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Una repubblica fondata sulle rendite (Mondadori)

DATI VERI E FALSIFICAZIONI NEL DIBATTITO ECONOMICO

Il giudizio di Geminello Alvi
giovedì 15 marzo 2007 di Carlo Vallauri

Argomenti: Economia e Finanza
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Geminello Alvi


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Insinuante libro, pubblicato l’anno scorso, Una repubblica fondata sulle rendite di Geminello Alvi (Mondadori) fornisce una utile demistificazione circa l’uso improprio di dati economici per influire sul dibattito politico.

L’illuminato economista (illuminato perché colto altresì in vari campi, ed economista come mostra in questo ed in altri saggi) chiarisce al comune cittadino il significato proprio di termini comunemente usati nel linguaggio giornalistico ma spesso dando ad essi una interpretazione unilaterale. Ed inizia proprio dal PIL (prodotto interno lordo) che - egli scrive - va inteso non come totale di profitti, rendite, salari bensì come il totale della produzione, e pertanto la sua crescita (o diminuzione) non corrisponde al variare dei redditi, dato che lo Stato ha effettuato per conto suo la sua redistribuzione, e cita il caso di anni in cui anzi i due dati sono stati tra loro realmente contrapposti.

Molto interessanti sono i richiami alla ripartizione di redditi tra lavoratori ed altre categorie: p.e. nel ’71 ai primi andava il 59,2% del reddito, adesso solo il 48,4%. Se non sbagliamo Claudio Napoleoni spiegò, in un intervento al Senato durante il dibattito sulla fiducia al governo Fanfani succeduto a Craxi, come proprio durante la presidenza di quest’ultimo si fosse verificata l’inversione. E parimenti viene meglio in rilievo la distinzione dei corsi del reddito tra lavoratori dipendenti e indipendenti. Potremmo proseguire a riportare altri dati numerici, dai quali l’elemento più significativo è l’effetto esercitato dalla politica economica in Italia negli anni ’70 rispetto agli anni ‘90, con tabelle sorprendenti circa la diminuzione e le alternanze. Altrettanto meritevoli di attenzione i richiami circa i tassi di occupazione, considerati per fascia di età: risulta che lavorano al 90% i maschi tra 35 e 54 anni e mano della metà delle donne.

Altro elemento che emerge con nettezza è, come negli anni bui - che - sono per alcuni gli anni ’90 - è cresciuta la ricchezza patrimoniale degli italiani, a causa del lievitare del valore degli immobili.

E la tabella sulla “ricchezza” delle famiglie mostra la crescita dal ’90 (3 milioni di lire) al 2003-4 (oltre 7 milioni). I consumi segnano la maggiore spesa per la casa: dal riscaldamento ed elettricità a mobili e elettrodomestici. E apprendiamo che la ricchezza della famiglia media italiana è doppia rispetto a quella americana.

Non cresce invece da noi la produttività nel settore industriale: e Alvi si sofferma anche sul ruolo svolto, sino all’introduzione dell’euro, dalla svalutazione della lira come strumento di rafforzamento dell’export. La pressione fiscale è cresciuta nel lavoro dipendente e diminuita nel lavoro indipendente. A suo avviso, le algebre di Maastrich “sono solo servite al miracolo di riuscire, tassando, a far peggiorare una ridistribuzione già perversa”. Provare a leggere i numeri contenuti nel libro per credere alle tesi dell’Alvi, che hanno un indubbio fondamento statistico. Non molto variati - negli ultimi 15 anni - i salari netti, rispetto ai profitti: questi ultimi, scesi tra il 1990 e il 1993, sono poi cresciuti tra ’96 e 2001, per ridiscendere successivamente. Dopo il crollo del comunismo nell’89, in sostanza sono aumentate le tasse sul lavoro e sono calate quelle sottratte ai profitti. E l’A. parla espressamente - e polemicamente - dei “profitti post-sovietici, settore per settore: risultano aumentati i dati per l’agricoltura (dal 2 al 5% dei profitti), peggiorato il settore delle costruzioni e, dal ’97, calati i profitti nel commercio. C’è quindi molto da apprendere in questo libro, perché sfata luoghi comuni e leggende costruite sulle parole. Un’opera quindi pregevole e da ammirare per la precisione dei dati e le sconcertanti riflessioni a cui il lettore è indotto.

 

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