quali possono insorgere particolari condizioni di violenza.

Altri temi affrontati nel volume sono la tutela nel caso della tratta (ne scrive in proposito Silvia Scarpa) e le pari opportunità tra i due sessi (saggio di Paolo Villa). Altrettanto significativo il ruolo che può svolgere in favore della tutela delle donne il sindacato (Susanna Florio). Il libro chiude con una conversazione, nel corso della quale Elena Paciotti ha modo di chiarire i nodi affrontati nell’elaborazione della Carta, spiegando le ragioni di alcuni mutamenti intervenuti in materia di “genere”.

 

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