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La democrazia che non c’è (Einaudi, Torino, 2006)

DA MARX E MILL: PERCHE’ LA DEMOCRAZIA FUNZIONA

Il libro di Ginsborg
giovedì 15 marzo 2007 di Carlo Vallauri

Argomenti: Politica
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Paul Ginsborg


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Paul Ginsborg imposta La democrazia che non c’è (Einaudi, Torino, 2006) su un suggestivo incontro (mai avvenuto) tra Karl Marx e Josh Stuart Mill nel quale i maestri del comunismo e del liberalismo si battono dialetticamente sui benefici traibili dai rispettivi sistemi.

Ed in effetti se andiamo a fondo delle due idee emerge come il pensatore tedesco avesse a cuore il miglioramento delle condizioni dell’uomo per liberarlo dallo sfruttamento, senza escludere - come farà in riferimento alla Comune di Parigi - l’attendibilità della democrazia diretta, affermando che la classe operaia poteva andare al potere con mezzi democratici. A sua volta lo scrittore inglese (trascurato da parte consistente degli studiosi italiani, i recenti richiami approfonditi da Nadia Urbinati costituiscono un’eccezione) indicava, i mezzi per uscire dalle strettorie di una democrazia dimidiata, e non a caso poneva al centro della pratica politica, la liberazione della donna.

Dal canto suo Ginsborg fornisce una serie di importanti osservazioni sul processo di crescita della democrazia nei paesi occidentali, sottolineando poi come la concentrazione del capitale a livello mondiale, come ora sta avvenendo, ponga seri dubbi sulla possibilità che l’evoluzione dei soggetti attivi nei sistemi operanti della democrazia liberale riesca a rimediare ai limiti e alle inadeguatezze sempre più rilevabili e suggerisce pertanto - ecco la novità principale del libro - di mettere in atto la “democrazia deliberativa”. Sono alcuni anni che più aggiornati strumenti vengono proposti e qui il lettore piò trovare utili indicazioni, cominciando dal governo o - meglio, vorremmo dire - autogoverno locale. I metodi illustrati vanno dalla “rotazione” per gli incarichi di responsabilità ad altre iniziative concretizzabili, ma, se non sbagliamo, sono stati in Italia nell’ultimo quindicennio proprio i grandi partiti “democratici” a condannare tutte quelle proposte rinnovative che al riguardo erano state fatte dalla “rete” di Orlando e dai gruppi emersi nella crisi di Tangentopoli. Nessuna di quelle proposte è stata accolta né dal centro-destra né dal centro-sinistra, con i loro pur esaltati programmi: e di conseguenza la democrazia italiana resta ai toni bassi della indifferenza per la politica, trattata oggi prevalentemente da chansonnier alla moda e da incolti presentatori televisivi.

Ben vengano allora questi appelli a nuove prassi deliberatorie, che, a cominciare dall’esperienza di Port Alegre, non la manifestazione anti-global ma il tentativo di fornire consistenti progetti di “democrazia economica” che riconducono allo stesso Marx. E, come i filosofi francesi degli anni ’60 e i loro epigoni giovanili nelle università di Parigi, Ginsborg richiama i Manoscritti economici-filosofici del 1844 piuttosto che Il Manifesto o Il Capitale. A suo avviso, sia il padre del “socialismo scientifico” che Mill furono alquanto parchi in materia di “proposte specifiche” sulla democrazia economica, per la quale invece negli ultimi anni ’70 si è battuto Rudolf Meidner.

Si possono citare al riguardo alcune pubblicazioni italiane di quel periodo nel campo sindacale come nel terreno politico dell’Internazionale socialista, come proprio il saggio del riformista svedese, sull’istituzione del “fondo salariale”, pubblicato nella collana Lerici, a cura del PSI. Dallo stesso Mill l’autore trae anche suggerimenti per sollecitare il raggiungimento della “parità” da parte delle donne. Ma non può sfuggire, in relazione a quest’ultimo tema, come persino le significative pagine della scrittrice inglese Martineau nell’Ottocento, e recentemente portate alla luce da Ginevra Conti Odorisio, abbiano avuto scarsa eco, forse perché troppe donne in vista nei media preferiscono altri argomenti. C’è da chiedersi allora quanto dipenda - ancora una volta - da noi cittadini lo scarso funzionamento della democrazia, come accadde negli anni ’20 e ’30, prodomici di mali peggiori. Basti pensare, in tempi recenti, ai “girotondini”, attivi in sostegno dei due maggiori gruppi di pressione esistenti in Italia, Magistratura e Rai, e poi silenziosi quando il Parlamento ha escluso i cittadini dal voto dei candidati alle elezioni, rimettendo la scelta esclusivamente alle gerarchie dei partiti, che costituiscono da tempo il vero tarlo lobbistico della democrazia italiana.

 

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