LA DISSACRANTE VERSIONE TEATRALE DI DÜRRENMATT
Friedrich Dürrenmatt si è divertito, da bravo svizzero, ad irridere ciò che di apparentemente maestoso e teatrale accade in altri paesi. Così Romolo il Grande è una commedia che fa vedere la fine dell’impero romano attraverso la descrizione delle giornate avvilenti dell’ultimo imperatore, quanto attorno a lui tutti si dileguano perché i Germani sono alle porte. E vedremo, nell’ultima scena, un sorprendente Odoacre, presentato non come un “barbaro” (nel senso negativo del termine) ma anzi come un educatore estimatore della civiltà che sta crollando.
In questi contrapposti sta la trovata di un lavoro che, a distanza di tempo dalla sua apparizione, appare quasi deprivato della sua caustica ironia. Forse il sopraggiungere continuo di altri crolli, di altre devastazioni e mutazioni epocali, ha ridotto l’attenzione verso la disgregazione di quel mondo che era stato tanto ricco di gesta, imprese colossali, grandi vittorie e glorie. Allora i residui di quel passato appaiono ancora più sbiaditi di quanto l’autore non avesse ritenuto di fare liberando la grande storia dal peso della immortalità, descrivendola con tono distaccato.
Roberto Guicciardini ha saputo presentare Romolo Augustolo nelle sue vesti umane di “esimio pollicultore” più che in quello di angosciato grande alle prese con la sua inevitabile “discesa”: ed in ciò ha rivelato la capacità di intendere le motivazioni che hanno spinto a scrivere questo lavoro, senza insistere su motivi “storici”, preferendo illustrare una “stanchezza” fatale, una fine ormai tanto irreversibile da essere accettata da chi deve subirla. Interprete principale è un eccellente Mariano Rigillo, sostenuto da Anna Teresa Rossini, quale coniuge dell’imperatore, Liliana Massaro l’intraprendente figlia, Antonio Fornari il furbastro imperatore d’Oriente e Martino Duante il sorprendente Odoacre. Indovinate scene e costumi di Lorenzo Ghiglia. Musiche di Lino Patruno.
di Carlo Vallauri