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Rubrica: COSTUME E SOCIETA’


Prime cinema - A casa nostra

giovedì 23 novembre 2006
Argomenti: Prime Cinema

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PERSONAGGI PIU’ AUTENTICI DEL CONTESTO NEL FILM DI FRANCESCA COMENCINI

Il nuovo film di Francesco Comencini tenta già nel titolo di coinvolgere lo spettatore: A casa nostra sembra infatti sollecitare un elemento di comune interesse (o complicità?) nel riconoscere un sentimento di convivenza che lega pubblico e regista. Poi nello sviluppo della sceneggiatura appare evidente come difficilmente lo spettatore possa sentirsi appagato dai modi attraverso i quali il malcostume dell’ambiente milanese è presentato nella narrazione degli eventi. La metropoli viene assunta a misura emblematica dei mali che affliggono l’Italia, e le figure via via evidenziate (le più belle, piene di autenticità, sono quelle riguardanti il pensionato, ottimamente interpretato da Teco Celio) appartengono al “nostro” mondo, ma il limite della pur accurata opera è nel voler compiere un salto dalla critica di costume verso risvolti drammatici. Così la pur inquietante trama finisce per uniformarsi alle convenzioni correnti. Si guardi agli stereotipi del banchiere d’affari e del suo protettore politico e ai loro scambi di favori in una commistione dove il male è tutto concentrato in una parte rappresentata dalla sceneggiatura con parole e atti sin troppo prevedibili mentre dall’altra operano i “nostri” cioè i solerti indagatori. Ben reso invece da Giuseppe Battistoni l’assassino redento. Al sesso facile soggiacciono poi i personaggi giovani affidati alla emergente Laura Chiatti e a Luca Argentero ma anch’essi restano impigliati in una rete puramente generazionale. E per dimostrare da quale parte “morale” del paese si colloca, la regista – ricca di una sua personale sensibilità come ha dimostrato in Mobbing – affida ad una mitica dirigente della guardia di finanza di ricordare che tutti abbiamo una unica “casa nostra” e quindi il dovere di sostenerla contro i malfattori che circolano a piede libero, circondati – e questo punto va sottolineato a vantaggio del film – da un falso rispetto, come spesso accade nella realtà.

Al contrario della raffigurazione sin troppo scontata di Luca Zingaretti, un risultato pienamente positivo è nella recitazione di Valeria Golino che Francesca Comencini ha saputo ottimamente impiegare, duplice conferma, da un lato delle qualità dell’attrice – una volta tanto valorizzata in Italia –, dell’altra l’affiorare, nella regista, di una indubbia delicatezza nel leggere pieghe riposte dell’animo umano come proprio nella descrizione dell’amarezza familiare del pensionato.

Carlo Vallauri



 



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