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La lezione di musica

Mostra su Watteau, il pittore delle Feste Galanti, a Bruxelles.

La lezione di musica
lunedì 1 aprile 2013 di Elvira Brunetti

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Al Bozar di Bruxelles è in corso (8 febbraio – 12 maggio 2013) un eccezionale allestimento espositivo, in competizione e da fare invidia a quelli organizzati dal vicino museo reale di arte antica e moderna. Il curatore William Christie, direttore d’orchestra specializzato in musica barocca, attraverso una serie d’impalcature di legno, che delimitano piccoli spazi musicali con panchine e cuffie, ha realizzato un progetto di simbiosi edonistica tra pittura e musica. Il visitatore è così sollecitato ad entrare in sintonia perfetta con l’epoca di Watteau. Una raccolta di dipinti, disegni e stampe, valorizzata da vetrine esponenti violini, flauti e partiture musicali del XVIII secolo, degne di una città che si fregia di possedere nel contiguo Palazzo di Old England, vanto dell’Art Nouveau, lo straordinario museo degli Strumenti Musicali.

Jean-Antoine Watteau (Fig.01) nasce nel 1684 a Valenciennes, piccola città delle Fiandre, divenuta bottino di guerra nelle mani del Re Sole soltanto sei anni prima (1678) e muore di tubercolosi a 37 anni nel 1721. Date le sue origini fiamminghe la sua fonte d’ispirazione è Rubens e per il suo tramite Tiziano e i Veneziani. Sarà proprio il ciclo dei quadri illustranti la vita di Maria dei Medici al suo arrivo a Parigi ad illuminarlo sulla preziosità del colore.

L’artista coglie quel sottile cambiamento allora in auge nel panorama artistico della fine del XVII secolo, quella stanchezza delle performances del Sovrano Assoluto e diventa il trait d’union attraverso il Rocaille con il Rococò successivo. Il mutamento introdotto dal pittore delle Feste Galanti (Fig.02) rispecchia l’anelito del nuovo in vari campi dell’arte: la danza, la musica, il teatro. Sono gli artisti della Commedia dell’Arte italiani, presenti nella capitale francese, che recano con sé un’ondata di libertà e di realismo sentimentale. Watteau s’innamora del loro teatro e lo esalta nonostante la compagnia non fosse vista di buon occhio e definitivamente cacciata dal Re nel 1698 per insolenza contro il potere. Essi offendevano le rappresentazioni tragiche, lunghe e pesanti del grande Lully, peraltro di origine fiorentina. I commedianti italiani ritorneranno con Philippe d’Orléans.

Nell’atelier di Claude Gillot, che gli trasmette i primi rudimenti di Pulcinella ed Arlecchino, si fa grande interprete del nuovo gusto e lavora alacremente con i soggetti tragicomici. Nelle sue opere c’è sempre una malinconia profonda, legata alla maschera, all’apparenza che nasconde la realtà. Il suo Pierrot è un individuo maldestro, con i piedi allargati e gli abiti penzoloni. Può comparire di spalle (Fig.03) con la chitarra a bandolera, inopportuno per il suo ritardo all’appuntamento; la sua compagna ha già disteso le gambe; non c’è più posto per lui. Oppure può apparirci con nostra piena meraviglia enorme a grandezza umana nel Gilles del Louvre (Fig.04), goffo e misterioso, ma sempre triste. Nostalgia di una felicità sconosciuta? Ancora un altro segno inconfutabile si può leggere nella figura del buffone italiano: di dietro o davanti una luce particolare ne illumina soprattutto le vesti che sembrano risplendere al chiaro di luna o ai raggi solari. Watteau è il genio della lucentezza degli abiti. In tutti i suoi quadri il luccichio del satin colpisce perfino lo sguardo più indifferente. Pensiamo per un attimo a quei riflessi rosa-argentei delle vesti eleganti e sontuose del celeberrimo dipinto di Berlino largo tre metri “L’insegna di Gersaint”(Fig.05). Divertente e paradigmatico è l“Arlecchino imperatore nella luna” su un calesse tirato da un asino (Fig.06).

Cosa sono Les Fétes galantes di Watteau? Un termine legato indissolubilmente al timido pittore di Valenciennes, morto giovane e scapolo senza discendenza, che amò l’Italia senza esserci mai andato e mise piede a Londra per una visita medica nella segreta speranza di una cura per il suo male.

Le feste sono gli incontri galanti tra due o più persone che cercano di esprimere vari sentimenti e stati d’animo. Il luogo è sempre un parco in mezzo al verde, dove la natura solitaria è complice e le statue con il loro silenzio parlano d’amore, come l’erma di Venere inghirlandata di rose nel famoso “Imbarco per l’isola di Citera”(Fig.07), chiamato altrove “Pellegrinaggio a Citera”. Quadro emblematico, ritratto perfetto del desiderio d’amore. Le coppie felici si apprestano a partire per la rinomata insula. Di piccole dimensioni eppure ricco di suggestioni emotive. L’atmosfera è evanescente, lontano aspetta la gondola dorata circondata da putti e amorini.

Galanti sono gli incontri per le dichiarazioni d’amore, le serenate (Fig.08). Nelle alcove tra gli alberi sembra di sentire dei mormorii, sussurri e perfino sospiri di amanti non dichiarati ancora. Nel piccolo gioiello del Louvre “Les deux cousines”(Fig.09) cm. 30x35, unico protetto da un vetro, la figura di spalle appare maestosa nel suo abito ma triste nell’anima, perché la prescelta è l’altra. Anche qui come se Watteau volesse evidenziare soprattutto i perdenti, la luce illumina l’abbandono di questa donna che rivolge il suo sguardo verso la statua lontana, muta testimone del suo dolore. La nuca della cugina rifiutata è un capolavoro d’arte assoluto.

Dal museo di Los Angeles proviene “L’accordo perfetto”(Fig.10), in cui una coppia si allontana, indifferente ai tre musicisti in basso; mentre il raggio di luce non è indifferente ad illuminare la nuca perfetta della donna. Qui come altrove la musica gioca un ruolo importante nelle galanterie. Essa favorisce gli incontri amorosi. In genere ci sono due suonatori e una gentile figura femminile che porge lo spartito musicale, probabilmente allietando la compagnia col suo canto.

Watteau era un grande disegnatore, esecutore principalmente di sanguigne, conservate gelosamente in tutti i musei del mondo. Le stampe giocano un ruolo fondamentale in tale mostra. Sono diverse e provengono in genere dalla Biblioteca Nazionale di Francia, che non è l’unica depositaria di tale ricchezza come ci dimostra la presenza delle acqueforti da ogni dove. Sono fornite di un doppio titolo e spesso quello latino è più convincente. “Les plaisirs du bal” e “Chori deliciae”, quest’ultimo, le delizie del cuore, sembra essere più appropriato.

Si deve a Jean de Jullienne, amico e mecenate di Watteau, la conoscenza di molte sue opere scomparse, perché alla sua morte il suo mecenate fece incidere più di 600 tavole tratte dai suoi quadri e disegni. Negli anni trenta del Settecento ci fu una diffusione enorme di tali fogli. Francois Boucher, suo grande ammiratore insieme ad altri eseguirono stampe e dipinti tratti da quelle incisioni. Nicolas Lancret, suo principale seguace, è presente in mostra con il quadro “Le concert dans l’hotel parisien de Pierre Crozat”(Fig.11). Nel foyer musical di tale illustre finanziere si riuniva l’élite artistica dell’epoca. Tra i frequentatori dell’epoca si annoverano il veneziano Sebastiano Ricci e la pastellista Rosalba Carriera autrice, tra l’altro, di un ritratto di Watteau.

Il Palazzo delle Belle Arti (Bozar) è una sintesi e un incrocio di tutte le arti. Accanto ai dipinti in mostra ci sono fotografie di Dirk Braeckman, che cerca di rappresentare il non espresso dai personaggi dei quadri. L’esecuzione di brani musicali è un continuum. Un luogo poliedrico, dove per esempio negli Huit Clos creati alla Watteau ci si puo’ abbandonare all’ascolto di musica di Scarlatti o al duetto di Arlecchino e Colombina di Campra dalle Feste Veneziane. Non solo può capitare d’imbattersi nella performance di un chitarrista contemporaneo che dopo trecento anni insieme al pittore in mostra, che musicista non era, ti dica: “Music lifts you up”.

 

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