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Torre medievale

Restituita alla città S. Maria Nova

Una tenuta di 4 ettari sull’Appia antica si aggiunge all’adiacente Villa dei Quintili
martedì 15 luglio 2014 di Nica Fiori

Argomenti: Luoghi, viaggi
Argomenti: Architettura, Archeologia
Argomenti: Italia


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Al quinto miglio di quella che era la regina viarum, sorgono i resti dello spettacolare ninfeo che costituiva l’ingresso della villa dei Quintili, uno degli elementi di maggior spicco del parco dell’Appia antica. Questa fontana monumentale, con i suoi marmi, le nicchie e le colonne, doveva dare a chi passava l’idea immediata della ricchezza e dell’importanza dei proprietari. Al di là di un grande giardino, cinto da due muri parzialmente sopravvissuti, si sviluppava la lussuosa residenza di età imperiale, che poteva gareggiare probabilmente col fasto della più celebre villa Adriana. Accanto ad essa si trova la tenuta di Santa Maria Nova, la cui restituzione alla città a partire dall’11 luglio 2014, festeggiata con un concerto e visite guidate gratuite, è la straordinaria novità di quest’anno in ambito archeologico.

Il nome potrebbe far pensare ad una chiesa, ma non è così. La chiesa cui si fa riferimento è quella del Palatino, ora Santa Francesca Romana, i cui monaci Olivetani acquistarono la tenuta in epoca medievale per ampliare il loro patrimonio. In realtà gli Olivetani non la utilizzarono direttamente, preferendo darla in enfiteusi, però è visibile il loro stemma - tre monti sormontati da una croce con accanto rami di ulivo - in alcuni blocchi di marmo inseriti nella rustica scala esterna del casale principale.

Il casale appare oggi come il risultato di diverse fasi costruttive. Il nucleo originario è formato da un monumento di epoca romana, una conserva d’acqua o un castellum aquae a due piani, databile alla prima metà del II secolo d.C. In età tardo-romana, probabilmente nel corso delle guerre greco-gotiche (VI secolo d.C.), venne aggiunta al complesso una torre in opera laterizia, con funzione difensiva e di avvistamento. È plausibile la sua continuità d’uso nei secoli seguenti, quando molti edifici romani furono utilizzati e riadattati per le esigenze connesse allo sfruttamento agricolo e pastorizio del territorio.

Tra il XIII e il XIV secolo, con la sopraelevazione della torre, evidenziata da una fascia a scaglie di marmo bianche, e con la costruzione del redimen, ossia la cinta muraria, si registra un’ulteriore modificazione e assume l’aspetto tipico del casale della Campagna Romana. Questo luogo, fin dalla fine del XIII secolo, è conosciuto come Statuarium, toponimo che, usato anche per l’area della Villa dei Quintili, deriva dalla ricchezza di statue antiche presenti in tutta la zona, come testimoniano i numerosi ritrovamenti avvenuti nel corso degli scavi eseguiti fra il XVIII e XX secolo.

Il sito archeologico di Santa Maria Nova è stato acquistato per 1.394.000 euro dalla Soprintendenza Archeologica nel 2006, su offerta dell’allora proprietario Evan Ewan Kimble. Gli scavi, eseguiti dopo l’acquisizione pubblica del sito, hanno riportato alla luce un complesso residenziale della prima metà del II secolo; nascosto dalle sistemazioni a giardino degli anni ’60 del Novecento, era già stato rappresentato graficamente dall’architetto Luigi Canina, seppur a grandi linee, nella metà dell’Ottocento.

In particolare si è riscoperto un piccolo impianto termale alimentato dall’acqua di alcune cisterne collocate a breve distanza (forse anche di quella, imponente, su cui si è impiantato il casale principale). Prima degli scavi recenti era a vista solo la parte più alta di alcune strutture, tra cui quella della parete curva della sala absidata. Lo scavo ne ha chiarito la funzione come frigidarium, con vasche per l’abluzione in acqua fredda, una semicircolare, l’altra rettangolare. La muratura in mattoni era rivestita di lastre di marmo cipollino e breccia corallina. A sinistra di questa sala sono visibili i due ambienti della parte più calda delle terme, con il sistema di riscaldamento che metteva in circolo, attraverso i tubuli di terracotta sulle pareti e l’intercapedine (ipocausto) sotto i pavimenti, l’aria calda prodotta dai forni collocati negli ambienti di servizio circostanti. Queste sale sono decorate da mosaici in bianco e nero con scene di circo e di spettacoli gladiatori (si leggono pure i nomi dei combattenti).

La datazione omogenea dell’intero complesso archeologico risale alla stessa epoca della villa dei Quintili, come risulta dai bolli laterizi impressi sui mattoni da costruzione che menzionano i consoli del 123 d. C. (Petino e Aproniano). I mosaici delle terme furono realizzati in un momento successivo, quando presumibilmente l’impianto termale venne destinato alla guarnigione preposta alla difesa della villa che, confiscata ai fratelli Quintili da Commodo (180-192), era già divenuta proprietà imperiale.

Presso il casale è stato scoperto un tratto di strada romana basolata che, attraversando il cortile d’ingresso, prosegue sotto l’edificio e oltre. Nel cortile settentrionale del casale, a ridosso del muro di contenimento della strada romana, è stata scoperta un’area funeraria della metà del II secolo d. C. con tre tombe a fossa coperte da tegole disposte “alla cappuccina”, di cui una, pertinente a una giovane donna, era impreziosita da un raro corredo in oro costituito da orecchini con pendente a goccia.

Al complesso di S. Maria Nova si può accedere direttamente da via Appia antica, al n. 251, oppure da via Appia nuova 1092, all’ingresso della Villa dei Quintili (biglietto unico). La visita è decisamente suggestiva. Le rovine maestose appaiono ancora inserite in quel suggestivo paesaggio agrestre che ci è stato tramandato da tanti pittori sette-ottocenteschi. Certo manca la quiete sonnecchiante di un tempo, il ronzio dei calabroni, il campanaccio delle pecore, ma l’invadenza selvaggia dell’erba e dei fiori di campo accomuna la veduta odierna alle antiche immagini.