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Il cattivo infinito. Capire l’ISIS (Aliberti compagnia editoriale, 2017)

L’origine occidentale dell’Isis

L’innocenza perduta della cultura dell’odio
sabato 1 aprile 2017 di Andrea Comincini

Argomenti: Guerre, militari, partigiani
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Marco Alloni


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L’orrore non accade per caso. L’orrore ha una lunga storia, si struttura, cresce, diventa ingiustificabile ma è sempre comprensibile nella sua origine, e questa radice avvelenata si chiama Occidente. È da tale premessa che il discorso di Marco Alloni, giornalista di lungo corso e esperto di Medio Oriente come pochi, sdoppia la propria persona in un io narrante, Omar Collina, a cui affida la dichiarazione di guerra al mondo dei Lumi: il nostro mondo. Se infatti il testo parla di terrorismo e Isis, presto si comprende come la vicenda non si sviluppi partendo esclusivamente da una disamina delle condizioni geopolitiche in Arabia Saudita, Egitto o Iran, ma attraversi la filosofia dell’Occidente – da Cartesio, padre dell’egoismo e emblema di una atteggiamento eurocentrico – fino alla concezione umanistica esplicitata da Heidegger o Camus.

L’umanismo infatti non è il trionfo dell’uomo che riconosce l’uomo, ma, per il narrante, la soppressione del Sacro che innalza l’essere umano (europeo) a giudice e carnefice.

Il libro di Alloni provocherà certamente una reazione: la tesi, controversa, non è un semplice j’accuse lanciato da uno spirito provocatore, ma un percorso nell’animo dell’Islam, sottomesso per troppo tempo alla logica predatoria dell’Occidente, e tradotto “dal nemico” in un nemico.

Dal terrorismo nasce il terrorismo, sostiene il giornalista, e da questa dichiarazione così potente e definitiva possono emergere le possibili critiche. Bisogna ricordare tuttavia non si tratti di un semplice testo di storia ma di un lavoro profondamente letterario, un monologo tra due coscienze, la cui espressione non necessita avvallo o ripulsa, ma attenzione.

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Marco Alloni

Collina si esprime con passione: “La fede è il più alto umanesimo perché è la fine dell’arroganza antropocentrica. Nel Corano non si dice precisamente, inconfutabilmente, cosa Dio fece quando creò l’universo in sei giorni: che cosa fece, semplicemente, non si sa. Né si sa l’essenziale di ciò che intese e fece al di là della nostra capacità di intenderlo”.

Come si può intendere, la questione è profonda: l’Islam, di cui parlano troppo spesso solo soggetti legati al mainstream dell’informazione, spaventa perché rinnova una delle tematiche di massima rilevanza della nostra cultura: il rapporto tra morte e sacro. E se la risposta dell’Occidente è sempre più rimozione, ciò che ci terrorizza sembra proprio la semplicità con cui il terrorista abbraccia la morte, ovvero, rinnegare l’umanesimo su cui si sostiene, secondo Collina, la nostra vita.

Tra occupanti riformatori e conservatori liberatori, la battaglia si svolge sui corpi – martoriati, recisi – ma soprattutto nell’idea che abbiamo di noi stessi. Lo scandalo è esplicitato: “Procurare o procurarsi la morte al servizio di Dio è ricollocare il divino nel recinto del sacro, laddove a Dio è sacrificato tutto – non solo il bene ma anche il male – e laddove parlare per precetti morali è semplicemente absurdum. Laddove, in una parola, più che parlare di immoralità, bisognerebbe parlare di pre-moralità o post-moralità”.

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Medio Oriente

La dimensione è decisamente radicale, e per molti, di sicuro, inaccettabile, ma soltanto l’ascolto potrà dissolvere questo grido di dolore che con il tempo si è tradotto in grido di guerra, non altro. Evitare il problema, sostiene Alloni, significa gettare nuovo sale in una ferita aperta da troppi secoli.

 

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