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Rubrica: COSTUME E SOCIETA’


Teatro a Roma, novembre 2008

martedì 25 novembre 2008
Argomenti: Teatro

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Uno sguardo a Pessoa

Al teatro Colosseo

Con FaustdiPessoa si misura, da par suo, Luciana Grifi al Colosseo – Nuovo Teatro (sempre in via Capo d’Africa, ma un poco più avanti del tradizionale Colosseo, caro ai vecchi romani d’inizio Novecento e al ricordo di Anna Magnani).

Il testo presenta difficoltà di avvicinamento per gli spettatori ai grandi temi proposti, ma una frase del testo può aiutare i meno scaltriti (“capire è una limitazione”), e infatti noi – assistiti da tale premessa – siamo riusciti a penetrare nei risvolti del “caleidoscopio” (così lo definisce lo stesso autore) sicché il nostro orientamento è risultato più chiaro.

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Luciana Grifi sulla scena

Torna il senso del piacere, dell’amore senza sotterfugi, torna il tempo di “risa e baci” quando si accendono “brame”: ecco perché abbiamo gustato questo fine spettacolo, così intimo e avvincente, aggraziato, in virtù della libera versione dell’autrice, avvalorata dalla interpretazione di Agerinaldo Carranza, apportatore di una forte vitalità, assecondato da Sara Armentano, Melania Fiore e Roberto Turchetto, diretti dal regista Sergio Basile.

dal 4 al 16 Novembre


Un amore finito nelle acque dei fiordi

Al Piccolo Eliseo

La parola “malinconia” è all’origine della produzione letteraria dello scrittore Jon Fosse che ritorna al Piccolo Eliseo con Un giorno d’estate, per la regia di Valerio Binasco.

Drammaturgo fine, affermatosi a livello internazionale con testi imperniati su tensioni familiari e su variazioni intimiste, l’autore norvegese rivolge, in questo più recente lavoro, la sua attenzione sulle difficoltà che nella vita di coppia possono sorgere non per il venir meno dell’amore e dell’affetto quanto per l’inserirsi nelle coscienze individuali di un senso di spaesamento, di distacco, con l’effetto di sostituire alle parole tenere un silenzio che mal copre una tristezza infinita.

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Valerio Binasco

E questo proprio è lo stato d’animo di un marito che, dopo aver abbandonato la città insieme alla moglie, ritirandosi in un piccolo fiordo, avverte l’esaurimento dei sogni, invano ancora perseguiti dalla compagna di vita. E il regista, nel porgere una atmosfera degna di Bergmann, ha accentuato l’accidia serpeggiante negli atti e nelle parole, rimettendo al “non detto” i rispettivi stati d’animo, con vuoti e soste nelle espressioni verbali, rivelazione di ciò che si sente ma non si vuole o non si può dichiarare. Raggiunti i momenti alti della sensibilità nel protrarsi dell’incertezza della moglie sulla sorte del marito allontanatosi con una barchetta a remi nel mare in tempesta mentre gli occasionali visitatori tentano – con risultati ben scarsi – di rincuorare la sventurata donna, l’infelicità derivata dalla irrecuperabile disgrazia si afferma sovrana, e nulla più possono le inutili frasi di conforto.

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Giorno d’estate

Alla paranoia del marito si è aggiunta l’indifferenza di maniera della moglie sì da suscitare il dubbio che in passato vi sia stato quell’amore, quell’idillio a cui pure si accenna sin dalla prima battuta. Chiusa nella infelicità di fondo, la sventura sopraggiunta sembra quindi naturale. L’abbandono al destino tuttavia rischia di perdere la profondità del dramma scaturita proprio nel passaggio da un preesistente sentimento reciproco alla separatezza spirituale, questa peraltro ben evidente nella regia tesa di Rinasco, che ha “sentito” e fatto sentire le fibre della malinconica solitudine di questa storia di un amore sfumato.

Gli interpreti tutti bravi: purtroppo anche l’Eliseo sembra seguire la abitudine di non indicare accanto ai nomi degli attori l’indicazione del personaggio rappresentato. In 6 pagine di programma, ricco di informazioni precise, manca proprio quel particolare che consentirebbe al pubblico, come al critico, di attribuire ad ogni interprete quel che merita, sollecitando così gli spettatori a conoscere meglio i singoli attori, come accadeva in passato. Non resta dunque che elogiarli in blocco, insieme al regista e a Nicolas Bovey per le scene: Sara Bertelà, Elena Callegari, Fabrizio Contri, Federica Fracassi, Emiliano Masala. Il pubblico ha seguito con attenta vibrazione il susseguirsi delle vicende narrate, segno chiaro dell’apprezzamento per lo spettacolo.

24 Novembre 2008


Il re e le figlie ingrate in un mondo arcaico

"Re Lear" all’Eliseo

Eros Pagni ad ogni apparizione sulle scene fa rivivere con intensità i drammi e le tragedie che i grandi autori hanno fissato in opere egregie, come in questo caso Shakespeare nel Re Lear.

E nel descrivere la pesante storia del re dilaniato tra il potere che intende esercitare anche sulle proprie figlie e i differenti atteggiamenti di queste, il sommo poeta e drammaturgo porta all’eccesso la frenetica mania del vecchio sovrano di imporre aspramente la propria volontà agli altri. Così la rilettura del testo classico rimuove le turbinose pulsioni che contrappongono Lear ai suoi familiari, il primo padrone aspro ed assoluto, mutevoli nei sentimenti gli altri.

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Eros Pagn

E saranno le due figlie che egli ha voluto favorire e avvantaggiare nella distribuzione dei territori del suo regno a deluderlo in quanto entrambe pensano solo a sé stesse e agli interessi dei nobili signori con i quali si sono unite. Il progressivo svilupparsi della tragedia mostra quanto dissennata sia la pretesa di poter “governare” anche sentimenti e stati d’animo, una constatazione d’universale pregnanza, rivissuta sulla scena dell’Eliseo con vigorosa partecipazione e passione del grande attore che sa ben rendere la delusione derivata dalla ingratitudine.

La realizzazione scenica, diretta con inappuntabile regia da Marco Sciaccalunga, si avvale di una ampia scenografia che ben evoca quel senso “barbarico” sottolineato nello svolgersi concitato degli eventi. Gli altri interpreti hanno validamente assecondato il disegno creativo dello spettacolo con immedesimazioni capaci di esprimere i diversi momento di un mondo arcaico, eppure modernamente proiettato nella inimitabile realtà degli umori umani. Valeria Manari va elogiata per l’originalità e la completezza delle scene e il bagliore dei costumi.

11 / 30 novembre 2008


LEO GULLOTTA OVVERO IL GUSTO DELL’ONESTA’ CONTRO I TRAFFICANTI

Brillante inizio di stagione all’Eliseo

Il piacere dell’onestà ha rappresentato nella drammaturgia pirandelliana un evidente demistificazione delle certezze borghesi quanto a matrimonio, solidità e valori della famiglia, analizzati all’interno di una società composta da ceti medi in una regione di relativo benessere, fondato appunto sulla sacertà e continuità di quei valori e legami.

La ripresa di questo testo da parte un grande attore come Leo Gullotta – non sempre utilizzato al meglio delle sue qualità – appare tanto più interessante quanto proprio tali ceti subiscano un ulteriore erosione nelle loro certezze e convinzioni come al giorno d’oggi. L’attore siciliano ha saputo cogliere nella figura di Baldovino – un uomo apparentemente mediocre e di disponibile adattabilità all’interesse immediato – il simbolo di una persona invece capace di individuare esattamente il gioco perverso nel quale lo si vuole incastrare, e reagisce con l’umile semplicità di chi non avendo nulla da perdere, né intendendo nulla neppure guadagnare, si ribella a chi vorrebbe utilizzarlo per coprire loschi e meschini privati interessi.

Il piacere di comportarsi onestamente, smascherando le trame altrui. Ed in questo riemergere della coscienza individuale in nome di principi etici è il segno di una condanna per quanti invece intendevano o intendono salvare i propri egoismi: la ribellione di un singolo, modesto individuo contro i raggiri di chi ha denaro o presunte, nominali probità.

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Leo Gullotta

E Pirandello va anche oltre, perché questi comportamenti di rifiuto all’ “inciucio” (come si direbbe oggi, su un altro tema), fa a sua volta risvegliare la sensibilità di una donna, per il cui presunto “onore” di femmina l’intrigo era stato ordito. Così contro il convenzionalismo borghese del suo parentado, la moglie sposata per coprire una maternità non legittima, reagisce, ammirata com’è dal comportamento di quello che avrebbe dovuto essere un marito apparente, al punto da volere infine deliberatamente seguire e restare unita al fiero, orgoglioso ed “onesto” Baldovino.

All’Eliseo la compagnia – egregiamente diretta da un regista attento e lineare come Fabio Grossi – ha saputo offrire il meglio di sé con una interpretazione eccellente di Gullotta, la partecipazione intensa degli altri attori, tutti parimenti da elogiare, Martino Duane, Paolo Lorimer, Mirella Mazzamenghi, Marta Richiedi, Antonio Fermi, Federico Mancini, Vincenzo Versani.

La scena – bella, limpida e lucente di Luigi Perego – con una singolare presentazione di un interno salottiero e di un esterno fatto di grandi alberi (forse la metafora della “giungla” della famiglia messa in mostra da Pirandelo?) colpisce lo spettatore facendolo partecipe dell’osceno interno familiare. Indovinati come intonazione del tempo, ma forse eccessivamente vistosi, gli abiti dei protagonisti. Ben riuscita la breve pantomima di Monica Caderna per esemplificare la cerimonia del battesimo.

14 ottobre / 9 novembre 2008


Carlo Vallari



 



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